Qualche giorno fa, alla chetichella, s’è diffusa la notizia del passaggio, non consenziente, della rassegna zootecnica forse più importante d’Italia da Cremona a Montichiari. Attori di questa nuova impostazione due bresciani ben conosciuti – Ettore Prandini, potente presidente della Coldiretti nazionale e Fabio Rolfi, un leghista che da nessuno è diventato qualcuno e che adesso veste i panni di assessore regionale -, quindi abili nel trattare e ancor di più nel decidere. Ieri il direttore de “La Provincia di Cremona” Marco Bencivenga, che ci onora della sua collaborazione, ha dedicato il consueto fondo domenicale proprio alla spinosa questione. “Cremona ha ragioni da vendere – ha scritto Bencivenga – ed è pronta a farle valere”. Nell’attesa, suggerisco di leggere il fondo, magari per capire cosa sottende e, soprattutto, perché attorno alla questione si son spese, da parte bresciana, così poche righe. (L. C.)
Zootecnia in mostra: Cremona contro Montichiari…
La decisione di Anafij e Coldiretti (due associazioni di categoria forti e influenti/ndr) di trasferire a Montichiari, in provincia di Brescia, la storica Mostra nazionale del bovino da latte nata e cresciuta all’ombra del Torrazzo rappresenta l’ultimo caso di quella vocazione all’autolesionismo che già in passato ha provocato gravi danni al territorio cremonese. L’autolesionismo di chi è disposto a tutto, pur di perseguire i propri interessi. «Costi quel che costi», direbbe Mario Draghi, se non fosse che l’attuale presidente del Consiglio quando era governatore della Banca Centrale Europea pronunciò il celebre grido di battaglia («whatever it takes») per difendere l’Euro e l’Italia dagli speculatori internazionali, mentre oggi l’obbiettivo di Anafij e Coldiretti non è il bene comune, lo sviluppo del sistema Cremona nel suo complesso, ma il vantaggio di una singola parte. Una vittoria di Pirro, un autentico autogol per l’intero territorio provinciale, senza capire che il passo biblico «muoia Sansone con tutti i Filistei» è una consolazione da perdenti, perché si conclude senza vincitori, né di qua né di là: solo morti e sconfitti su entrambi i fronti. Nel caso del trasloco della Mostra del Bovino a Montichiari il rischio è proprio questo: che l’intero sistema Cremona finisca per subire danni gravissimi da una scelta scellerata, dettata più dall’ego di qualcuno che da reali necessità o prospettive di successo. Una prova di forza, più che un progetto a lungo termine. Non a caso Comune di Cremona, Camera di Commercio, Provincia e CremonaFiere non appena l’annuncio è diventato ufficiale hanno subito condiviso un documento unitario in cui definiscono la decisione di Anafij e Coldiretti «inspiegabile».
Il sindaco Gianluca Galimberti ha parlato apertamente di scelta «sbagliata e miope»; il presidente della Provincia, Mirko Signoroni, di «grave danno per l’economia locale»; il commissario della Camera di Commercio di Cremona, Giandomenico Auricchio, di boomerang che «finirà solo per favorire i competitor degli allevatori cremonesi sul mercato internazionale». Severamente critici anche i consiglieri regionali cremonesi: il dem Matteo Piloni ha denunciato «l’ennesimo schiaffo sferrato dalla Regione Lombardia al territorio provinciale» e si è chiesto se gli assessori Fabio Rolfi e Guido Guidesi «siano consapevoli del danno e delle inevitabili e disastrose ricadute economiche che la nostra provincia subirà» in seguito a tale scelta; il cinquestelle Marco Degli Angeli ha definito la mossa un «fatto inaccettabile» dovuto alla «gravissima inerzia» di Rolfi e Guidesi; il leghista Federico Lena addirittura si è smarcato dal suo partito, ammettendo di non trovarsi più in sintonia con i vertici della Lega che hanno deciso di assecondare lo strappo perpetrato da Coldiretti e Anafij.
