Monsignor Vincent Gerard Nichols, Cardinale arcivescovo di Westminster Primate di Inghilterra e Galles, ha scritto che l’incoronazione di Carlo re d’Inghilterra (avviene oggi e mobilita mezzo mondo alla ricerca di sensazionalismi il cui profondo significato è noto soltanto agli inglesi devoti alla monarchia e ai mille e mille commentatori di cose che più frivole è difficile immaginare) ha in sé segni profondamente cristiani, possiede sentimento e azione, racchiude storia e innovazione, mostra azione e parola, suggerisce musica, invita alla preghiera silenziosa. Sarà, ma personalmente non ho visto e neppure vedo adesso tutto quel che il prelato ha messo in fila come guida alla cerimonia. Vedo invece tante chiacchiere, troppi lustrini e merletti, infinite parole senza senso, eccessiva pubblicità, enorme spreco di mondanità, eccessiva e superficiale eleganza.
Tutto il resto è noia. Però, concedo volentieri agli inglesi d’essere inglesi: educati quando sono educati, eleganti a modo loro, silenti alla bisogna, arroganti nello sport, melliflui altrove e sempre, ma proprio sempre, più antipatici che simpatici. In ogni caso, liberi loro di mettersi in fila per vedere il re e liberi noi di sorridere vedendoli indaffarati a bere tè stando incollati al viale su cui, prima o poi, transiterà sua maestà il re. Comunque, come canta l’inno nazionale, “Dio salvi il re”. Tutto il resto, come sopra: noia, ripetizione, sbadiglio, salamelecco, inchino e ogni cosa prevista dal vetusto cerimoniale.
Se però decidete di seguire la cerimonia dell’incoronazione di Carlo III re del Regno Unito, ma anche se non intendete seguirla pur sapendo che difficilmente riuscirete a evitare i relativi resoconti e commenti, suggerisco di curiosare tra le pagine di “una penna spuntata”, blog di storia e folklore tra i più ascoltati e visitati. Vi troverà le note, redatte da Lucia Graziano, che raccontano sogni e falsità, virgole e news per curiosi affamati di sapere quel che non appare e che è solitamente falso. Niente di speciale, però, credetemi, le note sono gustose e il piglio nel raccontarle davvero ammirevole, tali da distinguersi dai mille e mille media che “si focalizzano sul gossip e i vestiti e trascurano di spiegare la parte più succosa”. Ne esce un ben documentato saggio. Suddiviso tra cose serie e cose facete, contiene tra le prime i riferimenti più strettamente religiosi. Così riassunti: la sontuosa parata con cui il re, provenendo da fuori le mura, faceva fisicamente il suo ingresso a Londra, caratteristica del periodo medievale e oggi non prevista, era coreografata su modello dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme.
Vero o falso, vi è comunque connessa l’idea, risalente sempre al Medioevo (fino all’XI secolo) ma mai formalizzata dalla Chiesa, che l’incoronazione fosse un sacramento, dal momento che il fulcro della cerimonia di incoronazione era, ed è tuttora, quello in cui il re veniva unto con olio crismale, come nelle ordinazioni sacerdotali (se interessa, per ungere Carlo III verrà utilizzato un olio proveniente dal Monte degli Ulivi e benedetto dall’arcivescovo anglicano e dal patriarca ortodosso di Gerusalemme).
Ovviamente, nel corso dei secoli, ubbidendo alla Riforma anglicana, molte cose cambiarono. Ma non a livello strettamente liturgico, solo al modo in cui, nel corso della cerimonia, veniva giustificata la regalità del re con tanto di apparato teologico sotteso. Secondo le formule “il re non si recava più a Westminster Abbey per essere consacrato come tale grazie all’intervento di un vescovo”, ma “veniva semplicemente riconosciuto tale dalla Chiesa”. Poi, oggi, altre ne vedremo. E sarà facile scoprire come l’apparato religioso, in realtà, è solo un rimasuglio storico mentre è reale e ampliato fuor di ogni misura quello garrulo e spensierato voluto e imposto dalla mondanità. Quanto ai miti, alle mode, ai tic e agli usi e costumi, ai veli e velette, agli abiti eccentrici e cappellini aggiunti, resta solo l’imbarazzo della scelta.
LUCIANO COSTA