Il presidente Mattarella lo ha «suggerito». La stragrande maggioranza degli italiani lo ha invocato. L’Unione Europea lo ha ammesso al tavolo dei grandi con rispetto, ammirazione e sollievo. Mario Draghi è a tutti gli effetti il nuovo campione della politica italiana e internazionale: il 13 febbraio è diventato presidente del Consiglio e mai nessuno, prima di lui, aveva suscitato tali e tante aspettative. Mai nessuno era entrato a Palazzo Chigi con un soprannome da supereroe. E mai nessuno era stato investito di simili responsabilità in un momento tanto difficile per il Paese, con i partiti incapaci di tenere la rotta, l’economia in ginocchio a causa della pandemia e, in prospettiva, l’esigenza-urgenza di mettere al sicuro un intero popolo con la più grande campagna vaccinale mai organizzata nella storia.
SuperMario ha avuto questo onore e questi oneri, ma non si è fatto intimorire. Anzi. Pur non potendo contare su un autentico sostegno politico (gode della più ampia maggioranza parlamentare che un presidente del Consiglio abbia mai avuto, è vero, ma non ha voti suoi né fedelissimi pronti a morire per lui), Draghi si è preso sulle spalle un’enorme responsabilità e a sette mesi di distanza è ancora più forte di prima. Lo dimostra la firma che ha messo in settimana sul decreto che cambia il paradigma della lotta al Coronavirus, imponendo a tutti i lavoratori l’obbligo del Green pass: dal prossimo 15 ottobre, in sostanza, nessun italiano potrà più lavorare a contatto con altre persone se non risulterà vaccinato o negativo a un tampone.
Il provvedimento era invocato da più parti (le Regioni, Confindustria, perfino i sindacati…), pone l’Italia all’avanguardia mondiale nella lotta al Covid, ma era tutt’altro che scontato a fronte di una chiassosa minoranza di contrari. Draghi non si è fatto condizionare dal rumore della piazza e, per ottenere un simile risultato, ha messo sul piatto le uniche carte vincenti di cui dispone: il suo prestigio personale e il bene supremo del Paese. Nessun altro sarebbe riuscito nell’impresa: solo lui.
A sorprendere, semmai, è che qualcuno si sorprenda. Perché Draghi sta facendo semplicemente… Draghi, il leader che prende decisioni e se ne assume la responsabilità. «Costi quel che costi», direbbe lui (in inglese). Qual era il bivio per il Paese dopo 19 mesi di pandemia? Tirare a campare, sperare nella provvidenza, fingere severità, ma – sotto sotto – evitare lo scontro con i No Vax, che sono pochi, ma fastidiosi. Oppure prendere il toro per le corna, tapparsi le orecchie e andare dritto al punto: «Cosa serve per scongiurare un nuovo lockdown?», si è chiesto il presidente del Consiglio. «Fermare i contagi ed evitare il diffondersi delle varianti», gli hanno risposto gli esperti. E allora sia, senza esitazioni: Green pass per tutti, e non se ne parli più.
Un colpo di Stato? Un golpe? Un abuso di potere? No, semplicemente Mario Draghi ha preso atto del fatto che la stragrande maggioranza degli italiani è favorevole al vaccino (lo dimostra il numero dei vaccinati: 41 milioni di cittadini con più di 12 anni, pari al 76% del totale) e ha stabilito che tocca alla minoranza adattarsi, non il contrario. Semplice. Logico. Coerente. Come solo un manager abituato a confrontarsi con i numeri (e non con i facili consensi) sa fare. Questo significa «whatever it takes»: a qualunque costo. E questo ha fatto SuperMario, in apparenza rischiando il tutto per tutto, in realtà scegliendo con grande astuzia il momento giusto per piazzare la zampata vincente: quale partito si sarebbe assunto la responsabilità di far cadere il Governo o di stoppare un provvedimento chiesto dalla propria base elettorale a tre settimane dalle Amministrative?
Alla fine anche i più riottosi si sono dovuti adeguare. E Draghi ha imposto la sua linea, la scelta di cui è convinto. Forse non sarà un esperto di sottoboschi e sotterfugi della politica, ma un eccellente stratega sicuramente sì.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”