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“Vota Antonio” e poi…

Si andrà a votare e la maggioranza degli italiani ha ancora la testa nel sacco: non sa che pesci pigliare, neppure sa se andare a votare, tanto meno ha in mente chi votare. Però, la barca è in movimento e su questa barca poco stabile gli attori stanno già recitando la loro parte, chi con sorrisi melliflui, chi con promesse altisonanti, chi facendo appello alla responsabilità. E se fa sorridere e magari inorgoglire i vecchi la candidatura al Senato del vetusto Cavaliere Berlusca da Arcore (85 anni compiuti, rughe appiattite da sapienti massaggi, tremolii di gambe evidenti sebbene silenti, mani tenute occupate da fogli sparsi forse scritti o forse semplicemente bianchi, parco assistenti sempre più ampio con tracce di curiosi plaudenti di incerta provenienza, ben adagiato tra ville e giardini tutte di sua pertinenza…), che in tal modo si vedono improvvisamente riabilitati agli occhi della politica attiva, incupisce e preoccupa l’uso smodato delle promesse gridate come fossero certezze: mille euro la pensione minima, un milione di alberi piantati ogni anno, tutti più ricchi e felici anche grazie alla pace che il vecchio Berlusca andrà a elemosinare dal suo ex o attuale amico, lo zar di tutte le (sue) russie. Dubito, quindi sono. Fatelo anche voi. E prima di dare il voto a questo o a quello meditate, meditate, meditate. E per favorire meditazioni, incominciate a leggere quel Marco Iasevoli ha scrritto l’altro ieri.

 

Dice: “Alla crisi della «non fiducia» aperta da Giuseppe Conte giovedì scorso, si è aggiunto venerdì al Senato il Papeete-bis di Matteo Salvini, che stavolta è riuscito a trascinare con i piedi nella sabbia anche Silvio Berlusconi. In una giornata in cui al Senato si sono alternate farsa e tragedia, destinata a scavare un nuovo solco tra politica e cittadini a causa di esasperanti e incomprensibili bizantinismi, è quindi venuto allo scoperto per intero il fronte di chi voleva il voto anticipato e di chi in realtà aveva già deciso di ignorare gli appelli alla «responsabilità» venuti da ogni angolo del Paese: dalle imprese e dai sindacati, dal terzo settore e dall’associazionismo, dal mondo delle professioni, persino da realtà della società civile che non hanno condiviso molte delle politiche e delle scelte di Mario Draghi. Un invito alla responsabilità che era stato rivolto al governo e ai partiti in egual misura anche dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, e dal segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin.

La parlamentarizzazione della crisi, timbro di Sergio Mattarella su questa legislatura, scelta che il Presidente della Repubblica ha confermato in ogni passaggio politico delicato, non ha sortito l’effetto di ri-stabilizzare il governo ma ha prodotto un frutto comunque utile: la chiarezza. Al Senato il ‘gioco del cerino’ è finito e il velo è caduto: all’M5s contiano strapazzato dalle scissioni e da un futuro incerto, che oggettivamente ambiva a uscire dalla maggioranza per provare a recuperare consensi, e alle forze di opposizione, Fdi in testa, che chiedevano il voto anticipato sin dalla nascita del governo Draghi, sono venute in sostegno, in modo decisivo, Lega e Fi.

È la scelta del centrodestra di governo il «fatto nuovo» di Palazzo Madama. La «responsabilità» che Salvini e Berlusconi avevano annunciato di voler praticare è stata messa da parte, in modo anche imprevedibile, dalla prospettiva di una vittoria elettorale a una manciata di settimane dalla fine naturale della legislatura. Una scelta che non nasce in poche ore e che prescinde anche dalle possibili conseguenze interne (Forza Italia ha visto già l’abbandono di tre ministri: Gelmini, Brunetta e Carfagna) e non tutti, tra i moderati della coalizione, seguiranno l’avventura a traino della destra-destra.

Più difficile pensare che l’ala antipopulista della Lega, l’ala di Giorgetti, dei governatori Fedriga, Zaia e Fontana, che tante volte ha avuto l’occasione di ribaltare la linea di Salvini, avrà la forza di sfidare il segretario a ridosso del voto.

Riavvolgendo il nastro delle giornate che hanno portato alla crisi, pare evidente che il premier, già scottato dalla partita del Quirinale, non nutrisse aspettative positive dalla verifica parlamentare. Ma una volta di fronte ai senatori, la sua priorità è stata quella di far vedere, come in una operazione verità, perché e per chi l’Italia si ritrova con un governo a fine corsa, con la prospettiva di votare nel pieno di una guerra vicina, tragica e pericolosa per il mondo intero, nel mezzo di una tempesta finanziaria ed economica, con il rischio concreto di frenare tanto, troppo su riforme e fondi del Pnrr.

Con una manovra che definire incognita è un eufemismo. E senza lo scudo della credibilità internazionale del premier. Su questa operazione-verità ora puntano a vario titolo Pd, Renzi, Di Maio e Calenda per costruire una campagna elettorale con la parola-chiave della serietà. Ma il voto incombe e non c’è un cantiere comune: sinora ciascuno ha guardato altrove assecondando impeti di autoreferenzialità. È ora che la politica si specchi nel Paese migliore, che è vasto, generoso e consapevole”.

Poi… Poi leggo quel che scrive un sindaco, per altro di ottima reputazione democratica e di buone disponibilità nei confronti degli ultimi, sulla vicenda Draghi e suo governo. E invece di stupire e meditare inorridisco….

Scrive il sindaco mettendo lo scritto in rete: “Draghi è caduto o cadrà. Non lo rimpiango se non altro per l’incredibile posizione sull’Ucraina per armi e sanzioni che ci stanno massacrando… E per il servilismo verso i guerrafondai USA… principale pericolo per la pace nel mondo. Adesso però il rischio è che arrivino altri assolutamente incapaci e ancora più arroganti e servili che possano dare il colpo decisivo alla nostra martoriata Italia. Serve una grande reazione popolare… Basta venditori di fumo e guerrafondai, ma persone di buon senso che lavorano giorno per giorno con impegno e umiltà (oltre che realismo) per risolvere il problema. Ma i problemi di chi lavora o ha lavorato, non parassiti, speculatori, sfruttatori, corrotti, corruttori, inquinatori, multinazionali ecc.” Un lettore che lo conosce e che quindi lo chiama per nome, commenta: “Lama, sei un sindaco strano. Ti preoccupi della Russia e non dell’Italia e di tutto quello che salterà. Vivi in seno alle nuvole? Sei proprio indecifrabile”. Non vado altre. Ma se questo è l’antipasto, non oso immaginare che cosà ci riserverà il seguito della cena.

LUCIANO COSTA

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