Cultura

La lezione di De Gasperi

La pochezza di troppi politicanti in cerca di un posto (in questa o quella lista, con poco interesse ai valori che dovrebbero precedere ogni iniziativa) obbliga ad andare con la memoria agli uomini e alle donne che in passato, mettendo la vita a disposizione della buona politica, hanno permesso all’Italia di crescere e di rinnovarsi nella libertà e nella democrazia. Ieri, tra i ricordi obbligati dal calendario, quello di Alcide De Gasperi, nel sessantottesimo anniversario della morte (avvenuta a Sella Valsugana il 19 agosto 1954), ha sovrastato ogni impegno, compreso quello di prestare orecchio ai conciliaboli inscenati dai soliti capi e capetti attorno alle liste da compilare e depositare in vista della consultazione elettorale del 25 settembre. Ricordando lo statista scomparso ha così di nuovo misurato la sua grandezza e la sua attualità e, allo stesso tempo, la vacuità che contraddistingue troppi aspiranti al potere.

“La lezione di De Gasperi continua” mi ha scritto ieri un amico invitandomi a mettere tra le pagine pensate e pubblicate ogni giorno “pensieri e parole che non smettono di stupire”. Ho allora riletto, cogliendolo dalle pagine sparse della storia, quel che lo statista diceva a proposito di concordia nazionale e di rapporti internazionali, allora incentrati sugli aiuti che Stati Uniti e Unione Sovietica mettevano a disposizione: poche righe, ma sufficienti per delineare un pensiero che andrebbe di nuovo ripetuto e sostenuto. A proposito di concordia nazionale De Gasperi scriveva: “Anche oggi un po’ più di concordia nazionale di fronte ad una multiforme crisi che viene giudicata la più grave dal dopoguerra, sarebbe essenziale per far fonte ai problemi concreti, senza perdersi in sterili dialettiche oratorie”. Sui rapporti internazionali, contestando le accuse dell’Urss all’Italia di essere asservita all’imperialismo americano, De Gasperi precisava: “Intendiamoci bene: noi vogliamo buoni rapporti con la Russia e speriamo che essa abbia buoni rapporti con noi, però non possiamo accettare il principio che da parte del bolscevismo venga organizzata e alimentata una quinta colonna entro la nostra nazione. Insomma, non possiamo ammettere che la politica interna italiana venga manovrata da qualsiasi comitato internazionale”. E sugli Stati Uniti la sua posizione era altrettanto chiara: “Nessuno fa nulla per solo sentimento e anche l’America fa i suoi calcoli. Ma l’attuazione degli aiuti previsti dal Piano Marshall, significano il ritorno all’ordine nelle nazioni, vuol dire eliminare ogni causa di guerra in modo che le nazioni europee diventino collaboratrici di pace nell’ordine economico”. De Gasperi, lucidamente, sottolineava anche il rischio conseguente dicendo: “Questo è il calcolo interessato dell’America, ma questo interesse coincide con il nostro interesse, con l’interesse delle nazioni europee, e con l’interesse di tutto il mondo che aspira alla pace”.

Tutto questo accadeva ieri, ma la lezione, ovviamente se ci fossero politici all’altezza della situazione e quindi degni di tale nome, potrebbe di nuovo essere applicata all’oggi. Così, per non dimenticare e per consentire ai distratti di far tesoro degli insegnamenti lasciati in eredità da Alcide De Gasperi, propongo di leggere l’omelia che il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha dettato celebrando nella basilica romana di San Lorenzo al Verano (dove lo statista è sepolto), la Messa di suffragio nel giorno anniversario della sua morte. Dall’omelia emergono in pari misura la profonda spiritualità, la grandezza dell’impegno politico, la potenza delle parole pronunciate e scritte, l’incomparabile sobrietà della sua esistenza… Leggere per non dimenticare: mi sembra una buona e ovvia premessa.

