La lezione dei bambini riuniti a Roma da Papa Francesco (vecchiarello anche lui, ma ancora sufficientemente in forze per mettersi dalla parte dei piccoli e con loro intraprendere il fantastico “giro giro tondo intorno al mondo”) per la loro prima giornata mondiale, parte dalla parola pace e continua ripetendo pace pace pace fino a giungere alla conclusione che dice: i bambini non sanno cosa sia la pace perché la vivono ogni giorno da par loro e secondo loro e vivendola testimoniano la sua bontà e la sua unicità. Loro capiscono la pace, i grandi no, al massimo, nel sentirla invocare, annuiscono, applaudono, stringono mani, accarezzano nipoti e figli e poi…. Poi passano oltre. E la pace può attendere, tanto più che non dipende da me o te o loro vicini, ma da qualcuno che se ne sta nella sua torre blindata e presidiata mentre impunemente si compiace di far sapere che le sue truppe-eserciti-guarnigioni-armate-battaglioni hanno scardinato le resistenze e imposto la legge, la sua legge, che non essendo benigna e tanto meno giusta, resta un sopruso che solo un dittatore violento arrogante e stupido può vantare di possedere qual talismano e tesoro.
Quando toccò a me vivere da bambino, la pace la vedevo e sentivo accanto grazie ai racconti di pace che uomini e donne di pace regalavano a chi era disposto a lasciare per un attimo il gioco per dedicarsi all’ascolto delle storie di pace che i pacifici abitanti della contrada (che si chiamava “cantù sburdit”, che tradotto significava “cantuccio allegro e vispo”) pacificamente regalavano. Ricordo il vecchio che dicendosi “reduce da mille battaglie, nessuna vinta e nessuna persa” spiegava come fare la pace. “Semplice – diceva -, basta smettere di litigare, di pretendere, di vantare ragioni, di mostrare i muscoli, di immaginare che tutto, ma proprio tutto, dipenda dalla forza e dal numero di pallottole possedute e la pace è presto fatta”. Adesso che vivo nell’anzianità conquistata, non sapendo raccontare la pace se non prendendo a prestito parole pronunciate e storie già raccontate, la pace la invoco… E non m’importa d’esser certo che non troverò schiere di amici disposti a seguirmi nell’invocazione; e neppure m’importa d’essere considerato un sognatore perché, in fondo, sono un sognatore… Come tanti, come tutti, come chiunque conservi un tanto di cervello da utilizzare per vestire di novità i giorni che ancora ci son concessi da vivere. Quindi, alla maniera di Lennon, “puoi anche dire che sono un sognatore, / ma non sono l’unico; / spero un giorno tu ci raggiunga, / e il mondo allora sarà una cosa sola”.
E se non bastasse dovrò ricordami quel che Bob Dylan andò a dire al mondo intero, e cioè che “c’è una battaglia là fuori / che sta infuriando; / presto scuoterà le vostre finestre / farà tremare i vostri muri / perché i tempi stanno cambiando.” E poi andare a dire a chi sta vagando in cerca di consensi che non basta saziarsi di sé m serve imparare a nuotare, perché l’alternativa è affondare nel mare o nel fiume come pietre; e subito dopo mi imporrò di ricordare a scrittori e critici che nessuno di loro può dire chi sarà designato, perché nulla può impedire che il perdente di adesso sarà domani il vincente; e ancora mi autorizzerò a dire a senatori e deputati che non vale fermarsi sulla soglia, che non giova bloccare l’ingresso, perché chi cerca di rallentare ci rimetterà; e cercherò forza e credito per invitare madri e padri di qualunque Paese a non criticare quel che non possono capire, magari che figli e figlie non si possono comandare, soprattutto perché la loro e nostra strada sta rapidamente invecchiando ed è già tempo di andarsene dalla nuova se non si è più capaci di dare una mano, perché i tempi stanno cambiando, perché la linea è tracciata, la maledizione scagliata, perché l’ordine sta rapidamente scomparendo e il primo di adesso sarà l’ultimo domani…Resterà, se resterà, quel tale che un altro menestrello (tale Fabrizio De André) chiamava Gesù, che pur essendo quel che era ed era stato annunciato – Salvator mundi, Dio grande e onnipotente, Signore del cielo e della terra – “.. morì come tutti si muore / come tutti cambiando colore; / non si può dire che sia servito a molto, / perché il male dalla terra non fu tolto; / ebbe forse un po’ troppe virtù…”, ma sulla Croce, quel povero Cristo, accanto a sua madre, “sbiancò come un giglio”. E accanto, di nuovo, i bambini della terra si ritroveranno, forse ancora con papa Francesco o con i Papi che verranno dopo di lui, per dire “pace pace pace e ancora pace…”. E dicendolo faranno ancora l’eterno bellissimo immaginifico e sognante “giro giro tondo intorno al mondo”. E prima di finire “tutti giù per terra” (così da tempo immemore si conclude quella canzoncina deliziosa e triste), diranno gridando vociando e cantando “noi vivremo in pace, / noi vivremo in pace, / noi vivremo in pace un giorno…”. Non so voi, ma io in fondo al cuore ci credo: noi che auspichiamo e costruiamo pace (forse siamo pochi e deboli, ma nessuno ci spegnerà e niente ci impedirà di mettere la pace e la giustizia al posto della guerra e dell’ingiustizia, di mettere al bando chi invade, chi fa scempio di vite innocenti, chi impone il suo zoccolo sulla bocca dei cantori di libertà e di pace, chi non ode il grido del bimbo che innocentemente chiede pace e chi va per il mondo chiedendo “dove abita la pace?”.
