Editoriale

Oggi sapremo che faccia hanno i candidati…

Di corsa verso le elezioni. Entro le ore 20 di oggi chi può (erano centouno i pretendenti, tanti si sono persi per strada per mancanza di requisiti o per requisiti farlocchi) deve depositare, quali che siano e quali siano gli umori accatastati nei giorni scorsi, le liste dei candidati. Non saranno liste facili, di facile lettura e di felice comprensione, voglio dire. Infatti, dire che le liste rispecchiano il disordine messo in evidenza dalle forze politiche, è purtroppo sottolineare la realtà. Ho visto entrate ed uscite repentine e repentini voltafaccia: tutta colpa del sistema elettorale? Di certo è colpa del meccanismo che prevede e ammette le pluri-candidature. È vero che la legge elettorale attuale (il cosiddetto Rosatellum), anche sulla scia delle considerazioni della nota sentenza della Corte Costituzionale (n. 35/2017) sul cosiddetto Italicum, ha migliorato quanto prevedeva sul punto la legge precedente (il cosiddetto Porcellum), ma il nodo resta irrisolto.

Forse sfugge all’attenzione dei più, ma vuol dire che alcuni candidati possono presentarsi in più liste proporzionali (cioè nei collegi plurinominali), fino a un massimo di cinque, oltre alla possibilità di competere anche in un solo collegio uninominale. Addirittura, dove un candidato sfruttasse al massimo questa facoltà, potrebbe presentarsi agli elettori di 6 diversi collegi: in uno, come candidato per il sistema maggioritario, negli altri cinque, in liste a elezione proporzionale. Si potrebbe dire che il meccanismo è messo in circolo anche per favorire i partiti minori, spesso più in difficoltà nel trovare candidati in tutti i collegi a livello nazionale. Resta il fatto un utilizzo disinvolto della norma, si traduce in una sorta di inganno per gli elettori, affievolendo il legame che li lega (o dovrebbe legarli) agli eletti, oltre che in una ‘furberia’ per assicurare a certi candidati un seggio in Parlamento, scalfendo nuovamente il rapporto di fiducia tra elettore ed eletto. Ragion per cui, un candidato bocciato nel collegio uninominale, potrebbe bellamente e comunque essere eletto in Parlamento grazie al sostegno di una lista proporzionale, magari in diverso collegio. Oppure, un candidato che si presenta in liste proporzionali di cinque diversi collegi, essendo poi necessariamente eletto solo in uno (per la legge, quello nel quale la lista cui appartiene ha ottenuto la minore percentuale), di quale comunità di sentirà espressione? A quale elettore potrà dire, io ti rappresento? E gli altri, che pure lo hanno sostenuto, non si sentiranno un poco traditi?

E’ vero che costoro, benché eletti, si porteranno a spasso l’etichetta di candidato rifiutato dal suo elettorato, ma in fondo, chi se ne importa! Attorno al tema ha ragionato ieri Marco Bencivenga, direttore de “La Provincia di Cremona”, nel suo editoriale. Riferendosi al clima respirato nella città del torrazzo e del torrone, Bencivenga racconta quello che succede dalle sue parti e che, cambiando i nomi e i luoghi (il che conferma come la storia si ripeta uguale) succede altrove. Leggere aiuta a comprendere e comprendere è il primo passo per evitare di andare a votare. Vale per me, ma anche per chiunque abbia a cuore il destino della città dell’uomo.

LUCIANO COSTA

 

Ma il candidato, dove lo metto?

Nel Risiko – versione bellica del più pacifico Monopoli – schierare le proprie truppe nella miglior posizione possibile prima di lanciarsi all’attacco è il fattore decisivo per conquistare gli obiettivi designati e vincere la partita. Qualcosa di simile hanno fatto in settimana – e stanno facendo in queste ore – i partiti che parteciperanno alle elezioni Politiche del 25 settembre. Il rito si ripete a ogni appuntamento con le urne; mai come stavolta, però, il posizionamento dei candidati nei diversi collegi farà la differenza, tanto che a un mese dal voto gli esperti sono già in grado di prevedere nome e cognome di gran parte dei futuri eletti e gli stessi candidati hanno esultato (o imprecato: dipende dai casi…) quando hanno scoperto in quale casella compariranno sulla cartina del voto.