LUCIANO COSTA

 

Un’omelia che diventa lezione di storia

Sono passati 68 anni dalla morte di Alcide De Gasperi e in questo anniversario lo vogliamo ricordare con la riconoscenza che si deve ad un uomo che ha fatto molto per l’Italia e per l’Europa. Egli è stato grande come uomo, come cristiano e come statista. Col passar del tempo, la sua figura non si è sbiadita, anzi sono cresciuti il riconoscimento del valore del suo pensiero e della sua visione sociale e politica e il riconoscimento della grandezza della sua opera.

Anche se la situazione sociale e politica odierna è molto cambiata rispetto agli anni storici di Alcide De Gasperi, la lezione che ci viene da quel passato ha molto da insegnare agli uomini e alla società di oggi e di domani. È una lezione che continua ad essere di grande attualità.

Abbiamo un debito speciale di memoria e di gratitudine al presidente De Gasperi, perché egli, dopo le distruzioni della guerra, guidò con intelligente lungimiranza la ricostruzione dell’Italia, ottenne il ricupero della credibilità del Paese in campo internazionale e promosse il rilancio dell’economia, concedendo spazio a tutti coloro che erano disposti a dare il loro contributo. Inoltre difese la libertà che da poco l’Italia aveva riconquistato, ma che in quel momento correva il rischio di sfuggire di mano. Molta parte della vita e della storia italiana è stata determinata dalle scelte che ebbero come protagonista De Gasperi.

Nell’animo di Alcide De Gasperi convissero e ne caratterizzarono la personalità sia la spiritualità sia la politica: due dimensioni profondamente radicate, che spiccavano per la loro straordinaria luminosità. Spiritualità e politica vissero sempre intrecciate in De Gasperi: sembrava che l’una prendesse forza e ragione di vita dall’altra. La sua statura politica era frutto della sua intelligenza, cultura ed umanità, ma anche della sua spiritualità e sensibilità religiosa.

Fu un uomo saldo nella fede e uno statista coerente nella vita politica, animato da un grande senso di responsabilità e dal desiderio di servire il bene di tutti.

Se si vuole capire realmente De Gasperi, bisogna approfondire non solo l’azione che svolse e le idee che lo mossero, ma anche la spiritualità che lo animò, perché fu questa la radice della sua forza e dello straordinario servizio reso all’Italia.

Egli fu un vero credente, coerente con la sua fede, e un vero statista; fu credente e politico, nella chiara distinzione dei ruoli.

Fu un politico che mise sempre il bene del Paese al di sopra degli interessi personali o del partito; nelle decisioni di De Gasperi brilla sempre un alto senso dello Stato e un radicale convincimento che lo Stato è al servizio della persona umana.

In pari tempo la sua religiosità fu trasparente in tutte le sue azioni, piccole e grandi. Non ostentava mai la sua fede e la sua religiosità, ma esse facevano parte della sua vita. Da questa dimensione spirituale nasce il suo spiccato senso di giustizia, libertà e dignità di ogni persona umana. La misura della sua solidità come cristiano la diede soprattutto negli anni della sventura, che comportò per lui e familiari gravi sofferenze, umiliazioni e privazioni. Dopo il periodo passato in carcere, ebbe difficoltà a trovare lavoro per guadagnarsi il pane. A stento riusciva a pagare la pensione dove alloggiava dedicandosi a fare traduzioni dal tedesco. Ai pasti non beveva vino per risparmiare, così da restare dentro i pochi soldi che aveva. Poi fu preso a lavorare presso la Biblioteca Vaticana, ma soltanto come precario. Per non sollevare reazioni da parte del fascismo non fu assunto nei ruoli vaticani e fu pagato non dall’Amministrazione dei beni della Santa Sede, ma attingendo da un piccolo fondo che la Biblioteca aveva a sua disposizione. Il suo stipendio era decisamente inferiore ai meriti. De Gasperi doveva arrotondare lo stipendio con qualche traduzione dal tedesco all’italiano, che riusciva a trovare. Solo dopo 10 anni la sua posizione fu regolarizzata e fu nominato segretario della Biblioteca Vaticana, col corrispondente giusto stipendio.