Stamani, ricordando per intero il testo del classico girotondo infantile, ho provato a intonarlo trovando complici disposti a condividerlo e a ripetere con me: “Giro, giro tondo, il mare è fondo, tonda è la terra, tutti giù per terra! Giro, giro tondo, l‘angelo è biondo, biondo è il grano, tutti ci sediamo! Giro, giro tondo, il pane è cotto in forno, buona è la ciambella, tutti giù per terra! Giro, giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra!”. Poi, con grandissima soddisfazione ho ricoirdato anche quella folle corsa giovanile che una sera d’estate degli anni tra il sessanta e il settanta mi portò, grazie alla vespa del Renato, dal paesello rurale in cui abitavo a Milano per associarmi ai fortunati che avrebbero partecipato al concerto di Joan Baez(menestrello la sua parte), sognatrice e annunciatrice di mondi e terre nuovi. Tra le sue canzoni, una continua a essere il canto di coloro che, sognando, immaginano la vittoria della pace sull’ingiustizia e sulla guerra. “We shall overcome” è il suo titolo. Dice: “Noi vinceremo, noi conquisteremo i nostri ideali, noi, un giorno non lontano, non potremo che trionfare. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria! Noi vivremo tutti in pace, noi vogliamo vivere tutti in pace, noi non possiamo vivere se non in pace. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria! Noi cammineremo mano nella mano, noi avanzeremo aiutandoci l’un l’altro, noi lotteremo sempre fianco a fianco per un mondo più giusto. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria! Neri e bianchi, insieme. Persone di ogni colore, insieme. Uomini e donne, tutti uniti per un mondo migliore. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria! Noi non abbiamo paura, noi non dobbiamo avere paura, noi, da oggi, non abbiamo più nulla di cui aver paura. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria! Tutto il mondo, nella sua vastità, sarà con noi, tutta quanta la gente attorno sarà con noi, l’intero vasto mondo, un giorno non lontano, sarà con noi. Oh, nel profondo del mio cuore io lo sento che nostra, un giorno, sarà la vittoria!”. La vittoria della pace su tutte le guerre.
Solo così i bimbi, ma anche chiunque comprenda che per loro deve essere edificato un mondo di pace, troveranno il necessario per riempire il futuro di gioia e concordia. E poco importa se qui e altrove qualcuno non lo sa o finge di non saperlo, se questo o quel mostro… mostra i muscoli e manda bombe ad altrui domicilio camuffate per sembrare caramelle e ciambelle pronte per essere pacificamente (ahinoi!) gustate… Costoro troveranno intorno a loro solo quel che loro stessi hanno seminato: paura disgusto terrore solitudine condanna… E qualcuno che ridendo e scherzando sulla loro miserrima condizione di dittatori e guerrafondai non smetterà di pregare ripetendo quel che è scritto nel finale della maggiore preghiera del cristiano, quella che al “Pater noster…” chiede pacificamente “… ne nos inducat in tentationem: sed libera nos a malo. Amen“. Allora la pace sarà di tuti e per tutti. Veramente, senza se e senza ma, sia che sia la Giornata mondiale dei bambini, sia che sia quella degli adulti o dei nonni, sia che sia quella di chi sogna vuole spera pace pace pace…
LUCIANO COSTA