Il vecchio calendario insiste a dire che oggi, 4 Novembre, è la festa della Vittoria, quella che nel 1918, in questa stessa data, segnò la fine della Prima Grande Guerra e regalò alla gente il sogno di un tempo di pace. In realtà, il tempo ha cambiato fisonomia al ricordo: ieri celebrava la Vittoria ed era considerata Festa nazionale (lo è stata fino al 1976, quando il riordino dei giorni festivi la declassò a semplice ricorrenza spostando le celebrazioni della Memoria alla domenica successiva), oggi celebra il Giorno dell’Unità Nazionale e anche la Giornata delle Forze Armate. Ieri e oggi, qualcuno non mancherà di portare un fiore e di accendere un lume nei luoghi che ricordano il sacrificio di chi è “Caduto per la Patria”. Quei luoghi si chiamano “monumenti” e ogni città, paese o frazione ha il suo, perché ogni città, paese e frazione ha i suoi “Morti per la Patria” da ricordare.
Da quel giorno che concludeva la guerra (senza però stabilire la definitiva fine delle guerre, dato che altre, purtroppo, ne seguirono dimostrando che la ragione umana non possiede la forza di considerare gli errori passati per evitarli e magari per non rinnovarli) e che stabiliva la vittoria sono passati centoquattro anni. Oggi la Vittoria resta scritta negli annali della Storia insieme alle grida di dolore per i morti a causa della guerra. Ricordare quel giorno significa adesso farsi carico della responsabilità di costruire la pace. E costruire la Pace significa far tacere le armi, far prevalere la Ragione, unire popoli e nazioni, promuovere uno sviluppo omogeneo, dare a tutti la possibilità di essere cittadini del mondo così da poter cancellare la parola guerra dai vocabolari e dalle lingue parlate… Perché la guerra, oggi come allora, è assenza della Ragione, è mancanza di una specifica volontà di evitare qualsiasi scontro affidato alle armi, è non volontà di capire le altrui ragioni e di metterle, per un confronto veritiero, sul tavolo della mediazione… Quindi, guerra è parola da cancellare.
A cancellarla ci proveranno domani migliaia, spero milioni, di persone che hanno deciso di contrassegnare il loro 5 novembre camminando sulle vie del mondo per chiedere che la Pace sia tra noi, che diventi cittadina del mondo, che abbia il titolo di ospite gradita, attesa e rispettata. A ciascuno di loro un prete di strada diventato cardinale (si chiama Matteo Maria Zuppi ed esercita il suo ministero a Bologna pur avendo la responsabilità di presiedere la Conferenza Episcopale Italiana) ha scritto una lettera, una semplice lettera per dire che la Pace comincia proprio dai passi che si fanno-consumano-sommano uno dopo l’altro per andare a incontrarla…
Scrive il prete: “Cara amica e caro amico… qualunque sia la tua età e condizione, permettimi di darti del “tu”… perché da fratelli siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Per questo non possiamo rimanere fermi. Alcuni diranno che manifestare è inutile, che ci sono problemi più grandi e spiegheranno che c’è sempre qualcosa di più decisivo da fare. Desidero dirti, chiunque tu sia – perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti – che invece è importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Poi ognuno farà i conti con se stesso. Noi non vogliamo la violenza e la guerra. E ricorda che manifesti anche per i tanti che non possono farlo. Pensa: ancora nel mondo ci sono posti in cui parlare di pace è reato e se si manifesta si viene arrestati! Grida la pace anche per loro! Quanti muoiono drammaticamente a causa della guerra. I morti non sono statistiche, ma persone. Non vogliamo abituarci alla guerra e a vedere immagini strazianti. E poi quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre davvero dimenticate. Ecco, per questo chiediamo con tutta la forza di cui siamo capaci: “Aiuto! Stanno male! Stanno morendo! Facciamo qualcosa! Non c’è tempo da perdere perché il tempo significa altre morti!” Il dolore diventa un grido di pace… La pace – aggiunge il cardinale – mette in movimento. È un cammino… E, per giunta, cammino in salita… Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno… Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo». Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente… Non sei un ingenuo. Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta. È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci?”.
Il cardinale, che sulla strada ha fortificato il suo ministero sacerdotale e che ben conosce la differenza che esiste tra dire “fate la Pace” e mostrare come davvero “si fa la Pace”, dice che “l’unica strada è quella di riscoprirci Fratelli tutti” e così vivere in quella prospettiva. Ma, aggiunge “fai bene a non portare nessuna bandiera, solo te stesso: la pace raccoglie e accende tutti i colori. Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa…”. E’ però tempo di andare ben oltre le offese, Adesso c’è solo il tempo per chiedere “la pace e con essa la giustizia. L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra… Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà. E chiediamo all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta…”.
Dubitando che la lettera abbia trovato o trovi udienza, mi son permesso di offrirvela come lettura intelligente su ciò che stiamo vivendo. Ovviamente, sperando che domani sia già il giorno definitivo della Pace.
LUCIANO COSTA