Mi sto arrabattando e contorcendo attorno a questioni e bazzecole di cui son pieni video giornali bollettini e qualunque mezzo di informazione; di cui ridondano chiacchiere dichiarazioni discorsi interviste comunicati veline pizzini e sussurri; di cui l’umanità è invasa sebbene potrebbe farne a meno senza per questo perdere un grammo del suo peso. Sono, per lo più, questioni e bazzecole in cui i morti ammazzati abbondano, le bombe inceneriscono, gli incendi divampano, i missili arrivano senza invito, gli aeroplani recapitano armi e gente armata, i super-jet trasportano dittatori ambasciatori provocatori furfanti venditori mediatori (qualche volta anche prelati e papi che portano segni pace richieste accoratedi pacificazione, invocazioni di misericordia richieste di perdono…). Quindi, non cose di poco conto. Però, chi se ne importa? Cioè, chi se ne frega se il gatto del re non miagola e invece abbaia, se la tartaruga della principessa ruggisce come un leone, se il pesciolino rosso del ministro sembra un coccodrillo, se i forzieri dei novelli Paperon de Paperoni non ce la fanno più a contenere gli ori, i diamanti e i nichelini sonanti che chiedono asilo assistenza e protezione? Soprattutto, perché dolersi e preoccuparsi se tutto crolla quando io tu egli noi voi essi tutti o quasi tutti restiamo felicemente appollaiati sul piedistallo di cristallo… in attesa che passi la buriana, affievolisca il vento, diradi la nebbia e giungano finalmente sulla scena uomini e donne buoni per tutte le stagioni, saccenti piuttosto che intelligenti, senz’anima e senno, loquaci e procaci, annunciatori di fasti e abbondanti pasti, mirabili interpreti del nulla, venditori di parolevane e vacue? Ognuno di loro recita a soggetto e ripete quel che scrivani prezzolati hanno pensato e messo in rima per loro, proprio per loro, personaggi in cerca d’autore a cui s’addice quel che Pirandello scrisse e consegnò ai posteri…. “Frasi! Frasi! Davanti a un fatto che non si spiega, davanti a un male che ci consuma, trovare una parola che non dice nulla, e in cui ci si acquieta”. Parole! Parole! Che “ciascuno a modo” suo pronuncia per far sapere che c’è, meravigliandosi se qualcuno, magari un Pirandello a caccia di personaggi in cerca d’autore, gli chiede:“Ma lo sa quanto male ci facciamo per questo maledetto bisogno di parlare?”. E nessuno che si fermi ad ascoltare il grido di chi cerca verità e pace. Parole! Parole! Perché, come scrisse Publilio Siro (richiamato in scena dal sapiente Ravasi), “la parola è lo specchio dell’anima: tale l’uomo, tale la parola”.
Continuo ad arrabattarmi e a contorcermi attorno a questioni e bazzecole ampliate in video e in pagina da esperti, affabulatori e scrittori. Prima la Pace che non c’è ma che a parole tutti vorrebbero; poi la Tregua, signora invocata ma mai accolta e ancor meno sposata; a seguire il Disarmo, che se fosse esercitato priverebbe gli umani degli oggetti necessari a farsi la guerra, laNegazione di bombe e bombaroli, la Mutazione della violenza in benevolenza, la Fine del sonno della ragione, l’Inizio di un giorno finalmente degno d’essere vissuto e abitato da tutti, il Passaggiodal buio imposto alla luce regalata, l’Abbandono delle parole vuote e, invece, la Cura di parole che rinfrancano e donano speranza di cieli e terre nuovi…
Però, visti i tempi che corrono, il dubbio è che sia fatica sprecata quella indirizzata a far buone e giuste tutte le cose, parole comprese. Infatti, che cosa resta da pensare di fronte allo strapotere di tecnologie imposte e promosse ambasciatrici diintelligenza, certo artificiale ma dagli umani già resa reale attuale capace di tutto e del suo esatto contrario? Io penso, se non proprio male, di sicuro non bene. E voi? Ieri l’altro giocando a chi è il miglior scribacchino del Peloponneso (illo tempore, chissà come e quando, ritenuto il mondo conosciuto, oggi un insieme di isole belle e impossibili), l’amico più tecnologico che ci sia ha messo sul banco non uno scritto ma tutti gli scritti possibili e immaginabili, ovviamente ben riuniti in un unico polpettone, scritti e consegnati in un battibaleno (uno o forse tre secondi, non ricordo) dall’immaginifica e potentissima IA (intelligenza artificiale o ignoranza abissale, a piacimento, che tanto invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Sarò o sonoprobabilmente anche stupido e ignorante, ma non fino al punto di credere che basti digitare o declamare nome e ruolo di un chicchessia qualunque per ottenere immantinente un peana che del soggetto dice tutto e il contrario di tutto, che asserisce l’ovvio e lo smercia come novità assoluta, che allinea banalità, meriti veri oppur presunti senza che un velo, appena un velo, di vergogna lo avvolga. Quindi, invoco limiti e chiedo che l’IA sia di servizio e non al servizio dei potenti e prepotenti ai quali interessa solo e sempre possedere ed esercitare potere. “Tu sei un illuso – mi ha detto l’amico – e il domani non è fatto di pie illusioni ma di fatti e azioni che se ne fregano del “bene”, soprattutto se “comune”, perché ciò che conta è il suo contrario, cioè “lo stare bene da soli”.
E’ la domenica che dice: Natale è vicino! E se al proposito interrogassi l’IA, che cosa mi risponderebbe? Spero non un secco e spregevole “fatti gli affari tuoi”, che di simili risposte gli umani– io tu egli noi voi essi – fanno già uso illimitato. Nel dubbio mi arrampico sull’albero, ovviamente di Natale, e insieme al passero prego ripetendo la filastrocca dedicata dal principe dei sognatori (tale Gianni Nodari, lo conoscete?) al mondo intero…
Apritemi, per favore,
la finestra del salotto:
sono un povero passerotto
che ha freddo fino al cuore.
Vi ho visti che piantavate
in un angolo del tinello
quel meraviglioso alberello
dalle foglie incantate:
ogni ramo si curva al peso
di un frutto sconosciuto,
e su ogni ramo ho veduto
una stella col lume acceso.
Vi spiavo dal davanzale
piuma a piuma intirizzito:
ma adesso l’avete finito,
l’albero di Natale.
Adesso è tutto a posto:
fatemi dunque entrare,
il mio nido potrei fare
sul ramo più nascosto.
Non vi darei tanta noia,
sono un passero per benino.
E per il vostro bambino
pensate domani che gioia
trovare tra i doni
dietro una mezzaluna di latta,
fra la neve d’ovatta
e la rugiada di vetro,
trovare un passero vero
con un cuore vero nel petto
che guarda dal suo nidetto
con il vivo occhio nero,
una viva creatura
che vuol essere scaldata,
che ha bisogno d’essere amata,
che ha freddo, fame, paura…
I bambini sono tutti buoni,
e andremo d’accordo, perché
chiedo così poco per me
di tutti i loro doni:
un cantuccio di torrone
per appuntirci il becco,
il biscotto più secco,
la crosta del panettone…
Che tenero frullo d’ali
in cambio vi posso dare!
Lasciatemi volare
sull’albero di Natale.
Bella la filastrocca? Bellissima e arguta. Quindi, ognuno tragga da sé la morale. Io, ma per me solo, chiedo un ramo disposto a sopportare il mio peso…
LUCIANO COSTA