Editoriale

Il voto è mio e lo gestisco io…

Peccato che i numeri del Lotto arrivino solo fino al 90, altrimenti la quaterna vincente sulla ruota di Roma era bell’e che servita: 98, 70, 42, 11. Novantotto candidati per Fratelli d’Italia, settanta per la Lega, quarantadue per Forza Italia, undici per i centristi di Noi con l’Italia e Coraggio Italia. Manuale Cencelli e sondaggi alla mano, in settimana le diverse anime del centrodestra si sono spartite così i 221 collegi uninominali alle elezioni Politiche del 25 settembre.

Il numero degli eletti naturalmente non sarà lo stesso, perché per ora si parla solo di candidature e — anche se il centrodestra parte stra-favorito — qualche seggio lo otterranno pure il centrosinistra e ciò che resta del M5S dopo la scissione di Di Maio e la conferma del limite del doppio mandato (secondo le ultime stime dell’istituto Cattaneo gli uni e gli altri al massimo potranno ottenere un terzo dei seggi uninominali in palio). Non solo: la spartizione dei collegi fra le diverse anime del centrodestra finora ha riguardato i numeri (tot collegi a Fdi, tot alla Lega, tot a Fi….) ma non tutti i collegi sono uguali.

Ci sono quelli sicuri, quelli probabili, quelli incerti, quelli difficili e quelli impossibili da conquistare. In alcuni si vince a colpo sicuro, in altri non si ha alcuna possibilità di farcela. A prescindere. Per questo, a due mesi dal voto il numero effettivo degli eletti di ogni partito si può immaginare con approssimazione, ma non stabilire con certezza. Dipenderà tutto dalle scelte degli elettori, ovviamente, ma nei collegi uninominali a fare la differenza sarà anche la fase 2 delle trattative, quella necessaria per selezionare i candidati e la loro…. collocazione geografica. Perché un conto è presentarsi nelle valli bergamasche o in Calabria, un altro a Roma o al Mugello. E in questo gioco di posizionamento è facile immaginare che Matteo Salvini — grazie ai buoni uffici di Roberto Calderoli, massimo esperto nazionale di voti e preferenze — cercherà di piazzare i suoi candidati nei collegi «giusti», con l’evidente obiettivo di contenere la prevedibile avanzata di Giorgia Meloni, l’alleata-rivale forse meno avvezza di lui alle alchimie preelettorali.

E Silvio Berlusconi? In questo momento è l’anello debole della catena e si accontenterà di contenere i danni. Certo che è davvero singolare come gli scenari possano cambiare da un’elezione all’altra: l’ultima volta dalle urne delle Politiche uscì una maionese impazzita. Nessuna coalizione raggiunse la maggioranza assoluta, tanto che nella primavera 2018 servirono quasi tre mesi per formare un Governo, con l’inedita intesa fra il Movimento 5 Stelle e la Lega in libera uscita dal centrodestra. Il contratto gialloverde durò 461 giorni, fino al Papeete e al ribaltone giallorosso: Salvini, che sognava le elezioni anticipate, si ritrovò all’opposizione del governo Conte II, sostenuto da M5S e Pd. Come siano andate a finire le cose è risaputo: prima è stato necessario un Governo di unità nazionale, poi (è storia recente) è venuta meno la fiducia a Mario Draghi e si è reso necessario un nuovo ricorso alle urne.

Inutile ogni appello alla responsabilità da parte di intere categorie economiche (industriali, agricoltori, artigiani, commercianti…), dei vescovi, dei sindaci, dei sindacati, delle associazioni di volontariato, di gran parte dell’opinione pubblica. La voglia di elezioni ha preso il sopravvento e il vento dei sondaggi soffia talmente forte nelle vele del centrodestra che — ancor prima di presentare le liste elettorali — i partiti si stanno già spartendo i ministeri: gli Interni a Salvini, gli Esteri a Tajani, la Difesa a Crosetto, le Finanze a Tremonti, la Sanità a Sileri, Palazzo Chigi alla Meloni… Una fuga in avanti che non ha precedenti.

Non è detto, però, che tanta premura sia un difetto. Anzi. Le urgenze nazionali e le scadenze internazionali sono talmente numerose e talmente gravi (crisi energetica, inflazione, guerra russo-ucraina, pandemia, bilancio statale da approvare e fondi Pnrr da mettere al sicuro…) che dopo l’apertura delle urne non ci sarà un solo giorno da perdere: da questo punto di vista, un Governo «chiavi in mano» sarà l’ideale, perché potrà mettersi subito al lavoro, attenuando le conseguenze di una crisi politica aperta nel momento meno opportuno. Sempre che i sondaggi si rivelino attendibili, ovviamente…

MARCO BENCIVENGA

Direttore “La Provincia di Cremona”

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