La pausa mi ha permesso di leggere quel che avevo riposto in attesa di trovare giusta occasione per ricevere attenzione. Così un pacco di ritagli di giornale (mi ostino infatti, nonostante il progresso tecnologico, a mettere da parte quelle pillole di saggezza che ancora è possibile trovare tra righe spesso inutili e obbligate) ha ritrovato dignità, fogli sparsi sono tornati attuali, discorsi appuntati per essere poi materia di meditazione sono affiorati pretendendo udienza, corsivi ed epitaffi son venuti a dirmi che la realtà e il vissuto sono racchiudibili in parole e righe brevissime (spesso anche intelligenti) fatte per dire “penso, dunque sono” piuttosto che “non penso, dunque me ne frego”,titoli assurdi contrapposti a titoli astrusi, paginate piene di niente vendute come essenza e cassaforte di profumi e valori, anche paginate piene di senso e buon senso (inviti a riflettere e pensare illudendosi di essere prese in opportuna e degna considerazione), comunque rare e mai sbandierate come essenziale contributo alla conoscenza… Per onorare la pausa mi son privato delle occasioni che più di altre avrebbero sollecitato reazioni e costretto la bile ad andare in tilt. Mi sono perso qualcosa, oppure tutto è andato come al solito? Buona la seconda. Infatti, sul gran palcoscenico del mondo la commedia è sempre stata la stessa: guerre guerre guerre, invasori che pretendono comprensione quando meriterebbero soltanto…(fate voi, per favore, e non siate clementi), bombe come caramelle, missili e droni come stelle filanti, cannonate come augurio di benvenuto, agguati e raid come regalo di compleanno, bugie a colazione pranzo e cena, cervelli conditi per essere al servizio del dittatore di turno, ministri magari senza portafoglio ma con carte di credito da usare a piacimento, bionde–biondone o altro, a piacimento, illuse di essere scienza quando invece erano soltanto incoscienza suggerita da impulsi animaleschi e assai poco ragguardevoli… Poi… coltelli buoni per affettare salame che maneggiati da adolescenti a cui nessuno ha regalato anima o da persone a cui è toccata in sorte la disperazione di vivere senza saper come fare a vivere diventano oggetto di offesa e morte per bimbi, mamme, papà, fratelli, parenti; morti ammazzati e semplici ammazzati che pretendono verità e giustizia; stupidaggini in abbondanza, parole vane in gran quantità, politica buona in affanno (quella grama ha invece spopolato), scandali-scandaletti e letti disfatti in grande evidenza, san qui e san là mischiati e rimessi in sesto per confermare che la vecchia triade di santi bresciani popolari e popolarmente usati per significare l’esistenza di beoti piuttosto che di onorevoli beati (sono tre e si chiamano “sanVit, sanGiot e sanCu… – traente voi il senso, ovviamente se esiste e se è degno di menzione) non smette d’essere attuale e fare proseliti…
La pausa non ha accresciuta e neppur diminuita la mia ignoranza. Ragion per cui ripeto convinto d’essere certo di nulla sapere. Però, quel che Sergio Mattarella, presidente della mia e spero anche vostra Repubblica, ha detto a proposito di Democrazia che si coniuga con Libertà e Giustizia (parole pronunciate in apertura della Settimana Sociale finalmente e coraggiosamente ri-promossa dai cattolici), passato quasi inosservato a causa di vacanze imminenti ed esibizionismi evidenti, è di quelli che meritano rilettura e attenzione supplementare. Dice Mattarella:
“Democrazia: parola di uso comune, anche nella sua declinazione come aggettivo. È ampiamente diffusa. Suggerisce un valore. Le dittature del Novecento l’hanno identificata come un nemico da battere. Gli uomini liberi ne hanno fatto una bandiera. Insieme una conquista e una speranza che, a volte, si cerca, in modo spregiudicato, di mortificare ponendone il nome a sostegno di tesi di parte. Non vi è dibattito in cui non venga invocata a conforto della propria posizione. Un tessuto che gli avversari della democrazia pretenderebbero logoro. La interpretazione che si dà di questo ordito essenziale della nostra vita appare talora strumentale, non assunto in misura sufficiente come base di reciproco rispetto. Si è persino giunti ad affermare che siano opponibili tra loro valori come libertà e democrazia, con quest’ultima artatamente utilizzabile come limitazione della prima. Non è fuor di luogo, allora, chiedersi se vi sia, e quale, un’anima della democrazia. O questa si traduce soltanto in un metodo? Cosa la ispira? Cosa ne fa l’ossatura che sorregge il corpo delle nostre istituzioni e la vita civile della nostra comunità? È un interrogativo che ha accompagnato e accompagna il progresso dell’Italia, dell’Europa. Alexis de Tocqueville affermava che una democrazia senz’anima è destinata a implodere, non per gli aspetti formali naturalmente, bensì per i contenuti valoriali venuti meno. Intervenendo a Torino, alla prima edizione della Biennale della democrazia, nel 2009, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rivolgeva lo sguardo alla costruzione della nostra democrazia repubblicana, con la acquisizione dei principi che hanno inserito il nostro Paese, da allora, nel solco del pensiero liberal-democratico occidentale. Dopo la “costrizione” ossessiva del regime fascista soffiava “l’alito della libertà”, con la Costituzione a intelaiatura e garanzia dei diritti dei cittadini. L’alito della libertà anzitutto come rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale e politico, come diritto all’opposizione. La democrazia, in altri termini, non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento, ferma restando l’imprescindibilità della definizione e del rispetto delle “regole del gioco”. Perché – come ricordava Norberto Bobbio – le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze. È la pratica della democrazia che la rende viva, concreta, trasparente, capace di coinvolgere… Quali le ragioni del riferimento all’alito della libertà parlando di democrazia? Non è democrazia senza la tutela dei diritti fondamentali di libertà, che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia stessa. L’impegnativo tema che avete posto al centro della riflessione di questa Settimana sociale interpella, con forza, tutti. La democrazia, infatti, si invera ogni giorno nella vita delle persone e nel mutuo rispetto delle relazioni sociali, in condizioni storiche mutevoli, senza che questo possa indurre ad atteggiamenti remissivi circa la sua qualità…”.
Dice molto altro Sergio Mattarella e basta un clic per trovare per intero ogni suo dire… Ovviamente, bisogna usarlo questo clic. Provate e poi ditemi se ne è valsa la pena. Però, leggendo che “al cuore della democrazia ci sono le persone, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità” e che questo e null’altro “è il cardine della nostra Costituzione”, mi dico fiero d’essere italianoinsieme al Presidente. In questa chiave di volta della democrazia, infatti, trovo “un modo di stare insieme e di coltivare insieme il bene comune”.
Di questo continuerà ad alimentarsi il solito e spesso insolito“domenicale”. Ve l’assicuro. Magari con la presunzione suggerita dallo stesso Mattarella, quella che invita chiunque a “battersi affinché non vi possano essere analfabeti di democrazia”.
LUCIANO COSTA