Immersi nelle cose afghane, ma assai spesso impossibilitati a capire che cosa si celi tra le definizioni e le parole che compongono il quadro. Grazie all’acume comunicativo di Vatican News, ecco adesso un piccolo vocabolario che di ogni termine in uso spiega il significato. Nessuna possibilità e voglia di commentare, solo la necessità di fare chiarezza, evitare i si dice, impedire le approssimazioni e colmare il vuoto lasciato da troppe omissioni. Oggi la cronaca informa che Kabul è un inferno; che i taleban al potere seminano terrore; che l’accesso all’aeroporto è vietato; che le diplomazie cercano – per adesso inutilmente – spiragli per avviare intese trovando come risposta solo proclami e veti; che i Paesi del G7 (le grandi potenze) con Cina e Russia invitate a fare la loro parte, non sono ancora in grado di individuare una strategia comune; che per i taleban resta perentoria la data del 31 agosto come termine massimo concesso agli americani per lasciare il Paese… In questo guazzabuglio, le uniche cose evidenti sono gli uomini armati che dettano la loro personalissima legge, le donne invisibili (costrette cioè a farsi da parte), i bambini impauriti, la folla che ondeggia senza sapere in che direzione andare…
Una poesia afghana dice: “La pace regna dove i pacifici l’hanno coltivata…”. Di questa poesia, però, non c’è traccia nel vocabolario che segue. Magari toccherà a ciascuno aggiungerla… (L. C.)
Il significato delle parole
Afghanistan – Il Paese ha un unico primato mondiale: quello in ordine alfabetico. Per il resto, occupa spesso gli ultimi gradini. È, ad esempio, al 205esimo posto nella classifica del prodotto interno lordo (pil) pro capite.
Burqa – È ridiventato sinonimo dell’oppressione della donna afghana. I taleban dicono di non volerlo imporre, ma il suo prezzo è balzato da 500-600 a 1500-2500 dollari afghani in una sola settimana.
C-17 – La foto del velivolo Usa, che ha una capienza massima di 154 posti, è diventata il simbolo della fuga disperata da Kabul, con 823 afghani accalcati al suo interno, tra cui 183 bambini.
Doha – Nella capitale del Qatar si sono tenuti i colloqui tra americani e taleban che hanno portato alla decisione di ritiro delle truppe Usa. Molti “misteri” fanno pensare a delle clausole segrete.
Emirato – Lo Stato afghano si definisce ormai come “Emirato islamico”. Non è certo che sarà più moderato rispetto al primo, ma sarà sicuramente più pragmatico riguardo le relazioni con l’estero.
Fatwa – Il primo editto, emanato sabato, imponeva la segregazione maschi-femmine nelle scuole. Ok a donne all’università, ma non insieme a uomini. Vietato alle docenti insegnare ai maschi.
Ghani – Il presidente Ashraf Ghani è fuggito da Kabul a bordo di un aereo verso il Tagikistan “per evitare un bagno di sangue”. Gli Emirati arabi uniti lo hanno poi accolto per “motivi umanitari”.
Hazara – Rappresentano il 10-15 per cento della popolazione afghana. Come sciiti, hanno potuto celebrare l’Ashura in libertà, ma la statua del loro leader storico a Bamiyan è stata trovata abbattuta.
Isi – I servizi pachistani (Inter-Services Intelligence) sono stati gli “sponsor” dei taleban del primo Emirato. Nell’attuale risiko afghano, Islamabad gioca più tranquillo rispetto ad altri Paesi vicini.
Jalalabad – In questa città sono caduti i primi morti della contestazione contro il nuovo ordine stabilito, quando i taleban hanno sparato contro la folla che manifestava con la bandiera nazionale.
Khorasan – Così si chama la Wilaya (provincia) proclamata dal Daesh nel 2015. Dal 2017 a oggi, la filiale ha rivendicato un centinaio di sanguinosi attentati, anche a Kabul, e circa 250 scontri.
Lapislazzuli – Il commercio di questa pietra ha arricchito alcuni “signori della guerra” del Badakhshan, ma un’indagine ha rivelato che nel gioco si sono inseriti ultimamente anche i taleban.
Mullah – Questo titolo religioso, che significa “maestro”, è portato da molti esponenti taleban. Finita l’era del famigerato mullah Omar, sentiremo spesso parlare dei mullah Akhunzada e Baradar.
Nato – L’Allenza Atlantica ha gestito due operazioni in Afghanistan; prima l’Isaf (2001-2014) poi Sostegno risoluto (2015-2021). I militari della coalizione morti sono 3.232, tra cui 53 italiani.
Oppio – I taleban dicono di non voler trasformare il Paese in un narco-Stato ma, congelati i finanziamenti dell’Fmi, difficilmente avranno altro modo per sopravvivere senza la coltivazione dei papaveri.
Pashtun – È l’etnia maggioritaria del Paese con circa il 40 per cento della popolazione. Pashtun sono la maggioranza dei taleban, ma anche i tre “mediatori” locali: Karzai, Hekmatyar e Abdullah.
Qaeda – L’organizzazione di Zawahiri intrattiene da decenni stretti legami con i taleban. Si parla di 400-600 militanti presenti attualmente nel Paese, ma il loro numero potrà presto crescere.
Rifugiati – I Paesi occidentali, con poche eccezioni, si sono limitati ad accogliere il personale afghano che aveva lavorato con i propri contingenti. Il grosso dei rifugiati si riverserà nei Paesi confinanti.
Sharia – I taleban hanno chiarito che il loro sistema non sarà democratico, ma che rispetterà i diritti previsti nella legge islamica. Secondo la rigida interpretazione della scuola deobandi, sicuramente.
Tagiki – Rappresentano circa il 27 per cento della popolazione afghana. Ad essi appartiene Ahmad Massoud, figlio del leggendario “Leone del Panjshir”, che ora guida la resistenza contro il nuovo ordine.
Uzbeki – Costituiscono circa il 9 per cento della popolazione. Il loro leader storico, il generale Abdul-Rashid Dostum, vicino alla Turchia, è fuggito in Uzbekistan durante l’ultima offensiva dei taleban.
Vietnam – Solo un mese fa il presidente Usa assicurava che non sarebbe stato un altro Vietnam e che i taleban non avrebbero conquistato tutto. Non esiste, diceva Biden, “nessuna analogia, assolutamente”.
Wakhan – Il Corridoio di Wakhan sarà uno degli asset geopolitici di Pechino per accedere alle risorse minerarie afghane. La Cina non si fa certo scrupolo per qualche diritto umano calpestato.
X-Ray – Parecchi tra gli attuali leader taleban – come il mullah Mazloom – risultano essere degli ex detenuti al Campo X-Ray di Guantanamo, poi liberati o scambiati con prigionieri americani.
Yousofi – Un mese fa, la velocista Kimia Yousofi portava la bandiera afghana alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo. Ora è rifugiata in Iran, come i suoi genitori scappati durante il primo regno dei taleban.
Zalmay – L’artefice dell’accordo di Doha è Zalmay Khalilzad, un diplomatico americano di origini afghane. Nel 2018 aveva ricevuto l’incarico di trovare una “soluzione pacifica” al conflitto afghano.