Fra due settimane esatte torneremo alle urne per rinnovare il Consiglio e la Presidenza della Regione Lombardia. L’appuntamento è quasi imminente, ma l’assottigliarsi del countdown non sembra scaldare più di tanto i cittadini elettori. I giornali ne parlano, sì; i candidati alla carica di governatore incontrano le categorie economiche e si affacciano nei programmi tv; qualche aspirante consigliere si autopromuove su Facebook, ma nel complesso nulla sembra scaldare il cuore della gente comune. Qualcuno di voi ha sentito parlare delle Regionali al bar, in ufficio o nelle cene fra amici?
Solo quattro mesi fa ben altro fermento aveva preceduto le elezioni Politiche, quelle che hanno prodotto due importanti svolte: la prima maggioranza di destra-centro nella storia del Parlamento repubblicano e la prima volta di una donna a Palazzo Chigi. Pur essendo «fuori stagione», lo scorso settembre la campagna elettorale era stata accesa, a tratti vibrante. Ciò nonostante, dopo 40 giorni di faccia a faccia, incontri e comizi elettorali l’affluenza alle urne aveva toccato il minimo storico: 64%. In pratica un elettore su tre era rimasto a casa. Considerata l’aria che tira ora, alle Regionali del 12 e 13 febbraio c’è il rischio che tale percentuale possa risultare ancora più bassa.
E il sospetto è che a qualcuno la prospettiva in fondo non dispiaccia più di tanto, perché un alto tasso di astensione potrebbe cambiare gli equilibri del consenso oggi previsti dai sondaggi. Fosse vero, indipendentemente dal beneficiario, sarebbe molto triste, perché stiamo parlando di scegliere chi nei prossimi cinque anni guiderà la prima regione d’Italia per popolazione residente (quasi 10 milioni di cittadini, contro i 5,7 del Lazio, i 5,6 della Campania, i 4,8 del Veneto e, giù giù, fino ai 123 mila abitanti della cenerentola Valle d’Aosta).
Non solo. Con 365 miliardi di «fatturato», la Lombardia è nettamente la prima regione d’Italia per Pil (al secondo posto il Lazio, con 186 miliardi, poi il Veneto con 152) e se fosse uno Stato sovrano sarebbe il 16° su 47 in Europa, davanti a interi Paesi come la Repubblica Ceca, la Romania, il Portogallo e la Grecia, sei volte il prodotto interno lordo della Bulgaria o della Croazia, venticinque volte il Pil dell’Albania.
Può una simile potenza demografica ed economica – la celebre «locomotiva d’Italia» – essere governata da un Presidente e da un Consiglio privi di un adeguato sostegno popolare? La risposta è ovvia. Ai candidati di qualsiasi parte e colore (il governatore uscente Attilio Fontana per il centrodestra, l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino per il centrosinistra, l’ex vicepresidente della Regione Letizia Moratti per il terzo polo e la sociologa Mara Ghidorzi per l’Unione Popolare) restano due settimane per scongiurare un simile pericolo.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”