In questa prima domenica dell’anno 2022 avrei voluto scrivere un trattato semi-serio sugli auguri che la gente si scambia credendo di fare del bene a sé e a chiunque abbia ventura di riceverli. Adesso che ho davanti il foglio pronto ad accogliere pensieri e parole, sono soltanto capace di lasciare la voglia di commentare il senso degli auguri nel ripostiglio in cui giace, senza darsi pace, insieme all’idea geniale di un tempo senza alcun male e di approfittare dello spaesamento per invocare la “politica”, che secondo molti dotti linguisti (come Tullio De Mauro, andato avanti lasciandosi alle spalle imponenti tomi di raccomandazioni sull’uso appropriato delle parole) è forma intelligente di partecipazione al bene pubblico, come rimedio all’umana stupidità che genera uomini e donne senza qualità. Oggi, alla vigilia di un appuntamento elettorale fondamentale (nomina del Capo dello Stato, successore di Sergio Mattarella, che i suoi anni di Presidente della Repubblica li ha onorati arricchendoli di umanità e di saggezza), che incomincia il 4 gennaio con la lettera di convocazione e che proseguirà il 24 gennaio con la prima votazione, c’è bisogno di politica, di buona politica, di politica al servizio della gente e non di pochi cialtroni in cerca di poltrone e prebende.
Però, mi chiedo: davvero la “politica” di un oggi che della politica se ne infischia, può tornare a essere o diventare antidoto alla massa arrogante, villana, ridanciana e litigiosa che popola le cronache? Secondo un noto “comico”, se un “comico” andasse al potere non è il caso di preoccuparsi, soprattutto perché, dice il comico, “noi comici siamo la parte più buona del Paese”. Quindi, poco importa se circolano liberi e giocondi predicatori di sventura, annunciatori di m mondi capovolti, adoratori di stupidità sempre “mimetica, mobile e sfuggente”, venditori di vento e tempeste, inventori di insulti che sono, a seconda del momento, “un florilegio di destra, di sinistra e di centro”, un vero e proprio ammasso di bassure indecenti, che nella migliore delle ipotesi trovano conclusione nel “vaffa…” gridato ed esibito come teorizzazione del non-so-più-che-cosa-dire e, quindi, “cavo dal pensier mancato/ il peggio possibile e immaginato…/ e lo grido a perdifiato”.
Nel frattempo, qui e adesso, alla vigilia del voto che dovrà portare all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, maggioranza ed opposizioni si fronteggiano senza comprendersi. C’è chi elogia l’Uscente (Sergio Mattarella), chi lo spera ancora Presidente, chi vuole elezioni anticipate (per rifarsi il trucco, mica per senso e rispetto della democrazia, credetemi), chi non le vuole, chi vorrebbe Mario Draghi, abile e ascoltato Presidente del Consiglio dei Ministri, lasciare l’esecutivo e salire subito al Colle.
Chi vivrà vedrà. L’impressione, però, è che pesino sui giorni che avanzano e che chiederanno al Parlamento e ai delegati preposti all’elezione del Presidente di scrollarsi di dosso il fardello dell’ideologia partitica per scegliere chi dovrà rappresentarli e rappresentarci, anni di governo completamente privati di “buona politica” e dedicati spesso solo a sconfiggere gli infedeli e a restaurare il principio legato al potere al quale piacerebbe assai governare alla maniera del principe Brancaleone da Ficulle, che prima azzerò gli indesiderati mezzosangue e comunque in odore di tradimento e poi mise in scena uno stuolo di fedelissimi, a lui e alle sue radici.
Per uscire da questa situazione è necessario cercare nella “politica” (vera-seria-pulita-sincera-commestibile-amata-rispettata, cioè buona per tanti e non per pochi predestinati) la fisionomia di un Presidente della Repubblica degno di tale incarico e all’altezza della situazione. Che fare? Se fossi uno dei mille e più chiamati a eleggere il nuovo Capo dello Stato, mi imporrei almeno un giorno di isolamento riflessivo, lontano dai capi partito e vicino invece alla gente. Così, per scoprire il meglio e magari scoprire chi per mestiere o per interesse oscura l’orizzonte e intristisce l’alba.