Egli fu coerente e fedele agli ideali nella buona e nella cattiva sorte. Nella sua vita, privata e pubblica, agì sempre secondo coscienza, sentendosi responsabile di fronte a Dio. Questo gli permise di non arrendersi né deprimersi nei duri momenti della persecuzione fascista e degli insuccessi, come pure di non esaltarsi mai nei momenti dei rilevanti traguardi conseguiti.

I primi libri che chiese di avere quando fu messo in prigione furono la Bibbia, l’Imitazione di Cristo e le Confessioni di sant’Agostino. Durante la carcerazione gli furono di sostegno spirituale la preghiera dei Salmi ed il Rosario, che Alcide recitava ogni sera pensando che verso quell’ora anche la moglie e le sue bambine (allora due) erano in preghiera e allora — così scriveva alla moglie — «il mio spirito si inginocchia con voi» (Lettere dalla prigione, pag. 26-27).

Le lettere che De Gasperi scrisse dalla prigione, in gran parte indirizzate alla moglie Francesca, ci danno la misura della profondità della sua spiritualità e della sua vita religiosa. Al riguardo vorrei leggere un brano della lettera che Alcide scrisse alla moglie il giorno dopo la condanna a 4 anni di carcere (poi successivamente ridotti). Dopo avere passato tutta la notte insonne pensando al dolore che la sua condanna avrebbe causato al babbo anziano, alla moglie ed agli altri familiari, incominciò a piangere. «E dopo il pianto — così scrive — incominciai a ragionare. Perché il Signore mi ha lasciato colpire così? Se la cosa fosse soltanto fra me e la Sua giustizia, lo so, che sarebbero in causa i miei peccati; ma tu, mia santa ed eroica creatura, e le mie figliole innocenti, e tutti i miei e i tuoi e gli amici buoni e giusti che hanno pregato? Dio mio, com’è difficile trovare le ragioni ontologiche del dolore! Ma poi questo è fatto pubblico: io sono un granello rimesso dalla Sua mano potente nel vortice del mondo, un sassolino con cui impasta il suo edificio? qual vortice, quale edificio? non lo so, ma Dio ha un disegno imperscrutabile innanzi al quale mi inchino adorando, Francesca, e parlando scrivo a te e a tutti che mi amano. Iddio non può essere né ingiusto né crudele. Egli ci ama e fa di noi qualche cosa che oggi non comprendiamo. Così ragionando mi sono alquanto consolato» (Lettera del 31 maggio 1927). È una lettera commovente. De Gasperi, politico umiliato e condannato alla prigione, padre di famiglia privato dei suoi diritti ed affetti, dopo aver pianto eleva il suo pensiero a Dio e si rimette alla volontà di Dio; si china adorando il disegno di Dio, anche se non lo capisce, ma sa per fede che è un disegno ispirato dall’amore. Questa lettera ci dà la misura dell’alta spiritualità di De Gasperi.

Da presidente del Consiglio, in un discorso pubblico, De Gasperi si chiese: «Qual è il faro che illumina il sentiero sul quale dobbiamo muoverci?». La risposta fu: «Nel momento decisivo è la coscienza che spinge l’uomo ad una decisione» (Discorsi politici 1923-1954, p. 343). Negli ultimi giorni di vita a Sella di Valsugana confidò alla figlia Maria Romana: «Ho fatto tutto quanto era in mio potere; la mia coscienza è in pace».

Tutta la sua vita fu in armonia con la sua coscienza di uomo, di cittadino, di cristiano.

La testimonianza della vita di De Gasperi e i grandi esempi che ci ha lasciati sono una luce che illumina il cammino. L’Italia di oggi ha tanto bisogno di politici con lo spirito di De Gasperi. Egli rimane un esempio di cristiano in politica a cui guardare e trarre ispirazione per la propria condotta personale, per il bene del Paese e per la difesa dei valori della nostra civiltà.

Per questo sono lieto che sia stato ripreso lo studio della sua causa di beatificazione. La testimonianza che Alcide De Gasperi ci ha lasciato non può essere dimenticata.

Cardinale GIOVANNI BATTISTA RE

Decano del Collegio cardinalizio

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