Sono passati quarant’anni da quando la gente umile di un umile villaggio gridò al miracolo, ma il tempo conferma che devozione e mistero camminano, senza tempo, fianco a fianco. Nel 1981 iniziò la storia. Da allora tra i Balcani si sono avvicendati milioni di pellegrini. Tutto incominciò in un pomeriggio di inizio estate sulla collina del Podbrdo, che sovrasta la frazione di Bijakovici – oggi in Bosnia ed Erzegovina – dove alcune ragazze iniziarono a vedere una figura femminile luminosa che identificarono con la Vergine Maria. Da allora, su Medjugorje e la sua povera terra si sono accumulate pagine mai finite di storia. I sei ragazzi, a quel tempo giovanissimi, parlavano delle apparizioni di Maria che si presentava a loro come “Regina della Pace”. Da allora, spesso tra polemiche, incomprensioni e troppi interessi semplicemente materiali, milioni di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, sono arrivati a Medjugorje in cerca di pace, forse di miracoli, magari anche solo per curiosità. Quarant’anni, tanti, sempre segnati da devozioni, conversioni, stupore e misteri. Tutto come storia di fede genuina e pura, alcune volte anche dubbiosa e meravigliata.
Rosetta, convinta assertrice della luce che dalla collina di Medjugorje si spande fino dove arriva lo sguardo, ogni anno, da tanti anni prende la bisaccia del pellegrino e va in cerca di quella luce. Dice che qualsiasi “parola contraria la stupisce” perché in quel paesello “il miracolo delle apparizioni di Maria si tocca con mano”. La prima volta che mi affacciai a Medjugorje, all’inizio degli anni ottanta, fu solo per caso: allungando la visita a Mostar, terra bombardata nella guerra di Bosnia, vidi il paese, scoprii la collina che si ergeva alla fine di una serie di case poverissime, incontrai povera gente mischiata a gente semplicemente curiosa che andava a pregare, misurai purtroppo anche la corsa in atto per mettere accanto al miracolo quel che poteva servire ad accogliere e a far guadagnare qualcosa a qualcuno. Di sfuggita vidi anche le cosiddette “veggenti” – ragazze che a fatica sopportavano l’urto della folla e della notorietà – ma mi scoprii indifferente, forse anche lontano. Eppure, anch’io avevo piegato le ginocchia per pregare…
Qualche anno dopo, cresciuta la fama di Medjugorje, tornai per vedere: c’era ancora il nome, c’era la collina, c’era la fila dei fedeli; invece, non c’erano più le vecchie case e i bambini che giocavano e i vecchi seduti in attesa che il giorno tramontasse. Al loro posto vidi tanti negozi, ristori, ristoranti, alberghi. E per incontrare le cosiddette “veggenti” era necessario ubbidire agli orari prefissati. Però, due delle “veggenti”, mandati in giro per l’Italia a raccontare la loro incredibile e forse bellissima esperienza, le incontrai in un paesino della provincia di Brescia felicemente adagiato sulle colline della Franciacorta, circondati da mille o forse più devoti riuniti per pregare e per vedere il miracolo. Anche allora, benché disposto a piegare le ginocchia per pregare, prevalse l’indifferenza. Ero io che non accettava il mistero o era il mistero che non si svelava al mio poco sapere?
Però, nulla cambiò: la gente andava a Medjugorje per pregare, per vedere, per misurare il miracolo. E benché fosse chiaro l’ammonimento della Chiesa a “non concedere credito a qualcosa di ancora indefinito”, c’era sempre un prete-parroco-religioso-volontario pronto a organizzare e guidare i pellegrinaggi. Ogni anno, puntualmente, c’era chi chiedeva chiarezza… E per fare chiarezza, nel 2010 Benedetto XVI istituì una Commissione internazionale d’inchiesta all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, composta da 17 tra cardinali, vescovi, teologi ed esperti, sotto la presidenza del cardinale Camillo Ruini, con il compito di dare risposte alle tante domande ancora insolute. I lavori della commissione durarono quattro anni alla fine dei quali una relazione conclusiva, mai pubblicata ufficialmente, fu consegnata a Papa Francesco.
In merito alle vicende di Medjugorje, rispondendo a una domanda, nel 2017 papa Francesco ricordò che “tutte le apparizioni o le presunte apparizioni appartengono alla sfera privata, non sono parte del Magistero pubblico ordinario della Chiesa”. Rammentò poi anche il lavoro della Commissione d’inchiesta distinguendo tre aspetti. “Sulle prime apparizioni, quando [i “veggenti”] erano ragazzi, il rapporto più o meno dice che si deve continuare a investigare. Circa le presunte apparizioni attuali, il rapporto ha i suoi dubbi” e “terzo – disse – il nocciolo vero e proprio del rapporto-Ruini: il fatto spirituale, il fatto pastorale, gente che va lì e si converte, gente che incontra Dio, che cambia vita… Per questo non c’è una bacchetta magica, e questo fatto spirituale-pastorale non si può negare”.
Restò però forte l’attenzione per la pietà popolare. Così, nel 2018. Francesco nominò l’arcivescovo polacco Henryk Hoser, Visitatore Apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje: un incarico esclusivamente pastorale, in continuità con la missione di Inviato Speciale della Santa Sede per la parrocchia di Medjugorje, affidata a sempre a monsignor Hoser l’anno precedente e conclusa. “La missione del Visitatore Apostolico – spiegava la Sala Stampa vaticana – ha la finalità di assicurare un accompagnamento stabile e continuo della comunità parrocchiale di Medjugorje e dei fedeli che vi si recano in pellegrinaggio, le cui esigenze richiedono una peculiare attenzione”. Un segno di attenzione, ancora, l’anno successivo, nel 2019, quando Papa Francesco decise di autorizzare i pellegrinaggi a Medjugorje, che da quel momento in poi potevano essere ufficialmente organizzati dalle diocesi e dalle parrocchie.
“Le voci e le testimonianze del popolo devoto della Gospa – la Signora o Madonna in serbo-croato – sono forse il contorno migliore all’anniversario che ricorda l’inizio del fenomeno Medjugorje, quando due ragazze di 15 e 16 anni, Ivanka Ivankovic e Mirjana Dragicevic, mentre passeggiavano ai piedi di una collina sassosa chiamata Podbrdo, videro una figura femminile su una piccola nube”. In quello stesso giorno alle due ragazze se ne aggiunse una terza. Poi, a partire da quegli eventi e da quei racconti si è dipanata una storia che ha lasciato un segno nella vita della Chiesa raggiungendo in modi diversi milioni di persone – basti pensare all’impatto che ha avuto il network internazionale di Radio Maria – che ha suscitato adesioni e conversioni, assieme a scetticismi e opposizioni.
Furono vere apparizioni? Oggi, di sicuro, quelle apparizioni sono considerate dalla Chiesa “non più sospette”. Domani o chissà quando la Chiesa dirà la parola definitiva. Intanto, come diceva il mio amico vescovo Luigi. “pregare, non importa dove, non fa certo male”.
LUCIANO COSTA