Pochi ne parlano, alcuni osservano sorpresi, tanti neppure sanno che la questione esiste, interroga, divide e perciò sollecita risposte magari univoche e definitive. Il nodo del contendere è ancora il Crocifisso, quel piccolo-grande segno attorno al quale i cristiani si riconoscono e riconoscono il loro Dio, un segno che nelle scuole ci sta praticamente da sempre, che è ovunque vi sia un credente, che sta sopra tanti letti d’ospedale dove si spera e si soffre, che è dove uomini e donne cercano risposte ai loro dubi esistenziali, ma anche su strade e sentieri di montagne e valli, segno di devozione, di protezione e di benedizioni. “No dà fastidio a nessuno quel crocifisso, perché volete toglierlo?” chiese il contadino agli operai incaricati dal sindaco di “rimuovere ogni cosa vecchia e disturbante qualcuno”. Il capo squadra gli rispose: “Se ti va è così, se non ti va è lo stesso”. Erano i tempi del boom economico, tempi in cui tutto ciò che sapeva di sacro diventava ingombrante mentre il frivolo assumeva i contorni della vera modernità. Eppure, quel segno resisteva e continuava a suscitare rispetto, ammirazione e devozione. Poi, un professore arrabbiato chiese che l’aula in cui insegnava fosse liberata da quel segno che rappresentava una parte e non il tutto. Gli chiesero moderazione e accettazione di un dato consolidato, lui si oppose e chiese alle pubbliche istituzioni di fare giustizia.
Oggi, salvo intoppi o ritardi tecnici, le Sezioni unite della Corte di Cassazione, chiamate in causa dagli esposti del professore e dalle opposizioni proposte dalla scuola a difesa del corretto operato, si pronunceranno sulla questione. Sarà il giudizio definitivo e liberatorio? Non lo so. Spero soltanto che il Crocifisso resti al suo posto. Il gesuita Federico Lombardi, in un ampio articolo pubblicato sull’ultimo numero de La Civiltà Cattolica, sottolinea che “occorre ribadire che la questione non va posta in termini generali di sì o no al crocifisso, quanto piuttosto di delicato bilanciamento fra i diversi aspetti della libertà religiosa”.
La questione del crocifisso esposto, nascosto, rimesso o ritolto, da molti anni è oggetto di dibattiti e riflessioni. “Ciò è collegato –scrive il gesuita – al profondo cambiamento culturale in atto, alla diminuzione della diffusione della fede cristiana nella società italiana, all’accresciuto pluralismo delle posizioni religiose, filosofiche, ideologiche, e all’adeguamento di comportamenti e normative alla nuova situazione e alla maggiore sensibilità sul tema dei diritti umani. Bisogna essere consapevoli che non solo in Italia, ma in tutta Europa, e si può dire in tutto il mondo, il tema dell’esposizione dei simboli religiosi — non solo cristiani, ma ovviamente anche delle altre religioni — è divenuto di grande attualità negli anni recenti, sia per quanto riguarda quelli presenti negli edifici pubblici, sia per quanto riguarda quelli personali visibili e indossati in spazi pubblici o di lavoro. Corti giudiziarie di ogni livello, anche internazionali o sovranazionali, se ne stanno occupando…”.
In tempi e modi diversi se ne sono occupati anche gli ultimi Papi, soprattutto preoccupati di chiarire l’atteggiamento con cui porsi, da parte cattolica, nei confronti della questione sollevata e palesemente riguardante, oltre gli ambiti culturali, sociali, giuridici e politici anche il versante educativo. Padre Lombardi sottolinea quel che Giovanni Paolo II affermava nell’enciclica Redemptoris missio, e cioè che “la Chiesa propone, non impone nulla: rispetta le persone e si ferma davanti al sacrario della coscienza. In questo spirito, vediamo nell’ostensione del crocifisso nelle aule una proposta, non un’imposizione”. Poi, ripropone il contributo profondo e ricco dato da papa Benedetto XVI, il quale nel famoso discorso pronunciato nella Westminster Hall di Londra il 17 settembre 2010, sottolineò con forza che il rapporto tra fede e ragione, Stato e Chiesa, legge e religione, tra credenti e non credenti, può e deve divenire sempre più fruttuoso”. Vi è infatti, spiegava papa Ratzinger (oggi Papa emerito) un ruolo correttivo della religione nei confronti della ragione che può sostenere la ragione nella ricerca dei necessari princìpi morali; e, viceversa, vi è un ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione che la libera dai fanatismi, dai settarismi e da ogni altra distorsione”.
Alla luce di queste parole, il Ministro della Giustizia Marta Cartabia, dice che “il tempo attuale offre un contesto favorevole per prendere atto che l’idea di laicità come pura neutralità dello Stato rispetto al fenomeno religioso è un falso mito che porta di fatto ad atteggiamenti odiosi nei confronti della religione. Il tempo attuale –aggiunge – è, però, altrettanto favorevole ad una presa di coscienza che dalla legge civile non si può pretendere tutto e tanto meno la salvezza. Con il potere politico il cristiano è chiamato a collaborare, in una prospettiva di inesauribile correzione, evitando atteggiamenti di diffidenza e di rigida ostilità”.
Sulla questione specifica su cui i Giudici della Corte di Cassazione sono chiamati ad esprimersi, padre Lombardi, sottolineando che “non stiamo trattando dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche di un Paese di tradizione maggioritaria islamica, né di un Paese dove l’affermazione della laicité sia strettamente collegata alla storia dell’identità nazionale moderna come la Francia” sottolinea come la questione tocca “un Paese di profonda e radicata tradizione cristiana cattolica come l’Italia e la partecipazione comune alla sfida, oggi veramente decisiva e difficilissima, di trasmettere, con l’educazione, princìpi morali, valori di riferimento, atteggiamenti, contenuti culturali preziosi per la formazione delle nuove generazioni che vivono e crescono in questo Paese”.
Trent’anni fa Natalia Ginzburg, che non apparteneva al mondo cattolico, scriveva parole che meritano tuttora attenzione: «Il crocifisso non genera alcuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente”. Don Giovanni Antonioli, prete di montagna, dopo la strage di piazza della Loggia a Brescia, di fronte alle vittime innocenti invitò a volgere lo sguardo verso il Crocifisso “così sincero e coraggioso da avere braccia eternamente spalancate e pronte ad accogliere chiunque”.
Oggi i giudici giudicheranno. Resta comunque evidente che “quando molti credenti in Cristo e le autorità della Chiesa che ne interpretano la fede, insieme a molte altre persone di diverse fedi e convinzioni, propongono che il crocifisso rimanga esposto nelle aule scolastiche (o in altri luoghi pubblici o sulle loro stesse persone) – scrive il gesuita a conclusione del saggio -, non mirano a un’imposizione contraria alla libertà di qualcuno, ma all’offerta di quanto di più profondo e prezioso possono dare per la costruzione insieme agli altri di una società fraterna e per l’educazione dei giovani a essa”.
Sarà il caso di prestare orecchio alle parole e riservare qualche meditazione in più a ciò che ci circonda.
LUCIANO COSTA