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Il confine tra vero e falso…

Causa pandemia e variabilità dei colori assegnati al territorio la casa è diventata il luogo in cui la convivenza obbligatoria mischia le sue fortune o sfortune con la capacità di dialogo con chi condivide quella situazione e con ciò che la televisione, regolarmente accesa, mette a disposizione a tutte le ore.  In una casa dove generalmente quattro passi son difficili da fare e dove l’alternativa alla poltrona è la finestra aperta sul cortile praticamente deserto, quel marchingegno che regala immagini diventa dominante. Questo perché “la televisione – come diceva Flaiano quando l’aggeggio non era ancora il padrone del tempo – porta il messaggio a domicilio, è l’unico medium che continuamente contiene il messaggio (bello, brutto, buono, cattivo o addirittura tragico poco importa), è la dama di compagnia che viene guardata per se stessa, come si guardano le cascate del Niagara…”. Il che porta a dire che noi, magari senza volerlo, noi che la televisione la teniamo perennemente accesa, siamo gli ideali prototipi di una società che non pensa o pensa poco, che non decide ma lascia decidere, che compra-beve-mangia-dorme-lava-arreda-pulisce-legge-viaggia ubbidendo piuttosto che scegliendo. Osservando e meditando su cotanto scempio, a un vecchio e grande scrittore capitò allora di dire: “Scusatemi, ma ho vissuto abbastanza per poter affermare in piena coscienza che dietro ogni italiano, me e voi compresi, si nasconde un cretino”.

Ieri mi sono sentito tal quale al “cretino” di cui sopra vedendo in tivu, annunciato come ospite esclusivo, il prete che alla tonaca e al ruolo di parroco aveva preferito quello di innamorato a cui le sorti della devota stavano particolarmente a cuore. Una cosa triste, una rinuncia dolorosa, forse un dramma esistenziale: tutto dato in pasto alla curiosità morbosa di utenti pronti a diventare giudici, da un sistema d’intrattenimento che di tutto trasforma in banalità. L’altro ieri, invece, lo stupore che caratterizza il cretino mi ha pervaso seguendo le contorsioni dell’inviato a caccia di notizie su presunte tangenti richieste, annesse e connesse alla futuribile causa di beatificazione di Aldo Moro, proprio lui, lo statista barbaramente ucciso dalle brigate rosse nel 1978. Sentivo chiacchiere, neppure una sostenuta da fatti; ascoltavo domande fatte di se, ma e operò a cui seguivano risposte allusive, balbettate, addirittura contorte.  Così, tra il serio e il faceto, mi son chiesto su che cosa si basasse quell’inchiesta arrivando a concludere che era frutto di un abbaglio giornalistico, di una pretesa informativa basta esclusivamente sui si dice.

Liberi di raccontare, un po’ meno di inventare contorni a dir poco immaginifici, magari gustosi da ascoltare ma anche impossibili da verificare. Però, ovunque esista la possibilità di essere visto letto o ascoltato, c’è sempre chi è pronto a imbastire storie di santi e peccatori che salgono o scendono; anche a elencare i cuori infranti lasciati per strada, i tradimenti subiti, le contese casalinghe, gli affetti non ricevuti o troppo insistentemente e molestamente proposti, le malattie che l’assillano e lo preoccupano, i titoli e le benemerenze (vere o presunte poco importa) che gli competono, le entrature a corte o palazzo di cui vanta titolarità… Tutta roba che interessa poco la metà del cielo che lavora e si occupa seriamente di sé e di chi gli sta intorno e tanto, invece, l’altra metà che beve e ribeve tutto ciò che gli strumenti della comunicazione globale offrono a tutte le ore e senza troppo riguardo alla forma o alla veridicità dei contenuti. Importante è provocare così che l’utente sia obbligato a stare nel gioco, a schierarsi per una tesi o per l’altra, a tifare per questo o quell’altro, addirittura a essere innocentisti o colpevolisti per simpatia o antipatia, senza il minimo riguardo per la dignità dei chiamati in causa.

