Il mondo va a pezzi, le guerre sono orrendo pane quotidiano, le bombe hanno più ascolto e credito delle caramelle, le bugie si travestono di mezze verità e pretendono d’esser maritate, alla berlina non vanno più i dittatori (oppressori tiranni despoti angariatori persecutori liberticidi negatori…), nemmeno i furfanti (ladri litigiosi corrotti imbroglioni birboni bricconi canaglie delinquenti farabutti malandrini malfattori…) ma gli utopisti(buoni buonissimi buonisti…), gli idealisti (onesti onestissimi probi…), i sognatori (illusi pensatori d’immaginari improbabili orizzonti), i fedeli visionari vaneggianti questo o quel Dio (felici babbei oranti devoti mistici paradisiaci illuminati…) e tutti coloro che ancora credono possibile vivere ed esistere senza attaccar briga con chicchessia. Però, tutto sommato (perché no? se un perché sì? imporrebbe di pensare piuttosto che di insultare e aggredire) chi se ne frega!
Appunto: chi se ne frega! delle altrui opinioni se alla conta che conta (quella dei voti, per esempio) e che fa la differenza (succede, se succede, in democrazie compiute, o anche di dubbia compiutezza o di nessuna compiutezza, così, alla bell’e meglio, tanto per dar l’impressione di aver riguardo per il popolo) i voti miei sopravanzano con larga abbondanza tutti gli altri? Ma dai, suvvia, questa è roba di ieri o dell’altro ieri o di un ieri ancora più lontano, non certo di oggi! Sicuri sia proprio così? Dubito, ma non perché cartesianamente “sono”, bensì perché semplicemente “sono e resto” un sommo ignorante. Vedo passare norme decreti leggi leggine proposte nomine cancellazioni invocazioni e, recentissime, direttive su di un “premierato” inteso qual sussistenza senza tempo di un chicchessia capo e su quant’altro ritenuto competenza dei tenutari del potere, con approvazione sodale e solenne data e concessa con irrisoria facilità e altrettanto facile e irrisorio rispetto per le opinioni diverse, sebben magari buone, oculate e pensate. Dicono che questa è la prassi, cioè la norma, vale a dire il metodo di cui chi ha più voti può disporre a piacimento. Ragion per cui, chi se ne frega se qualcuno non ci sta!
Un anziano storico, vecchio la sua parte e quindi depositario la sua parte di fatti e misfatti accaduti e subiti, stamani mi ha ricordato il verso che tale Tenoro Masseglia (chi sia esattamente niun lo sa) a suo tempo aveva dedicato al chi se ne frega! Diceva cantando Tenoro: “Il motto pregiudicato e schietto / fu detto da un baldo giovanotto / fu trovato molto bello / se ne fece un ritornello / e il ritornello allegro fa così: / me ne frego non so se ben mi spiego, / me ne frego con quel che piace a me, / me ne frego non so se ben mi spiego, / me ne frego con quel che piace a me…”. In aggiunta, un amico mattutino e brontolone mi ha consigliato di prestare orecchio ai canterini occasionali a cui non dispiacciono gli antichi strilli che al ciel innalzano “eia, eia, eia, alalà!” e neppure ripetere, senza giustificazione alcuna, che sebben sembri strano e lontano ancora “c’è un ascaro che è allegro; / è negro, ma parla in italiano…; / per provar che parla bene, / proprio come si conviene, / ripete a perdifiato tutto il dì: Me ne frego”.
In cotanto scompiglio gli antichi avrebbero detto “mala tempora corrunt”; invece i moderni, sebben immersi in uguale e forse maggiore scompiglio, racchiudono il loro dire in un laconico “chi se ne frega!”. Essendo io antico quanto basta per essere assimilato a un rudere che si ostina a scribacchiare, resto basito e stranito di fronte a chi argomenta senza argomenti, ragiona senza Ragione(con l’iniziale maiuscola, per elevarla a virtù) e sentenzia senza accorgersi che il suo sentenziare è solo apparenza.
