Se dicessi ai miei tre o forse quattro lettori che sono il migliore mi prenderebbero per matto, sghignazzerebbero, mi compatirebbero. Ma poi, d’un sol balzo e con quel sorriso a mezza ripa che compatisce invece di compiacere, passerebbero oltre, sicuri che si tratti di una battuta, niente più di una boutade, piuttosto che di una affermazione ragionevole. Il che chiuderebbe la questione, senza spargimento di lacrime e senza che nessuno abbia il tempo per dolersi o per cercare di mettere pezze su un vestito di per sé già sbracato-sciupato-sdrucito-liso-compromesso-vecchio e, in definitiva, assai mal in arnese. Ma se la medesima affermazione la facesse, mettiamo, un politicante in bella vista, magari abituato a mostrar per intero i suoi cospicui possedimenti, uno che possiede televisioni-radio-giornali e quant’altro sia stato e sia possibile acquisire, che gira distribuendo generosi buffetti alle dame e cazzotti ai cavalieri che s’azzardano a non stare lì rigorosamente allineati e contenti, sorridendo al capo e plaudendo a ogni suo passo…, ecco, se fosse costui ad affermare quel che semmai toccherebbe ad altri certificare, chi s’azzarderebbe a dirgli di abbassare la cresta, di non fare il pavone, di non sfidare il buon senso, che gli conviene restare rana lasciando da parte ogni velleità di gonfiarsi per apparire bove (ogni riferimento alla favola di Esopo è puramente casuale), che insomma anche lui è un comune mortale?
Appunto, chi gli dirà che è tempo di smetterla di salire sul predellino per impartire non richieste e quindi improbabili lezioni di bon-ton politico a una platea che se va bene è in tutt’altre faccende affaccendate, mentre se va male è già bell’e pronta a mandarti a quel e paese con il più platonico vaffa…? Non vedo generosi consiglieri disposti a rischiare suggerimenti urticanti, neppure ingenui pretendenti al trono che senza troppo badare alla forma vadano a consigliarli di farsi da parte e neanche saggi e filosofi che gli spieghino come un conto sia volere e un altro potere. Vedo invece una vispa donzelletta provenir dal borgo disposta a tutto per estirpare il vecchio albero e impiantarne uno nuovo… Datele un nome, circondatela di carezze, rivestitela con gli abiti dovuti alla diva, mettetele intorno braccia e mani che la proteggano… Fatto? E’ proprio lei, Giorgia, astro nascente della politica nostrana, ieri fascistella ma oggi imparentata con la meglio gioventù liberal-democratica-chic e anche non chic, futura premier (ovviamente se il Presidente vorrà) di un’Italia che aspetta e spera di non finire a gambe all’aria. “Lasciamola lavorare – dicono in giro -, la giudicheremo e la giudicheranno i posteri…”.
Quando al dicitor cortese di barzellette, all’allegro dispensatore di facezie (“io sono il migliore”, comunque la si legga resta una facezia) e al cavaliere riconosciuto dell’etere, prendiamo quel che di buono ha fatto-distribuito-lustrato e incorniciato (tanto o poco non importa) e mettiamo tutto il resto all’archivio. Se però insistesse a voler restare ora “ago della bilancia”, ora “consigliere e garante”, ora “indispensabile giudice della contesa”, ora addirittura “giudice dei giudici” o anche solo “dispensatore di mestieri e ministeri”, allora sbattiamogli in faccia quel che ieri e l’altro ieri ha sussurrato credendo di sfuggire all’orecchio invisibile ma mostruoso della comunicazione.
Per esempio, quel che hanno detto i nuovi audio pubblicati, così sottili e idioti da inguaiare lui, il Cavaliere e, con lui, tutta la coalizione di centrodestra che si appresta a far nascere il nuovo governo. Se ancora non lo sapete, quegli audio dicono verità, con preghiera di “massimo riserbo” rivolta ai suoi parlamentari, che solo lui possiede, capaci di dare la sua versione del conflitto tra russi e ucraini, che lasciano immaginare un giudizio tutt’altro che lusinghiero sul presidente ucraino Volodymir Zelensky. Dice il Cavaliere (riassumo liberamente, mantenendo però il intatto il suo difficile costrutto): “Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky, perché non c’è nessun modo possibile… Zelensky, secondo me… lasciamo perdere, non posso dirlo…”), che pretendono a suo modo di fare la storia (“nel 2014 si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neo-costituite repubbliche del Donbass per un accordo di pace senza che nessuno attaccasse l’altro… l’Ucraina butta al diavolo questo trattato… arriva Zelensky, triplica gli attacchi alle due repubbliche… e Putin, seppur contrario, inventa un’operazione speciale per arrivare a Kiev in una settimana e deporre Zelensky e i suoi ministri, sostituendoli con un governo già scelto dalla minoranza ucraina di persone per bene e di buon senso… un’operazione frenata dall’imprevista e imprevedibile ondata di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall’Occidente… tutto con l’assenza di leader, in Europa e negli Stati Uniti d’America, che l’unico vero leader sono io…”. Aggiungete a quel che il Cavaliere ha detto a proposito di “lettere dolcissime” ricevute da Putin e di regali (il folle zar gli avrebbe addirittura mandato “sedici bottiglie di vodka”, pensate un po’…”) scambiati reciprocamente e benevolmente… e avrete il quadro esatto di una situazione che se non fosse grottesca getterebbe nel panico anche il (suo) più fedele elettore.
Stendo (stendiamo) un velo pietoso. Oggi iniziano le consultazioni del Capo dello Stato per sapere chi e come i partiti vogliono alla guida del governo. Stasera o stanotte sapremo se e come la Giorgia Meloni (chi, altrimenti?) sarà incoronata regina… Nell’attesa mi godo questo ottobre caldo, pacioso, benigno e, lasciatemelo dire, anche stucchevole, ma non per il suo procedere bensì per il suo perdurare senza pioggia e vento, tipici segni dell’autunno, di cui invece abbiamo urgente bisogno.
LUCIANO COSTA