Il G20 di Roma, la Cop26 si Glasgow gli SDG di Cremona… I temi della sostenibilità, della transizione energetica e del cambiamento climatico non sono mai stati tanto in evidenza nell’agenda politica come in questi ultimi dieci giorni. A ogni latitudine, grandi e piccoli, potenti e senza voce, esperti della materia e semplici attivisti si sono interrogati e confrontati sulle possibili misure utili a salvare la Terra. Qualcuno ha fatto promesse, altri hanno annunciato investimenti e progetti, Greta Thunberg come una moderna sibilla ha tirato le somme ed emesso il suo impietoso verdetto: «Bla, bla, bla. Sapete solo parlare». Poi ha aggiunto un tombale «Vergogna!». Perché conta tanto il suo parere? Perché come il bambino della celebre fiaba di Andersen, la diciottenne con le treccine svela al mondo la verità che nessuno vuol vedere: il re è nudo, gli impegni assunti sono troppo blandi, la tempistica degli interventi inadeguata.
Non basta mettere un freno alla deforestazione a partire dal 2030, promettere la rinuncia al carbone dal 2050 o impegnarsi ad azzerare le emissioni nocive nel 2070, come ha fatto l’India. Per ridurre la quantità di anidride carbonica che avvelena l’atmosfera, rallentare lo scioglimento della calotta polare e, di conseguenza, l’innalzamento dei mari e la scomparsa di meraviglie come Venezia e le Maldive, servono misure drastiche subito, qui e ora. Perché fra trenta o cinquant’anni sarà troppo tardi, tanto fragili sono gli equilibri che governano l’ecosistema in cui viviamo. «Le nostre azioni sono il nostro futuro» ammoniva una delle scritte di luce che in settimana sono state proiettate sulla facciata del Torrazzo in occasione delle giornate dedicate ai 17 obiettivi sostenibili dell’Onu. Per quanto si tratti della torre in mattoni più alta d’Europa, è illusorio pensare che il messaggio possa essere arrivato fino a Glasgow. E da lì al resto del mondo. Ma è un’altra scomoda verità, come quella svelata da Greta: il passato è passato e non può più essere modificato. Ma d’ora in avanti saranno i nostri comportamenti a salvare il mondo. O a condannarlo. Obietta il bastian contrario: “In linea teorica avete ragione, ma la sostenibilità ha un costo. E chi lo paga?”. Qualcuno ha stimato il costo della tutela dell’ambiente nell’8% del Pil, il doppio dei danni provocati dalla pandemia Covid-19. Il calcolo attendibile. Ma c’è una cosa che non ha prezzo ed è la sopravvivenza del pianeta.
Cosa se ne faranno i nostri figli e i nostri nipoti di un’economia in salute, se metà dei continenti finiranno sott’acqua, l’aria diventerà irrespirabile e i fenomeni atmosferici (tornado, alluvioni, uragani…) sempre più estremi? Certo, con i soldi a disposizione i nostri figli e i nostri nipoti potranno costruire case più sicure, magari nuove palafitte, con l’aria condizionata e ogni genere di comfort tecnologico. Ma questo sarà possibile solo in una piccola porzione del mondo, non certo nei Paesi al di sotto dell’Equatore, in molti casi già oggi alle prese con povertà assoluta e gravissimi problemi di approvvigionamento alimentare (per non parlare delle altre piaghe prodotte dall’uomo: le guerre, le dittature, la corruzione dilagante, i fanatismi religiosi…). Davvero paradossale il caso dell’Africa: storicamente è il continente che, fra tutti, ha prodotto meno emissioni (il 3% del totale, per via del bassissimo indice di industrializzazione), le uniche ricchezze che aveva (i giacimenti di petrolio e minerari) sono state in gran parte sfruttate dalle superpotenze straniere e in futuro, anziché diventare il rifugio dell’umanità, il continente nero rischia di trasformarsi nella discarica del mondo.
Che dire poi di Cina e Russia, le mega regioni refrattarie a ogni sacrificio a difesa dell’ambiente? Certo, non erano meglio gli Stati Uniti durante l’era Trump, ma non si può ragionare sempre al ribasso, al meno peggio. Né si può fare come i bambini capricciosi, quando dicono “comincia tu…”. Perché se nessuno inizia – se nessuno cambia davvero e in fretta abitudini, regole e paradigmi – nessuno vincerà. E perderemo tutti.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”