Non è una bella e buona domenica.
Anzi, se per domenica
s’intende il giorno della festa,
da festeggiare e celebrare, non resta
che il rimpianto di tempi andati,
consumati, avviliti, bruciati
e poi nascosti in modo che a umani
salvati dallo scempio ordito da mani
scellerate e sporche fosse concesso
raccontare quel che era successo
in un angolo di mondo
colpevole di non essere tondo,
di chiamarsi Ucraina
invece di Svetlana o Zarina,
di essere e voler restare
libero, proprio libero di andare
dove sole acqua pane sogni e carezze
siano per tutti vere e buone certezze.
Invece, prima che fosse il dì della festa,
un potente a cui il bene racchiuso in testa
arrecava turbamento anziché intelletto
prese l’ascia e per suo diletto
menò fendenti ovunque vi fosse terra
in cui seminare non frumento ma guerra.
Costui, di certo, di Mazzarino aveva letto
il breviario del politico eletto
e di Faloppa il manuale di resistenza
alle parole ripiene di sola violenza.
Mazarino, cardinale di strana ecclesiologia,
con puro cinismo e strana fantasia
riteneva fosse meglio trattare ogni amico
come futuro probabile possibile nemico
e che se vuoi una cosa, magari malfatta,
nessuno lo sappia finché non sia cosa fatta.
Invece quell’altro, proprio il Faloppa,
e certo non per mettere una toppa
al fragile e palese modo di pensare
di troppi umani amanti del vagabondare,
spiega da dove viene dell’odio il linguaggio,
quali mostri lo difendono e gli fanno aggio.
Mazzarino e Faloppa, lodevoli entrambi,
ma pure e inevitabilmente strambi,
soprattutto allorquando, disquisendo,
si sono accorti di stare discendendo
la china che dritta porta allo scherzare,
però seriamente e non solo per celiare.
Poi, inatteso ma atteso, sopraggiunse Eco
per dire a viventi e gaudenti che l’eco
del loro viver beati correndo giulivi
per boschi, prati e dolci declivi,
ben ascoltato e in Alto giudicato
tutto fuorché un canto di pace ben intonato,
era di quelli che seppur con tono profondo
poco concedevano alla forma del mondo.
Che fosse una libera sfera vagante
ognun lo ammetteva festante,
ma che di tutti e per tutti fosse bellezza,
non c’era la benché minima certezza.
Tanto è vero che la storia più nera
principiò a scriverla, nel buio della sera,
un russo antipatico, disposto a far putinate
piuttosto che cose sensate.
Costui, con tratto fatale
e di certo non proprio naturale,
s’inventò una nuovissima guerra
e la mise a dimora su una terra
non sua, colpevole di stare lì per contrastare
il suo perfido sogno di poter abitare,
lui da solo e senza alcun disturbo,
una fetta di mondo che lui, il più furbo,
avrebbe riempito con tristi frammenti
di vile rapina piuttosto che con prove evidenti
dell’agitarsi nel suo cervello
un benevolo sillogizzar novello…
Or mi sovvien che l’Aquinate
le sue summe ha elaborate
con il fare suo giocondo
per ridurre tutto il mondo
a un sistema di risposte
calibrate e ben disposte
che, con formule sagaci,
senza fallo sian capaci
di spiegar nel loro intrico
dal buon Dio sino al lombrico.
Quasi quasi, tali summe così ben pensate
le giro al principe fautor di putinate,
perché ne faccia uso
e non soltanto miserrimo abuso.
Ma, per tanto che sia tetro
l’avvenir, non si va indietro
e conviensi rassegnare
a un mondo da rifare.
Sogna allor, Ucraina,
che già oggi e domattina
per te vi siano, ben amalgamate,
libertà, democrazia e persone amate.
Scusate il disturbo
che vi ho recato da furbo,
prendendo e mettendo in vista,
come se tutto fosse una pista,
rime malfatte, ma pensieri pensati
con solo intento di essere usati
per gridare con tanti se non con tutti,
(senza ricorrere a rime strane o baciate)
che mi fa schifo la guerra,
che amo Ucraina,
che invoco la pace,
che sogno orizzonti liberati da putinate
e da qualsiasi sopruso.
Allora e solo allora la mia e vostra domenica
tornerà ad essere una buona domenica.
LUCIANO COSTA