Tutto in una notte. “La sera prima – ha raccontato un testimone – facevamo programmi e mettevamo in conto possibili incontri. Il mattino, tra noi e l’altra metà della città c’era un muro: da una parte resisteva la libertà e la democrazia era una certezza; dall’altra la dittatura comunista di stampo sovietico che non ammetteva libertà e se ne infischiava della democrazia”. Tutto nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. “In piena notte – ha scritto il cronista – nell’ovest squillò il telefono: era la polizia di Spandau; avvertiva che un treno dell’S-Bahn, la metropolitana sopraelevata di Berlino, era stato rimandato indietro: i passeggeri sono dovuti scendere, ed è stato restituito loro il biglietto”.
Erano le due del mattino e quello era il primo segnale che qualcosa di inedito stava avvenendo nella capitale tedesca. Da Alexander Platz, Erich Honecker, ancora sconosciuto ma destinato a diventare il dittatore, dirigeva le operazioni quale funzionario della Sed: nel giro di poche ore, le frontiere fra l’est e l’ovest della città, su ordine del presidente Walter Ulbricht, furono sbarrate con il filo spinato. Era il 13 agosto dell’anno 1961. Poco prima delle luci dell’alba nacque il Muro di Berlino. Oggi, 13 agosto 2021, a sessant’anni di distanza il mondo ricorda.
Dice la storia che “la decisione dei governi del patto di Varsavia di blindare l’area orientale della città, per evitare un dissanguamento – 1,6 milioni di berlinesi avevano già lasciato l’est per l’ovest – divenne la rappresentazione tangibile della “cortina di ferro” che divise il mondo nei due blocchi d’influenza sovietica e americana, durante la guerra fredda. Le conseguenze di quella scelta segnarono la storia. Berlino, la città dal “cielo diviso”, nella celebre definizione che titola il capolavoro di Christa Wolf, separò per decenni famiglie e amici, e costò la vita a tanti cittadini, che tentarono la via della fuga, in un’impresa via via sempre più pericolosa. Furono almeno 150 le vittime del Muro, cadute sotto i “tiri di precisione” esplosi dagli agenti dell’est.
Come è potuto accadere tutto questo? Basta rileggere la storia per rendersene conto. In quella scritta dall’Enciclopedia Treccani per i ragazzi si legge: “Pochi anni dopo la sconfitta della Germania nazista e la fine della Seconda guerra mondiale, la Germania fu divisa in due Stati. Era il 1949 e da un unico paese dove si parlava la stessa lingua nacquero due Stati diversi e nemici: a est la Repubblica Democratica, un regime comunista controllato dall’Unione Sovietica; a ovest la Repubblica Federale, un paese Democratico alleato delle potenze occidentali. Berlino si trovava nella Repubblica Democratica ed era anch’essa divisa in due parti, spartita a metà tra i due blocchi: la parte ovest era controllata dagli Occidentali (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti), la parte est dai Sovietici.
Per tutti gli anni Cinquanta il traffico tra Berlino Est e Berlino Ovest fu intenso: attraverso i varchi controllati dalle forze di polizia che si trovavano nel mezzo della città andavano e venivano giornalmente migliaia di persone. Moltissimi Berlinesi dell’Est lavoravano nella parte occidentale della città e visitavano parenti e amici che abitavano a ovest, o andavano al cinema se avevano abbastanza soldi. Ma moltissimi abitanti della Germania dell’Est abbandonavano il proprio paese, dove non c’era libertà, per fuggire a Berlino Ovest e di lì nella Germania Federale. Tra il 1949 e il 1961 fuggirono circa due milioni e mezzo di persone e i dirigenti della Germania dell’Est decisero che bisognava trovare un rimedio.
Per riprendere il controllo della situazione i dirigenti della Germania comunista decisero di isolare completamente Berlino dal resto del paese e di costruire un Muro che divideva la parte orientale da quella occidentale. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 cominciò la costruzione del Muro: la metropolitana di superficie e quella sotterranea furono interrotte, qualsiasi collegamento sospeso. Filo spinato, corrente ad alta tensione, cemento armato e torrette di controllo comparvero improvvisamente nel centro di Berlino, dividendo a metà scuole, palazzi, persino cimiteri. Da quel momento nessuno poté più passare a Ovest senza un regolare permesso. I primissimi giorni fu ancora facile per i Berlinesi dell’Est scappare dall’altra parte: ci fu persino chi, abitando nei palazzi che segnavano il confine tra i due settori, si buttò dalle finestre di casa prima che queste venissero murate.
Per tutto il periodo, detto della “guerra fredda”, e cioè fino al 1989, quando il Muro fu abbattuto, più di 5.000 persone riuscirono a scavalcarlo, moltissime furono arrestate e oltre 150 furono uccise. I tedeschi orientali ricorsero a ogni stratagemma per scappare: tunnel sotterranei, automobili con doppio fondo, teleferiche artigianali da un palazzo all’altro, mongolfiere. Ma i mezzi di controllo diventarono sempre più sofisticati e col passare del tempo divenne quasi impossibile oltrepassare il Muro perché le guardie avevano l’ordine di sparare a chiunque si avvicinasse alla terra di nessuno davanti al Muro.
Nella seconda metà degli anni Ottanta il blocco comunista in Europa mostrò evidenti segni di crisi. La politica riformatrice di Michail Gorbačëv, leader dell’Unione Sovietica dal 1985, favorì e accelerò il crollo dei regimi comunisti. A Berlino tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre 1989 centinaia di migliaia di abitanti manifestarono nelle strade invocando libere elezioni, libertà di stampa e di viaggiare. Mentre i dirigenti della Germania dell’Est cercavano di controllare e indirizzare le proteste della popolazione, il simbolo più sinistro della repressione venne preso d’assalto pacificamente dai Berlinesi dell’Est.
Nel tardo pomeriggio di giovedì 9 novembre gli abitanti della città iniziarono la conquista e l’abbattimento del Muro: da Est e da Ovest migliaia di persone si arrampicarono sul Muro per abbracciarsi, ballare, festeggiare. Preso a picconate, raschiato, martellato, il Muro mostrò i primi squarci e nel giro di alcune settimane si era trasformato in un cumulo di macerie”.
Oggi, sessant’anni dopo, ricordare significa stabilire che nessun muro e nessuna dittatura ha diritto di esistere. Trentadue anni fa, il 9 novembre 1989, quando sotto i colpi della libertà cadeva il muro, alla porta di Brandeburgo, insieme ai berlinesi che festeggiavano, c’era lo spirito di milioni di uomini e donne che speravano giorni nuovi e migliori. Di quel giorno conservo ricordi ma anche brandelli del muro raccolti e portati a casa perché fosse impossibile dimenticare. Allora sembrava impossibile la costruzione di altri muri. Invece, basta scorrere le pagine della cronaca per scoprire che di muri contro la libertà e la libera circolazione delle persone ne sono stati costruiti tanti altri, in ogni parte del mondo. A quando il loro definitivo abbattimento?
L. C.