L’ex sindaco di Crema Stefania Bonaldi, per esempio, non ha nascosto l’irritazione per una candidatura «dall’esito quasi impossibile» nella lista Pd per la Camera (sarà al terzo posto del listino proporzionale, alle spalle della capolista Simona Malpezzi, milanese, capogruppo del Pd in Senato, e di Alfredo Bazoli, bresciano, deputato uscente). “Il punto non è se sono soddisfatta, ma se il mio contributo può essere utile considerata la posta in gioco, che non è la sopravvivenza del Partito Democratico, ma del nostro intero sistema di valori”, ha precisato l’ex sindaca, spiegando le ragioni per cui ha accettato la candidatura pur sapendo che “le possibilità di essere eletta sono modeste”. Semmai, ha eccepito, è da contestare la “diffusa frustrazione del principio di territorialità”, nel suo partito, come in quasi tutti gli altri. Storia vecchia: nelle precedenti elezioni Politiche (2018) era toccato al coordinatore provinciale di Forza Italia, Mino Jotta, protestare contro la “forte penalizzazione del territorio cremonese, a favore di Mantova, senza alcuna possibilità di elezione per un rappresentante locale”. Le urne avrebbero confermato la sua fosca previsione e di fronte a una simile prospettiva Jotta — a differenza di Bonaldi — rinunciò alla candidatura.

Reazione diversa, denuncia identica: nel mirino, i cosiddetti «paracadutati», personaggi di spicco cui ogni partito garantisce un seggio sicuro, dove può. La pratica ha un senso politico, ma sfavorisce inevitabilmente i territori più deboli, a maggior ragione ora che, in seguito alla riduzione del numero dei parlamentari, i collegi elettorali sono stati allargati a dismisura: il «Lombardia 3» per il Senato, che nel plurinominale vale 6 seggi, per esempio, comprende ben quattro province (oltre a Cremona, Mantova, Bergamo e Brescia), pari a oltre 3 milioni di abitanti, e il collegio «Lombardia 4» per la Camera, che assegna 7 seggi, ne conta addirittura sei (Cremona, Lodi, Pavia e Mantova, più 11 Comuni della città metropolitana di Milano e 10 Comuni della provincia di Brescia) per oltre un milione e mezzo di residenti. Va da sé che in collegi tanto grandi non ci sia posto e rappresentanza per tutti, pur aggiungendo gli otto seggi di Camera e Senato messi in palio dai collegi uninominali, che hanno confini geografici simili, ma non identici.

Alle elezioni del 2018, nei collegi di cui fa parte Cremona i paracadutati eccellenti (anzi, le paracadutate) furono tre: Maria Elena Boschi (toscana di Montevarchi, fedelissima di Matteo Renzi, allora nel Pd, oggi in Italia Viva), Daniela Santanchè (piemontese di Cuneo che lavora fra Roma, Milano e Forte dei Marmi, coordinatrice lombarda di Fratelli d’Italia) e Isabella Rauti (romana, moglie dell’ex Ministro ed ex sindaco della capitale Gianni Alemanno, ma soprattutto figlia di Pino, l’ex segretario nazionale dell’Msi). Tutte e tre furono elette, come da copione. L’unica «consolazione» per il territorio fu la rinuncia al seggio da parte della Boschi (candidata vincente anche nel collegio di Bolzano), che aprì le porte al ripescaggio del secondo classificato, il cremonese Luciano Pizzetti.

Stavolta, oltre a Malpezzi, in uno dei collegi «sicuri» di cui fa parte Cremona potrebbe atterrare Giulio Tremonti (nato a Sondrio, politicamente mutevole, visto che di elezione in elezione ha indossato la maglia di Psi, Alleanza Democratica, Patto Segni, Forza Italia e Lega Nord e ora si ripresenta con Fratelli d’Italia). In alternativa ci sarà la «solita» Santanchè (il dubbio si scioglierà fra poche ore, quando la leader del partito, Giorgia Meloni, avrà riempito le ultime caselle e annuncerà le sue scelte).

Altri nomi forestieri saranno in lizza nelle varie liste. In compenso, per una volta Cremona «esporterà» un candidato: l’economista Carlo Cottarelli, in corsa qui, nel collegio uninominale per il Senato a cavallo con Mantova, ma anche a Milano, come capolista del Pd nel collegio proporzionale, sempre per il Senato. Alla fine quanti saranno i senatori e i deputati cremonesi eletti nel prossimo Parlamento? Sicuramente meno degli attuali. Ed è un vero peccato per una provincia non grande, ma che vale molto ed esprime figure di primo piano nel mondo delle associazioni, come il presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi e il suo delfino Lombardo Francesco Buzzella (entrambi di Crema) o i leader regionali di Confagricoltura (Riccardo Crotti da Capergnanica) e Cna – Confederazione nazionale dell’artigianato (Giovanni Bozzini da Scandolara Ravara).

Per contare nelle scelte di un Paese ci sono molti modi e molte strade, è vero. Ma — checché se ne dica — sedere in Parlamento resta il più diretto e prestigioso. Restarne fuori non è mai un vantaggio.

MARCO BENCIVENGA

Direttore “La Provincia di Cremona”

Altri articoli
Editoriale

Potrebbero interessarti anche