In giro c’è, e si vede, qualcuno che vuole riprovare l’emozione di andare allo sfascio (parente stretto del fascio). Però, io resto ottimista: la “politica”, vera e rispettosa, vincerà mettendo in crisi le consolidate frontiere erette tra “stupidità” e “intelligenza”, che si reggono sul concetto secondo cui “la prima non può essere definita una privazione della seconda”, soprattutto perché anche “l’intelligenza può produrre atti di stupidità, come la stupidità può condurre al successo”. In ogni caso, sarà bene ricordare quel che Robert Musil (proprio quello che per primo teorizzò l’esistenza di uomini e donne senza qualità) già sosteneva, e cioè che “se la stupidità non somigliasse al progresso, al talento, alla speranza o al miglioramento, fino al punto di confondersi con essi, nessuno vorrebbe essere stupido”. Se potete, riguardatevi ed evitate il legame tra “vanità e stupidità”, soprattutto della vanità collettiva, quella che spinge gente normale e partiti, magari fondati su grandi e solidali ideali, a insuperbire pensando di aver già “monopolizzato non solo la saggezza ma anche la virtù”.
Saggezza e virtù devono caratterizzare chi verrà dopo Sergio Mattarella. A questa Italia tribolata, infatti, serve ancora una persona, una lei o un lui non importa, “che sopporta il confronto e si dispone a riconoscere il valore di chiunque, che mette luce ove c’è appena un barlume, che aiuta gli altri a essere quello che devono essere: il granello a divenire una spiga, la stella una costellazione, il pensiero un poema, il palpito un’amicizia”. Sono parole scritte da don Primo Mazzolari tanti anni fa, ma ancora tremendamente attuali.
Come attuali sono gli insegnamenti di don Sturzo, fondatore, illo tempore, dei Popolari, ai quali coraggiosamente ricordava che “se la democrazia moderna ha delle grosse tare, la colpa va direttamente a coloro che, pur vedendole, non si sforzano di rimediarvi”. E non importa, aggiungeva il prete, se “individualmente si può far poco in democrazia, terreno dove non tutti possono essere capi e condottieri, scrittori e giornalisti, oratori e consiglieri, deputati e ministri; ma dove tutti possono essere qualche cosa se uniti insieme ad un nobile fine”. Soprattutto perché “il cittadino ha il diritto di essere governato bene, secondo le tradizioni e mezzi che ha un Paese; allo stesso modo ha però anche il dovere di inviare ai posti pubblici elettivi persone moralmente integre e politicamente preparate”.
In tempi più recenti Sergio Mattarella, che non ha certo mai avuto timore a guardare alla politica come via di redenzione e alle ragioni della politica come viatico al malessere esistenziale, scrivendo un prezioso manuale per “Crescere insieme, ha offerto il necessario per rendere il giorno migliore di quello che l’ha preceduto. “Studiare insieme, vivere insieme un’esperienza di classe, di comunità, di studio – ha scritto il Presidente Mattarella – mi ha aiutato a comprendere le esigenze, i problemi, le attese degli altri. Questo mi ha fatto capire che si cresce se si cresce insieme, ci si realizza se ci si realizza insieme; che si è davvero liberi, liberi dall’ignoranza, liberi dal bisogno, liberi dalla violenza se liberi sono anche gli altri”.
Di fonte alla “megalomane ostentazione collettiva della xenofobia”, che contrassegna alcuni (troppi) partiti politici europei diventati “imprenditori della paura”, la lezione di Mattarella demolisce “una delle più rovinose rappresentazioni della stupidità trionfante”. Invoco come rimedio azioni e pensieri capaci di trasformare la normale politica in “buona politica” e spero che la crescente generosità messa in opera da tanti sconosciuti abitanti di quest’Italia bella e tribolata consenta di vedere e vivere giorni migliori. Se ciò avvenisse, l’appuntamento con la votazione del nuovo Capo dello Stato non sarebbe un assalto al titolo, ma un vero e lodevole esercizio di democrazia. Secondo il pensiero di “aprimi cielo”, rubrica forse schizofrenica o forse soltanto istruttiva, “tutto filerà liscio come l’olio, ma senza estrema unzione”. Però, se è possibile domandare qualcosa di utile ricorrendo al “pensato del giorno”, niente più di un aforisma bello ma inascoltato, “alla festa di compleanno del futuro, qualcuno si è ricordato di invitare l’incredibile?”. Per evitare corrosivi pensieri sull’inutilità di certi pensieri, immaginateli riferiti a qualcuno che verrà… E nel caso fosse la persona giusta, allora un anno migliore sarebbe ancora possibile.
LUCIANO COSTA