Sulle nostre teste aleggia da tempo un’enorme nuvola nera. Minacciosa. Gravida di pioggia e portatrice di tempesta. Il vento potrebbe spazzarla via. O trasformarla in un tornado, una tromba d’aria, un ciclone tropicale. Nel primo caso potremmo gridare al miracolo e tirare un bel sospiro di sollievo. In tutti gli altri casi dovremo cercare rifugio e prepararci a contare i danni, inevitabilmente pesanti. Peccato che chi dovrebbe porsi il problema non sembri preoccuparsene più di tanto: è troppo preso con la campagna elettorale (o con gli ultimi bagni al mare). Eppure i segnali d’allarme non mancano: il prezzo del gas è decuplicato rispetto a un anno fa, l’inflazione galoppa come Varenne, le bollette dell’energia elettrica sono schizzate alle stelle, il costo della benzina è tornato a puntare i due euro al litro dopo una tregua durata solo poche settimane.
«L’Italia ha davanti a sé uno dei momenti più difficili dal Dopoguerra. La situazione è molto grave, non si perda tempo», ha messo in guardia Confindustria nella denuncia-appello lanciata a tutti i partiti politici acquistando intere pagine di giornale. Se fosse solo un problema di prezzi sarebbe una delle tante crisi che ciclicamente colpiscono l’economia. In realtà, c’è molto di più: stavolta il rischio è assoluto e presto per molte imprese (di conseguenza per i loro fornitori, i loro clienti e tutti i loro dipendenti) le difficoltà di far quadrare i bilanci potrebbero diventare una questione di sopravvivenza. Perché l’aumento dei costi fino a un certo punto si può tamponare riducendo i margini di profitto o alzando il prezzo del prodotto finale. Ma alla mancanza di materie prime o dell’energia indispensabile per far funzionare gli impianti non c’è rimedio.
Ed è proprio questo ciò che rischiano l’Italia, l’Europa e le maggiori economie dell’Occidente: il black out totale. Colpa della guerra in Ucraina, certo. Ma anche di troppi furbi, furbetti e speculatori. Come gli investitori delle Borse internazionali che – ha denunciato il Financial Times – scommettono sul default del nostro Paese, giudicandolo il più fragile dell’area Ue a causa dell’instabilità politica e della forte dipendenza dal gas russo. Tecnicamente alcuni hedge fund stando vendendo allo scoperto obbligazioni italiane a 10 anni attraverso i cosiddetti «derivati», qualcosa di simile alle speculazioni che nel 2018 portarono all’esplosione dello spread e alle conseguenti dimissioni del Governo Berlusconi. Come difendersi? Come possono mettersi al riparo dalla tempesta i risparmiatori e lo Stato con il più alto tasso di evasione fiscale in Europa e il sesto debito pubblico al mondo in rapporto al Pil? Difficile chiedere la risposta al cittadino medio. Ma il vero problema è che sul da farsi sono divisi perfino gli esperti più noti e autorevoli.
Solo alcune sere fa, per esempio, Giulio Tremonti – già quattro volte ministro dell’economia e delle finanze e principale candidato allo stesso ruolo nel futuro Governo Meloni – intervistato dal Tg2 ha dichiarato papale papale che «per fronteggiare l’emergenza va fatto l’esatto contrario di ciò che ha fatto finora Mario Draghi» (stupore relativo, è vero: in fondo Fratelli d’Italia, il partito per cui Tremonti si candida, è stato l’unico all’opposizione del Governo di unità nazionale…). Nel corso dello stesso Speciale Elezioni, un altro «esperto» come l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dichiarato che «la soluzione c’è già» ed è rappresentata dalla lista di richieste che il mese scorso il M5S aveva presentato a Draghi e – nel momento in cui è stato respinto – ha portato alle elezioni anticipate. Quella stessa, miracolosa ricetta è stata definita da Carlo Calenda «una lista della spesa degna di Pluto o Paperino, redatta da uno scolaro delle elementari».
Di fronte a posizioni tanto distanti è impossibile capire chi abbia ragione e chi no per noi comuni mortali, sprovvisti di una laurea in alta finanza, economia internazionale o gestione di bilanci dello Stato. La sgradevole sensazione è di ritrovarsi come all’inizio della pandemia Covid-19, quando gli esperti di turno (virologi, infettivologi, epidemiologi e scienziati vari) nei salotti tv si dividevano sull’utilità delle mascherine o su rischi e vantaggi delle vaccinazioni, proponendo di volta in volta certezze destinate a essere smentite in poche ore, ricette diverse, se non addirittura soluzioni diametralmente opposte. Uno spettacolo deprimente, che aveva contribuito a creare confusione, al diffondersi delle teorie più strampalate sulla gestione del virus e alla diffusione delle assurde posizioni No Vax. Ora i rischi sono diversi, ma le conseguenze del caos possono essere altrettanto devastanti. Senza certezze o una rotta precisa, si rischia di andare a sbattere. O di finire nell’occhio del ciclone. Prospettiva tutt’altro che remota. Per rendersene conto basta alzare gli occhi al cielo e guardare l’enorme nuvola che da tempo aleggia sulle nostre teste. Sempre più nera. Sempre più minacciosa.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”