Il Domenicale

Le parole che non fanno rumore e le canzoni che uniscono…

Il mondo è sull’orlo della catastrofe (forse ambientale, frutto di una natura offesa, o forse umana, risultanza di un modo di vivere che ha scavalcato e scavalca qualsiasi barriera protettiva), la guerra infuria (in Ucraina, in Medio Oriente, nei Paesi del Golfo, nello Yemen e ovunque qualcuno voglia imporre il suo dominio o la sua visione di dio e religione si spara e si muore) e non smette di recitare la sua macabra parte, la Pace pronuncia parole importanti ma inascoltate (le pronunciano il Papa e chi con lui immagina una terra popolata da fratelli e persone che si danno la mano pronte ad andare incontro ad altre mani che aspettano d’essere stette e accarezzate), la libertà è maltrattata-vilipesa-sacrificata-uccisa e sepolta senza ammettere testimoni (un altro dissidente, colpevole di non si sa di che cosa ma sicuramente perché libero di pensare in modo diverso dal dittatore di turno, è morto nella Russia di Putin), la dignità dovuta a ciascuna persona in quanto persona e non oggetto viene calpestata e uccisa… mentre la verità è già stata sotterrata… E io, tu, noi, voi, essi siamo e restiamo “spettatori muti d’occhiuta tragedia”.

E questa tragedia, ogni giorno, ogni volta, ogni momento è condita con lacrime insincere, di un insieme di ragioni solo di parte, di parole inutili… Però, si dice e si proclama come giustificazione, tutto è così vago, passeggero, improvviso, veloce, artefatto, così impastato di niente….

Come è dunque possibile comprendere dove sta il vero e subito impugnarlo per dissipare la coltre di menzogne, menefreghismo, assenze, disimpegni e interessi venali che l’avvolgono? Non lo so, però vorrei saperlo e così proporre di andare verso qualcosa che valga la pena d’essere raggiunto; neppure ho risposte, sebbene vorrei possederne almeno una capace di spiegare a chi chiede “dove sta la Ragione?” che essa esiste se prima io, tu, noi, voi, essi non le diamo il volto che merita di avere: non quello oscuro che turba e neanche quello che sceglie di essere bi-fronte o addirittura multi-fronte perché serve possederne uno o più pronti all’uso e per ogni evenienza, ma piuttosto quello sereno, che a chi guarda trasmette serenità, che è capace di parlare tacendo facendo cioè intendere con gli occhi e il solo vibrare delle labbra che lui vuole quel che ciascuno sogna e cerca: cieli e terre di pace, luoghi di pensieri così veri da essere subito amati e condivisi abbracciati amati e donati, parole pronunciate per rassicurare e per indicare la via migliore, parole che non fanno rumore ma che invece creano conversazioni dialoganti e dialoghi dai quali nessuno è escluso, neppure se la sua è una lingua diversa da quella usata… “perché non è per il rumore delle parole che gli uomini sono fratelli, ma per lo spirito unico che le fa nascere diverse nella misteriosa varietà delle terre”. Ha scritto queste e altre fantastiche righe tale Joan  Maragall, poeta spagnolo nato nel 1860 e morto nel 1911, del quale solo ieri, grazie alla riscoperta di un rimasuglio di libri lasciato in un angolo oscuro e riemerso all’improvviso, ho inteso valore e attualità: il valore della parola che nessuno può considerare sua e solo sua, che mai può essere serva dell’ideologia e dei cialtroni che indegnamente e impunemente la propongono e impongono; attualità dei pensieri racchiusi nei suoi scritti, che se letti e meditati sconvolgono, non lasciano indifferenti, diventano lezione da imparare e trasmettere…

Per farlo, disse Margall nel discorso pronunciato all’Ateneu Barcelonès il 15 ottobre 1903 aprendo l’anno sociale, “dovremmo tener presente che non siamo ribelli che ghermiscono una bandiera…, che la nostra causa non è solo la causa di una nazionalità, non è una lotta tra stati o un conflitto tra famiglie, ma un ideale umano…”, che sta “al di sopra della politica, della dedicazione a una scienza o a un’altra, della ricerca della ricchezza o di esteriori giustizie sociali…”. Se dopo aver letto quel che di Joan Margall ho riassunto e magari proprio per questo modo di riferire conservate dubbi o temete di non farcela, provate a cantare una canzone…  Insomma, come invita a fare il poeta spagnolo, “provate a venire qui cantando ognuno una canzone, la propria canzone migliore; tornatevene poi da dove siete venuti continuando a cantare ad alta voce e arricchendo la vostra canzone con l’armonia di quelle che avete che avete già sentito qui. Così che quando ciascuno di noi tonerà nella cerchia del suo mondo quotidiano, lo farà avendo ormai la canzone di tutti tra le labbra. Avete idea di quanta forza abbia un uomo che si presenta con quella canzone sulle labbra? Nulla è più forte: quella canzone vincerà su tutto e al suo cospetto tutto si piegherà, si trasformerà, si illuminerà. Bisogna solo cercarla bene nel fondo della nostra anima e saperla cantare agli altri. Questa è l’arte del poeta e tutti siamo poeti, solo che non sempre ce ne accorgiamo”.

Altro non aggiungo, se non l’invito a fare tesoro delle parole pensate e pronunciate per rendere migliore il tempo che ci resta a disposizione (se tanto o poco non importa, purché sia ben utilizzato e magari condiviso con chi cammina sulla stessa nostra via) a cui segue una domanda: ma è proprio questa la fotografia della nostra società? Nonostante molti indizi inducano a pensarlo, resto ostinato nel credere che non sia questa, o non solo questa, la realtà che mi e ci circonda, che ve ne sia un’altra, sconosciuta ma altrettanto reale, fatta di parole appena sussurrate, di diritti e doveri coniugati in pari misura, di generosità distribuite in silenzio, di accoglienze esercitate senza esibizioni, di proteste fatte civilmente e ragionevolmente, di buona politica (che è servizio alla gente, mai il contrario), di giovani che rispettano i vecchi e di vecchi che guardano fiduciosi ai giovani (gli uni e gli altri impegnati a costruire orizzonti nuovi e praticabili piuttosto che a difendere prerogative acquisite e fin troppo consolidate), di gente che lavora per la pace e non per la guerra, che grida e rivendica libertà per tutti, che aiuta il mondo a non soccombere sotto il peso delle offese che gli umani gli rivolgono, che chiede dignità e pari opportunità per chiunque, che non smette di credere che solo la Verità rende liberi…

LUCIANO COSTA

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