Il Domenicale

Lascia il tuo ego alla porta, così diventerai persona…

Uomo e donna, donna e uomo, cioè persone che insieme fanno il mondo, sono società comunità famiglia, qui e altrove, ovunque le porti il vento, libere di scegliereSe così è, a che cosa servono le giornate dedicate ora alla donna, ora all’uomo, ora a chicchessia, ognuna impregnata di richieste pensate per annullare distanze, appianare divergenze e cancellare diversità, per dire, insomma, che siamo tutti uguali? Non lo so e forse non lo saprò mai. Infatti, pare assai più conveniente non sapere (non sapere che i diritti non sono per l’uomo o per la donna, ma di tutti, cioè per me, per lei, per loro, chiunque essi o esse siano) che sapere (sapere che è diritto di ciascuno, uomo o donna che sia, essere-esistere-vivere da uomo o donna alla pari, né superiori né inferiori…). “Però io sono forte e coraggioso ha detto ancora ieri il maschio; e io sono bella e intelligente, più bella e intelligente di te” ha precisato sempre ieri la femmina. Dispute innocenti o premessa a quel gioco delle parti che immancabilmente sottolinea le diversità facendole diventate avversità? Scusate, mi sono perso. Credevo di vivere un adesso liberato da pregiudizi e odiosissimi distinguo, in cui superati i tempi del “io sono mia” o del “io sono mio, dei girotondi intorno al mitico sessantotto, delle parità vestite da quote, delle parole uguali ma disuguali… ci fosse soltanto quello della civiltà, delle persone, non uomo o donna, solo persone, cioè esseri viventi, diversi fuori (di pelle, solo di pelle) ma uguali, ugualissimi dentro, perciò ognuno parte determinante della società, segno di civiltà compiuta… Invece, visto il  carosello rimesso in circolo per dire che ieri, 8 marzo, era la festa della donnail giorno giusto per dire: giù le mani dalle donne, basta discriminazioni, basta violenze, viva le donne, benvenute donne, ecc. ecc. – di nuovo mi sono perso. Ho cioè inciampato in un mare di cose e fatti ancora all’incontrario donne discriminate, sottopagate, offese, usate, gettate, comprate, vendute, velate, picchiate, violate, esibite, nascoste, segregate, frustate, sfregiate… – quando invece doveva essere chiaro, accettato, condiviso, addirittura normale che donna e uomo o uomo e donna erano persone, una per l’altro, uno per l’altra, alla pari, dentro e fuori casa, ovunque…

Sono tra quelli, spero tanti se non ancora tutti, che chiedono più fatti e meno mimose, che vogliono una festa delle persone e non una festa per questo o quel genere, che non ritengono necessaria una data dedicata per ribadire ciò che dovrebbe essere normale, vale a dire che almeno qui, in questo Occidente civile e all’avanguardia in quasi tutto, la donna è uguale all’uomo e tale va considerata. Ma tu, sogni o sei desto mi ha chiesto ieri una delle già arrabbiate e anche già acquietate. Ho risposto: “Non lo so, ma vorrei sognare per godermi lo spettacolo di donne felici perché felicemente persone e vorrei essere desto per impedire aitrinariciuti zoticoni ignoranti ancora liberi di occupare scranni, cariche, titoli, televisioni, radio, giornali, pulpiti, pedane, palcoscenici e social di sparpagliare impunemente fumo, bugie e salamelecchi fuorvianti, bugiardi e stupidi. Da qualche parte ho poi letto che uomo e donna o donna e uomo pari saranno quando insieme avranno cresciuto generazioni di uomini e donne come persone piuttosto che come uomini e donne. In una società educata alla civiltà, ha detto ieri il filosofo ai giovani in cerca di risposte sull’identità, la distinzione uomo-donna o donna-uomo non avrebbe diritto di cittadinanza, questo perché sarebbe normale stare tutti alla pari. “Civiltà, che grande parola! E quant’è magnifico l’insieme di uomo e donna o donna e uomo in essa custodito!, mi son detto. Ma, chi lo sa se nessuno lo canta e diffonde? Se urge un ripasso, eccolo. Civiltà è parola proveniente dal latino civilĭtas, a sua volta derivato dall’aggettivo civilis, cioè attinente al civis (cittadino) e alla civitas (città); civiltà indicava l’insieme delle qualità e delle caratteristiche materiali, culturali e spirituali di una comunità che spesso venivano contrapposte al concetto di barbarie”; civiltà, in un’accezione più moderna e generale, fa riferimento all’insieme di tutele dei diritti umani e del contesto sociale ed etico messe in atto da un paese, e quindi dalla maggioranza della popolazione che lo compone…”. Uomo deriva dal latino hŏmō, legato a hŭmus (terra), avente senso, quindi, di terrestre, il dizionario dice che uomo è persona di sesso maschile, suscettibile di designazioni o valutazioni relativamente all’aspetto fisico, al carattere e alle prerogative morali, alla posizione, all’importanza o al comportamento sociale, alla professione, spesso sentita come segno di distinzione o ad altre attribuzioni conferite o assunte nell’ambito di rapporti o funzioni di varia natura…”. Donna è parola che deriva per assimilazione consonantica dal latino dŏmna, forma sincopata di domĭna”, che tradotto significa signora. (Avete notato che servono più righe per definire uomo che per definire donna? Vi siete chiesti perché?).

