Piuttosto di leggere di quel che lo sport ha prodotto nel corso del fine settimana, c’è da prendere atto che non il pallone o la bicicletta o la racchetta, ma i tamponi hanno avuto il sopravvento. Si è giocato, ma la parte del leone s’è adagiata dove non si è giocato. La legge del tampone si è imposta e non si vede come un tampone di riserva possa sbrogliare la matassa. Come certo sapete il nodo del contendere è la partita (non giocata) tra Juventus e Napoli: bianconeri a casa loro e pronti a scendere in campo; partenopei rimasti a casa non si sa per volontà o per imposizione di un dirigente (o più dirigenti) della locale Azienda sanitaria locale. Secondo normativa calcistica vigente la squadra che non si presenta in campo viene data perdente; secondo italiota interpretazione la sconfitta decretata a tavolino sarebbe di quelle destinate a innescare polemiche e ricorsi che quando il campionato sarà finito saranno ancora lì ad aspettare udienza. Ma siccome credo che la faccenda interessi a loro e men che meno a noi, mettiamo lì un solenne “chi se ne importa”. Appunto, chi se ne frega di tre punti sfumati e quindi regalati. Però, insomma, ci voleva assai poco per evitare scenate e risate, che so?, una regola, una norma, qualcuno che si prendesse la responsabilità di togliere al mondo del pallone l’etichetta di intoccabile e di imporgli quella di suddito del reame, cittadino qualsiasi e non privilegiato e osannato mostro da sbattere in copertina. Scherzi a parte: se il calcio, come ha arzigogolato Mario Sconcerti, uno che se ne intende, è di per sé un gioco fuori legge (vive di pedate date ad altri, mica di caramelle e carezze regalate), tanto più lo diventa in un momento di pandemia dove le distanze imposte non possono certo essere imposte se il fine resta la conquista-difesa di un pallone da scagliare, costi quel che costi e perché quella è la legge del campionato, nella rete altrui. Però “si può anche non giocare il campionato – ci sono cose, non tante per la verità, più importanti -, ma se si vuole salvare il campionato e con lui qualunque pratica che coinvolga un atleta, bisogna trovare una regola certa, evitando di lasciarla in mano a un centinaio di Asl”. Insomma, “se dobbiamo convivere con il virus, dobbiamo trovare per il calcio giocato un centro di decisione che riunisca le debolezze e consenta di sopravvivere. In un paese serio questo si chiamerebbe Governo. Altrimenti, grazie e arrivederci a un giorno senza tempo”. Domani sapremo una mezza verità – vittoria a tavolino alla Juventus -, dopodomani, nell’altra mezza verità, sortirà il ricorso avverso alla decisione – con conseguente congelamento della prima decisione -, nei giorni a venire qualcuno dirà che è tutto da rifare… Nell’attesa di novità, rido al pensiero che il Brescia, lato B del versante calcistico nazionale, incappato in una sonante sconfitta, possa essere regalato a chicchessia per il solo fatto che al suo presidente, per di più non bresciano, son girate le… scatole. Per il resto, cioè per gli altri sport, adesso è uno sprofondo generale. Domani si vedrà.