Questo giornale, è noto a tutti, è di proprietà di una delle parti in causa, la Libera Associazione Agricoltori Cremonesi, ed è giusto ricordarlo per correttezza e trasparenza. Ma sarebbe sbagliatissimo ridurre il trasloco della Mostra del Bovino a Montichiari a una bega di cortile fra Confagricoltura e Coldiretti, come ha fatto ieri Rolfi, l’assessore alle Politiche Agricole della Regione Lombardia e novello Ponzio Pilato, secondo il quale tutto è dovuto esclusivamente alla «dialettica patologica» che contraddistingue le associazioni agricole cremonesi. Che fra Libera e Coldiretti non scorra buon sangue è risaputo, non serviva un bresciano per scoprirlo. Ma in gioco stavolta non c’è la supremazia territoriale di un’associazione sull’altra. Stavolta in gioco c’è molto di più: c’è un indotto che CremonaFiere quantifica in 50-60 milioni di euro l’anno (una cifra mostruosa in assoluto e ancor di più in un momento di pandemia come l’attuale); c’è la storica leadership nazionale della provincia di Cremona nel campo della zootecnia; c’è l’intera filiera dell’agroalimentare, che rappresenta la fetta più consistente dell’economia cremonese; c’è il futuro del Polo universitario che tanto ha investito nel Campus Santa Monica dell’Università Cattolica e nei nuovi corsi in Green Innovation e in Smart Agrifood del Politecnico di Milano. E c’è il futuro stesso di CremonaFiere e di tutte le manifestazioni in programma (da MondoMusica a Il Bontà) per quanto il presidente Roberto Biloni garantisca che «se ne va solo un evento fra i tanti in programma» e che l’attività del polo espositivo di Ca’ de Somenzi continuerà, a partire proprio dalla 76ª edizione della Fiera zootecnica internazionale del bovino da latte che si svolgerà dal 2 al 4 dicembre, un mese dopo la Mostra di Montichiari, e che già l’anno scorso – nella special edition digitale, causa emergenza coronavirus – ha messo in vetrina 300 capi di bestiame grazie alla partecipazione di 52 allevamenti da ben 19 province italiane nonostante la rinuncia (secondo alcuni l’aperto boicottaggio) di Coldiretti.
Vale la pena mettere a rischio tutto questo e il futuro del sistema Cremona con motivazioni pretestuose, di fatto solo per mostrare i muscoli e digrignare i denti? La risposta è ovvia. Così, come è evidente la responsabilità che i promotori del trasloco si assumono nei confronti del territorio, di tutte le associazioni di categoria, degli altri soci della Fiera (come prenderanno il «tradimento» di un socio fondatore che ha scelto di favorire una diretta concorrente?) e perfino dei propri associati (sicuri che tutti gli allevatori cremonesi iscritti a Coldiretti e Anafij siano contenti di spostare armi e bagagli in provincia di Brescia, distruggendo uno storico patrimonio locale, cancellando mezzo secolo di tradizione e accollandosi costi più ingenti?). Tutti i soggetti interessati alla partita si confronteranno (oggi, lunedì) in una riunione in streaming convocata d’urgenza e si sono già rivolti al Governo e ai ministeri competenti perché intervengano per risolvere il «caso Cremona», anche perché le conseguenze possono essere gravi pure a livello regionale e nazionale. Consapevoli che unire è più difficile che dividere, ma anche che una partita può essere condizionata da un autogol, ma non deve per forza finire 0-1. Al contrario, anche se è iniziata male, al novantesimo può concludersi anche due (o tre o quattro) a uno. E se serve può essere vinta perfino ai supplementari o ai rigori.
La sfida, insomma, è tutt’altro che conclusa. Anzi, a voler guardare, è appena iniziata. Certo, è singolare che l’arbitro della contesa, la Regione, anziché restare neutrale, avallando la forzatura di Coldiretti e Anafij abbia scelto di schierarsi con una delle due squadre in campo. L’impressione è che, con il presidente Attilio Fontana e la vice Letizia Moratti in tutt’altre faccende affaccendati, la benedizione regionale al progetto «ammazza-Cremona» sia una scelta maturata soprattutto da Rolfi. Non a caso venerdì il governatore non ha partecipato alla conferenza stampa indetta da Coldiretti e Anafij, anche se era annunciato sull’invito ufficiale (l’assessore ne ha spiegato l’assenza parlando di «altro impegno istituzionale»; in realtà, l’appuntamento non compariva nella sua agenda ufficiale). In tutto questo, quale vantaggio possa avere sradicare una manifestazione dalla sua sede naturale rimane un mistero: è un po’ come se qualcuno domani spostasse la Festa del Torrone a Varese o il distretto della liuteria a Catanzaro. Lo riprova lo spazio che i giornali bresciani hanno dedicato ieri alla conferenza stampa indetta venerdì da Fortunato Trezzi (Anafij), Ettore Prandini e Paolo Voltini (Coldiretti), Samuele Alghisi (presidente della Provincia di Brescia) e Gianantonio Rosa (presidente del Centro Fiera del Garda di Montichiari), con la partecipazione straordinaria di Fabio Rolfi: neppure una riga sul dorso bresciano del Corriere della sera, neppure una riga su Bresciaoggi, un articolo di due colonne sul Giornale di Brescia («Montichiari strappa a Cremona la mostra del bovino da latte»). Perfino la vittoria di Pirro aveva avuto più risonanza.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”