Nel mondo ogni minuto 11 persone rischiano di morire di fame, quasi il doppio delle vittime provocate dal Covid 19 che uccide 7 persone al minuto. Lo dice un rapporto internazionale
che fotografa le cause e le dinamiche dell’aumento esponenziale della fame globale dall’inizio della pandemia: 155 milioni di persone in questo momento sono colpite da insicurezza alimentare o denutrizione, ossia 20 milioni in più rispetto all’anno scorso.
La guerra resta la prima causa della fame: 2 persone su 3 – quasi 100 milioni in 23 Paesi – vivono infatti in aree di conflitto. Oltre mezzo milione di persone in più nell’ultimo anno si trovano sull’orlo della carestia: un numero sei volte superiore rispetto a 12 mesi fa. All’impatto dei conflitti in corso, nonostante gli appelli alla riconciliazione, si aggiungono la crisi economica e il progressivo peggioramento dell’emergenza climatica. In più c’è il vertiginoso aumento della disoccupazione globale e le prolungate interruzioni nel ciclo della produzione alimentare – che in molti paesi si sono verificate nel corso del 2020 e dall’inizio dell’anno – hanno causato un aumento del 40% dei prezzi globali, il più alto degli ultimi 10 anni.
In questo quadro assume rilevante importanza il rapporto redatto da Focsvi, organizzazione non governativa italiana impegnata a portare aiuti alle terre più desolate. Emblematico il titolo dato al rapporto – “I padroni della Terra – Rapporto sull’accaparramento della terra 2021: conseguenze su diritti umani, ambiente e migrazioni” -, capace di di delineare i “volti delle migrazioni”. Il rapporto quest’anno è dedicato in particolare al land grabbing, ovvero il fenomeno dell’accaparramento delle terre. “Siamo a 93 milioni di ettari di terreno in mano agli speculatori del sistema estrattivista – scrive il Focsvi -, praticamente un territorio grande come Francia e Germania, che non conosce limiti nello sfruttamento”.
Perché la denuncia non rimanesse confinata tra le buone intenzioni di un giorno, i gruppi che hanno condiviso il rapporto Focsiv, hanno presentato una serie di richieste al Parlamento perché solleciti il Governo italiano ad impegnarsi e a prendere ulteriormente posizione su questi temi nei consessi internazionali, anche in vista del pre-summit delle Nazioni Unite in programma a Roma la prossima settimana. Marina Sereni, vice ministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, concludendo i lavori, ha ricordato l’impegno ultradecennale dell’Italia in materia di cooperazione internazionale allo sviluppo e come resti prioritario il tema della sostenibilità agricola e della sicurezza alimentare, così come della promozione e della ricerca, coerentemente con gli obiettivi della sostenibilità.
Ovviamente, ma è opinione personale, la vice-ministra poteva dire di più. Per esempio, poteva approfondire il grido di dolore proveniente dalle popolazioni che abitano terre sottomesse al volere degli affari, ragionare sul diritto di tutti a possedere la terra, denunciare i soprusi che mortificano, qui e altrove, soprattutto dove fame e miseria sono compagne quotidiane dell’esistenza di milioni di persone, le “attese della povera gente”. Avrebbe potuto farlo leggendo o rileggendo quel che Giorgio La Pira aveva scritto nel 1951 in un prezioso e attualissimo libretto, un “vero e proprio manifesto a difesa del diritto del lavoro per tutti e di lotta organica contro miseria e disoccupazione”, la cui edizione originale il Presidente del Parlamento Europeo Davide Sassoli ha donato a papa Francesco al termine dell’udienza del 26 giugno scorso.
Nel frattempo, “le attese della povera gente” sono state ulteriormente mortificate alla pandemia. Un rapporto Onu, vero-disturbante-inquietante e quindi assai poco letto, dice infatti che “la pandemia ha accentuato le disuguaglianze e allargato il divario tra i Paesi ricchi e quelli poveri, nonostante gli sforzi messi in campo per garantire forme di protezione sociale. Secondo il rapporto “i Paesi ricchi, per attutire gli effetti economici del Covid hanno speso 212 volte di più rispetto ai Paesi poveri per l’assistenza pro capite”. In pratica, a livello globale, sono stati investiti in politiche di protezione sociale 2.900 miliardi di dollari, ma solo 379 miliardi di dollari sono stati spesi dai Paesi in via di sviluppo. E mentre le Nazioni ad alto reddito hanno devoluto una media di 847 dollari pro capite di aiuti, i Paesi a medio reddito hanno speso in media solo 124 dollari pro capite; in quelli a basso reddito, l’importo assegnato alla protezione sociale totale pro capite non ha superato i 4 dollari; in 41 dei Paesi analizzati e sulla base dei dati disponibili, il rapporto evidenzia come l’80% delle persone che sarebbe sceso al di sotto della soglia di povertà, calcolata in 1,90 dollari al giorno, è sfuggita alla fame solo grazie a misure di assistenza sociale.
Giorgio La Pira diceva che le povertà non vanno nascoste ma gridate, perché il mondo sappia e gli uomini e le donne di buona volontà vi pongano rimedio.
L. C.