Tanto rumore per nulla; infinite chiacchiere senza costrutto; troppi inviati di giornali radio e televisioni mandati allo sbaraglio; parecchi cercatori di visibilità a zonzo per città e paesi; non pochi annunciatori di malattie, disposti a raccontarle e a mettere il loro conseguente dramma in piazza… Tutto per accrescere l’audience, per commuovere-interessare-irritare-compiacere- sconvolgere o semplicemente abbagliare o confondere lo spettatore-lettore-telespettatore-radioascoltatore o comunque fruitore di notizie e messaggi sparsi dentro e fuori l’universo conosciuto.  

Poi, come nel caso dell’inchiesta di Rai-Report sui presunti oboli richiesti per far avanzare senza intoppi la causa di beatificazione di Aldo Moro, la risposta ufficiale e autorevole fornita dal Vaticano scivola via, quasi fosse secondaria invece che necessaria a ristabilire la verità. Leggo nella nota ufficiale della Congregazione delle Cause dei Santi che “non sono mai state avanzate presunte richieste di denaro per facilitare l’iter della causa di beatificazione di Aldo Moro”, che “presso la Congregazione non vi è alcuna causa di beatificazione riguardante l’onorevole Aldo Moro” che il signor Nicola Giampaolo (personaggio chiave dell’inchiesta di Report/ndr) non è stato mai ratificato da questo Dicastero come postulatore della causa in questione”. Inoltre, precisa la nota, “ si ricorda che nel mese di aprile del 2018 la Congregazione delle Cause dei Santi è stata informata che i promotori della causa dell’onorevole Moro avevano autonomamente revocato al signor. Nicola Giampaolo il mandato di postulatore per la fase diocesana provvedendo a nominarne uno nuovo”. Pertanto, la presunta richiesta finanziaria “non poteva essere avanzata al signor Giampaolo nel mese di giugno del 2018, come egli asserisce, in quanto non era più postulatore”. Nella nota si precisa, infine, che “presso la Congregazione delle Cause dei Santi non esiste alcuna forma di accreditamento dei postulatori come Giampaolo scrive nel suo curriculum vitae”.

Se non basta, è bene sapere che all’attore principale dell’inchiesta, come ha spiegato il responsabile della Congregazione, “era già stata negata la nomina (di postulatore) per altre due Cause a motivo della mancanza dei requisiti richiesti dalle norme canoniche”. Di certo, ha precisato monsignor Boguslaw Turek, “non ho mai trattato o avuto a che fare con la Causa di Aldo Moro anche perché nel Dicastero non è stata finora presentata. Infatti, il Vicariato di Roma, al quale è stata fatta domanda di aprire il relativo processo diocesano, non si è rivolto al Dicastero per chiedere l’autorizzazione ad iniziare la causa”.

“Diamo alla gente quel che più le aggrada – mi ha detto uno che vive di gossip e chiacchiere radio-televisive-mediatiche -, vale a dire pettegolezzi e chiacchiere. Poi, la guidiamo alla scoperta della morte (il delitto e il mistero pagano sempre), della vita (la gravidanza esibita da una influencer di grido è garanzia di ascolto e visione), della malattia (il cancro che assale un potente, un onorevole o l’attore/attrice/cantante di successo e che viene annunciato con tanto di lacrime e invocazioni di comprensione, vale molto più di qualsiasi discorso o messa cantata), dei veri o falsi scandali che investono la Chiesa e le Chiese, delle vere-false-presunte o solo immaginate angherie ordite dal potere costituito (non importa contro chi e perché: fanno comunque effetto) e, ovviamente ma soprattutto, del  bel vivere esibito e goduto dai soliti pochi che possono…”.

Inorridisco e mi arrabbio, ma nonostante l’età e l’esperienza televisiva accumulata in emittenti private, continuo a sentirmi il “cretino” di cui sopra. Amici e occasionali lettori, se potete scusatemi, se non potete compatitemi.

LUCIANO COSTA

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