Non arrendersi, resiste, combattere. Riuscire a superare la crisi innestata dal virus e così vincere la sfida. Questo il senso del messaggio che, a oltre 400 giorni dall’inizio della pandemia, città e paesi mettono in circolo convinti che il futuro sarà migliore. Un messaggio di forza, resilienza e orgoglio. E’ un messaggio di ottimismo e di speranza, perché la guerra è tutt’altro che finita, il nemico invisibile è ancora fra di noi, del Covid si continua ad aver paura e di Covid si continua a morire. Però, come sempre avviene nella vita, arriva un momento in cui si deve smettere di voltarsi indietro e bisogna iniziare a guardare avanti.
Non si cancella ciò che è successo (sarebbe un errore!), ma si percepisce che il peggio è alle spalle e si inizia a pensare al futuro. Non si dimentica chi non ce l’ha fatta, naturalmente, ma finalmente si vede la luce in fondo al tunnel: all’inizio fioca, poco più di un barlume, quasi un miraggio. Poi sempre più forte, intensa, persistente. Ed è proprio quello il momento in cui, toccato il fondo di una caduta che pareva rovinosa e senza fine, si inverte la rotta, ci si risolleva. E si rialza la testa. La sensazione è che – per la città in cui abitiamo, per l’Italia, per il mondo – il Grande Giorno sia davvero arrivato.
Perché proprio oggi? Innanzitutto, perché tocca a noi decidere quando è il momento di dare una svolta, di cambiare abitudini e paradigma, di iniziare a pensare in modo nuovo. Poi, perché, oltre alle sensazioni e alla buona volontà, i segnali incoraggianti non mancano. Tre, in particolare, indicano l’inizio della nuova era. Primo: la curva dei nuovi contagi si è finalmente abbassata, tanto che da domani la Lombardia e mezza Italia torneranno zona gialla. Ciò significa che riapriranno le scuole, i negozi, i cinema, i parchi, i bar e i ristoranti, seppur con importanti limitazioni, a partire dal dibattito sul coprifuoco serale. Secondo: dopo tanti annunci e altrettanti problemi, la campagna vaccinale è finalmente entrata nel vivo, con un passo adeguato alle necessità. Terzo: il Governo ha ormai messo a punto il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ci permetterà di accedere ai fondi di Next Generation Ue, il mega salvadanaio europeo da cui attingere le risorse necessarie per uscire dalla pandemia e costruire un’Italia più moderna, più tecnologica, più attenta all’ambiente, meno squilibrata fra Nord e Sud.
Secondo alcuni commentatori, addirittura, il piano Draghi è talmente ben impostato da aver restituito credibilità internazionale all’Italia, tanto che le agenzie di rating hanno confermato il loro giudizio sulla sostenibilità del sistema paese e i più importanti fondi anglosassoni hanno deciso di investire in Italia, spostando i capitali dalla Spagna, perché sono convinti che con Mario Draghi a Palazzo Chigi l’Italia si rialzerà ed entrerà in una nuova dimensione di efficienza e modernità. «Credo che nessun altro in Europa possa svolgere meglio questa missione», ha commentato Carlo Messina, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, il primo gruppo bancario italiano. Certo, fra banchieri è facile sostenersi a vicenda. Ma per definizione i banchieri sono i primi a pretendere fatti, non parole; non sogni, ma… solide realtà. Se si fidano loro, significa che possiamo fidarci anche noi, nonostante la riaffiorante litigiosità dei partiti che sostengono il governo d’emergenza voluto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Ce n’è abbastanza per dire che l’uragano è passato e si può iniziare a ricostruire, tenendo presente la più grande lezione che la pandemia ci ha lasciato in eredità: la consapevolezza che nessuno si salva da solo, ma ci si salva soltanto tutti insieme, restando uniti sulla scialuppa e remando nella stessa direzione. Stretti, scomodi, affamati. Ma insieme.
MARCO BENCIVENGA
Direttore “La Provincia di Cremona”