Sebbene i cristiani, almeno secondo certi commentatori che pretendono di sapere tutto e il contrario di tutto, siano minoranza, più o meno “un’entità in via di dissolvimento” – lo dicono le chiese (quasi) vuote, lo sussurrano i confessionali (quasi) deserti, lo annuncia il calo di preti, suore e laici disposti a mettersi al servizio della gente col solo ausilio del Vangelo -, resta evidente che senza di loro, la gran parte dell’umanità povera e disperata sarebbe ancora più povera e disperata. Non stupisce, dunque, che in un tempo di laicismo ostinato, tornino di moda, prima le nobili opere di misericordia e, subito dopo, la preghiera che accorcia le distanze tra la terra e il cielo e lo sperare insieme, che sempre favorisce la benevolenza del buon Dio. Un tempo buono per pregare e sperare è quello si lega al ricordo dei defunti, che per il calendario è il 2 novembre. Per i cristiani, questo giorno del ricordo è anche quello in cui, per antica tradizione, è possibile lucrare l’indulgenza plenaria. Quest’anno, anno della pandemia da Covid-19, per concessione del Papa, l’indulgenza plenaria è possibile ottenerla non solo nei giorni del ricordo, ma per tutto il mese di novembre.
Ordinariamente, l’indulgenza plenaria per i defunti è concessa al fedele che, nei giorni dell’ottava dal 1° all’8 novembre, si rechi al cimitero e preghi per i defunti, oppure a colui che, nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti, visiti una chiesa o vi reciti un Padre nostro e un Credo. In via straordinaria quest’anno la Penitenzieria Apostolica, per disposizione del Papa, ha esteso l’indulgenza all’intero mese di novembre. Per chi non lo sapesse, l’indulgenza è la remissione della pena temporale contemplata per i peccati commessi. Ogni fedele può conseguire per se stesso le indulgenze o applicarle ai defunti a modo di suffragio. Per ottenere l’indulgenza plenaria il fedele, “con l’animo distaccato da qualsiasi peccato”, deve adempiere alle tre condizioni previste: confessione sacramentale, comunione eucaristica, preghiera secondo le intenzioni del Pontefice. Con uno speciale decreto, il Papa ha concesso il dono dell’indulgenza ai fedeli affetti dal morbo nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che, a qualsiasi titolo — anche con la preghiera — si prendono cura di essi. “L’indulgenza – ha scritto a commento del decreto il responsabile della Penitenzieria – è la testimonianza concreta di quanto veramente l’amore di Dio è più grande di ogni peccato e che dove arriva la divina misericordia tutto rinasce, tutti si rinnova, tutto è risanato”.