Infine, persona, dal latino persōna, voce di origine probabilmente etrusca, che significava maschera teatrale… poi usata per dire “individuo della specie umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale, considerato sia come elemento a sé stante, sia come facente parte di un gruppo o di una collettività; persona a cui sono riconosciuti il diritto alla vita, al nome, all’onore, alla propria immagine…”; persona, in filosofia “individuo umano in quanto è ed esiste, ossia intende e vuole, esperimenta e crea, desidera e ama, gioisce e soffre, e attraverso l’autocoscienza e la realizzazione di sé costituisce una manifestazione singolare di quanto può considerarsi essenza dell’uomo, nella sua globalità intellettiva e creativa, e come soggetto cosciente di attività variamente specificate; persona, in teologia cristiana il più alto momento, individuante e caratterizzante, del Padre, Figlio e Spirito Santo rispetto all’identica loro sostanza (Trinità), e del Figlio rispetto alle due nature, umana e divina, che possiede…”.Difficile capire, difficilissimo assimilare e tradurre in gesti e comportamenti quotidiani, però non impossibile. Basterebbe volerlo…

Stamani mi sono svegliato con in testa le note di “We are the World, canzone mitica, cantata ovunque, ma maisufficientemente compresa, forse perché scomoda, addirittura urticante per una società in tutt’altre faccende affaccendata.Quando venne registrata, 28 gennaio 1985, sulla porta dello studio qualcuno appese un cartello sul quale c’era scritto “lascia il tuo ego alla porta”. Quella scritta l’aveva messa lì il grande Quincy Jones, ideatore dell’operazione secondo la quale le “45 superstar” invitate a cantare insieme dovevano lasciare indietro una parte di sé per qualcosa di più grande. Ho riascoltato la canzone tenendo bene in vista la sua traduzione in italiano e ho capito che tutto sarebbe più facile (anche smetterla di essere uomo o donna per diventare persone, uguali e felici) se all’ingresso della propria esistenza ci fosse un cartello che dice “lascia il tuo ego alla porta”.Se non lo credete possibile, leggete. Dice la canzone:

Arriva un momento in cui abbiamo bisogno di una chiamata,
quando il mondo deve tornare unito
C’è gente che muore
ed è tempo di aiutare la vita, il più grande regalo del mondo.

Non possiamo andare avanti fingendo di giorno in giorno
che qualcuno, da qualche parte, presto cambi le cose.
Tutti noi siamo parte della grande famiglia di Dio
e, lo sai, in verità l’amore è tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Noi siamo il mondo, noi siamo i bambini
noi siamo quelli che un giorno porteranno la luce,
quindi cominciamo a donare.
E’ una scelta che stiamo facendo,
stiamo salvando le nostre stesse vite,
davvero costruiremo giorni migliori, tu ed io

Manda loro il tuo cuore
così sapranno che qualcuno vuol loro bene
e le loro vite saranno più forti e libere.
Come Dio ci mostrò, mutando la pietra in pane,
così tutti noi dovremmo dare una mano soccorritrice.

Noi siamo il mondo, noi siamo i bambini
noi siamo quelli che un giorno porteranno la luce,
quindi cominciamo a donare.
E’ una scelta che stiamo facendo,
stiamo salvando le nostre stesse vite,
davvero costruiremo giorni migliori, tu ed io

Quando sei triste e stanco, sembra non ci sia alcuna speranza,
ma, se tu hai fiducia, non possiamo essere sconfitti.
Rendiamoci conto che le cose potranno cambiare solo
quando saremo uniti come una cosa sola.

Noi siamo il mondo, noi siamo i bambini
noi siamo quelli che un giorno porteranno la luce,
quindi cominciamo a donare.
E’ una scelta che stiamo facendo,
stiamo salvando le nostre stesse vite,
davvero costruiremo giorni migliori, tu ed io

Tutto qui? Sì, tutto qui, ma basta e avanza per ricominciare a riflettere sull’ego da lasciar fuori dalla propria porta.

LUCIANO COSTA

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