Editoriale

La lezione delle olive di Caionvico

Di fatti e misfatti son piene le strade. Di alcuni, grazie ai giornali, si conoscono sospiri e pensieri; di altri neppure se siano effettivamente accaduti. Se però credete sia l’importanza di ciò che accade a far scrivere e pubblicare la cronaca dell’evento, siete degli illusi. Infatti, finisce in cronaca il peggio – incidenti, delitti, villanie, liti, denunce, offese, querele, virus, pandemie, naufragi, salvataggi, arrembaggi, abbandoni, tradimenti, coltellate, cadute, terremoti, nubifragi, frane, straripamenti, incendi, furti, imbrogli, cadute, attentati, bombe e qualunque altra cosa possa avere attinenza con vizi e cattive virtù – resta nell’anonimato (o quasi) l’opposto, quello che ho elencato nel peggio e che è solo una parte di ciò che appare. Ciò non impedisce che il buono emerga, faccia il giro delle contrade e diventi notizia di cui godere il senso e gustare la sostanza.

Per esempio, quel che è andato in scena domenica scorsa a Caionvico, frazione di Brescia che guarda dal basso la Maddalena, senza spettatori e senza cronisti per raccontarlo, è lodevole, buono, un bel modo per raccogliere quel che altrimenti andrebbe perduto e trasformarlo in qualcosa di utile. Per riferirla come me l’hanno raccontata, la notizia è questa qui: nella frazione, luogo ameno per abitarci sebbene perda progressivamente i cosiddetti “comuni servizi” – bar, caffè, trattorie, negozi di alimentari, panificio, merceria, barbiere e via discorrendo -, un gruppo di amici, di quelli che credono ancora che la solidarietà si una virtù da praticare piuttosto che da proclamare, vista la quantità di piante di ulivo disseminate tra giardini, broli e orti, tutte cariche di frutti, prova a scuotere la sensibilità dei proprietari proponendo a ciascuno di consentire la raccolta delle olive di loro pertinenza per destinarle a un fondo solidale che provvederà a raccoglierle e a trasformarle in “olio di oliva extra vergine della comunità”. La proposta raccoglie notevoli consensi e il gruppo che di improvvisati ma generosi raccoglitori di olive, che in don Paolo (il curato festivo) e in Lino Alberti (motore del volontariato locale) hanno i necessari punti di riferimento, dedica ben due fine settimana a mettere in cassetta il frutto di centinaia di piante solitarie. La natura è generosa e le cassette si riempiono in fretta, tanto in fretta che è necessario chiederne in prestito altre. Avvicinandosi la conclusione della felice iniziativa, incontrando il vescovo Pierantonio, a don Paolo punge vaghezza di invitarlo a Caionvico per concludere la miracolosa raccolta delle olive. Domenica scorsa, 18 ottobre, puntuale come solo i curiosi possono esserlo, il vescovo è arrivato, si interessato del lavoro svolto, ha chiacchierato amabilmente con chiunque lo avvicinava, salutato a destra e manca, ha pesato con gli occhi la massa di olive raccolte e, dopo un breve e obbligato conciliabolo con il parroco, è entrato in chiesa per unirsi ai volontari e agli amici presenti per certificare la buona riuscita della raccolta benefica e con loro cantare, pregare, meditare e riflettere sull’olio che diventa mezzo di condivisione, pane da distribuire generosamente, viatico per chi soffre, aiuto a chi si trova in difficoltà. “Avete raccolto olive generosamente messe a disposizione – ha detto il vescovo prima di benedire il raccolto – da persone normalissime e con altrettanta generosità avete lavorato e lavorerete perché l’olio della comunità si trasformi in aiuti per chi soffre e ha bisogno di sentirsi amato. Grazie per quello che avete fatto, ma anche, grazie per avermi coinvolto”. Adesso che le olive sono state spremute e mentre l’olio riposa in attesa di diventare condimento per coloro che vorranno acquistare le piccole bottiglie etichettate con la dicitura “Olio della comunità di Caionvico”, la notizia raccontata – ora trascritta e messa in rete – sollecita alcune riflessioni. Una riguarda le buone notizie, che purtroppo, almeno secondo le regole del sensazionalismo, del piagnisteo, del pettegolezzo e dell’ovvietà, più sono buone e meno ottengono spazio e visibilità; un’altra si riferisce alla capacità di essere generosi senza se e senza, cosa che per qualcuno è impossibile, ma che per molti è norma di vita quotidiana. Una terza riflessione sollecita attenzione e gratitudine verso chiunque abbia a cuore il bene di chi condivide i suoi passi, il suo territorio, il suo cortile o la solita piazza. L’ultima riflessione è racchiusa in una domanda: quel a Caionvico ha coinvolto ragazzi, giovani, genitori, nonni, preti, mangiapreti, fedeli, cristiani convinti o solo occasionali, può essere considerato la risposta all’invito a essere “fratelli tutti”, tutti impegnati a costruire un mondo migliore? Perché nessuno pensi che questa domanda è di quelle senza risposta, io rispondo sì: quel che è stato fatto a Caionvico può essere rifatto dieci, cento, mille volte, perché più volte sarà ripetuto, più numerose saranno le occasioni per aiutare il mondo a essere davvero migliore.

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