Un libro che di arguzia è specchio e di sapienza popolare è imbottito (“La zia Giulia e lo scribacchino”, scritto da Mario Vargas Llogas, ricevuto in dono da un’amica dotta oltre che finissima custode del “bel parlar gentile” come risposta all’ammissione, dettata dal compleanno, d’essere tra coloro che tutt’al più possono dirsi destinati a diventare, prima o poi, possibilmente più in là… semplici “ei fu…”), prima ancora di argomentare, mette in vista l’ammonimento con cui Salvador Elizondo, detto El Grafografo, giustifica il suo essere scribacchino. Scrive, e nello scritto mi identifico: “Scrivo. Scrivo che scrivo. Mentalmente mi vedo scrivere che scrivo e posso anche vedermi vedere che scrivo. Mi ricordo che già scrivevo eanche che mi vedo scrivere che scrivevo. E mi vedo che ricordo che mi vedo scrivere e mi ricordo che mi vedo ricordare che scrivevo e scrivo vedendomi scrivere che ricordo di avermi visto scrivere che mi vedevo scrivere che ricordavo di avermi visto scrivere che scrivevo. Posso anche immaginarmi che scrivo che già avevo scritto che mi sarei immaginato che scrivevo che avevo scritto che mi immaginavo che scrivevo che mi vedo scrivere che scrivo”. Aggiungo che ogni “chi se ne frega” riferito allo scritto è giustificato.
Per il resto, invece, ripeto: “Guai a fregarsene”. Il rischio, infatti, è che “fregandosene” ci si bastoni credendo di farci carezze.
LUCIANO COSTA
P. S. – Per farmi perdonare l’azzardo che vi ho proposto, vi consiglio di leggere quel che il Presidente Sergio Mattarella ha detto l’altro ieri a proposito della Costituzione e del suo futuro.Eccolo di seguito. E, per favore, consideratelo il vero odierno Domenicale.
La Costituzione siamo noi…
È di grande evidenza l’importanza di un confronto aperto nella società civile sulle modalità di partecipazione alla vita pubblica, da svolgere attraverso un costante percorso di identificazione con la nostra Costituzione. Questa, ponendo al centro la persona umana e i suoi diritti, tutela tutti e ciascuno.
La Costituzione, ieri come oggi, riguarda tutti da vicino. I suoi principi indicano modi di vivere che vanno realizzati, messi in pratica con l’esercizio della propria libertà e per il presente e il futuro comune di quella che viene chiamata, appunto, comunità nazionale.
Chi opera nell’ambito della cittadinanza attiva e solidale, giorno per giorno verifica il valore dell’attenzione alle necessità delle persone, si rende conto di quanto i valori della nostra Carta siano alla base del vivere insieme… E richiama l’attenzione sulla esigenza di intendere il significato profondo delle parole con cui è costruito il mosaico che compone le norme della nostra Costituzione, armato da queste norme.
Beatrice, hai ragione. Il lavoro è un diritto, è dignità, è inclusione. E non è un caso – come hai ricordato – che di lavoro parli l’articolo 1 della nostra Costituzione, facendone il fondamento della Repubblica. Così come l’articolo 3 aggiunga non soltanto che ogni cittadino ha eguale dignità, ma che lo Stato deve assicurare che venga rimosso quel che la ostacola. Quindi buon lavoro a te e agli amici di PizzAut, che vivono e lavorano in un clima di grande amicizia e di allegria. Diego, hai bene inquadrato come deve essere intesa la vita sociale, condivido il traguardo che hai indicato alla fine: “una brava persona”. Qualcuno potrebbe interpretarlo come un obiettivo semplice, di portata ridotta, dimenticando che l’aggettivo bravo – che viene dal latino – significa anche “coraggioso”. E la nostra Costituzione è stata scritta da brave persone, coraggiose, per cittadini bravi e coraggiosi. Mary, le tue parole esprimono un’esigenza che condivido e anche bene efficacemente presentata: l’esigenza di un maggiore coinvolgimento delle giovani generazioni nell’impegno politico e in quello che potremmo chiamare il “patriottismo costituzionale”. La democrazia deve essere continuamente inverata mediante comportamenti conformi alla Costituzione e da questa ispirati e questo compito è affidato a ciascuna generazione che ne è protagonista.
Non posso esprimermi sulle proposte di modifica della Costituzione, di norme da inserirvi, perché non è al Presidente della Repubblica ma al Parlamento che la Costituzione affida il compito di modificarla. Ma – in generale – e non mi riferisco alle proposte che hai elaborato, di cui parlavi – ma in generale, desidero far notare che la nostra Costituzione è stata scritta – con grande saggezza e con altrettanta perizia – con norme capaci di essere applicate persino a oggetti allora sconosciuti e capaci di regolare situazioni allora imprevedibili, che inevitabilmente intervengono nel corso del tempo.
Da qualche tempo registro che affiora una tendenza a volere inserire nella prima parte della Costituzione nuove disposizioni su argomenti specifici.
Questa prima parte della Costituzione rappresenta da settantacinque anni un punto di riferimento, sempre attuale e costante. Si trascura, in alcuni casi, il fatto che quel che si vuole aggiungere nel testo è già chiaramente desumibile dalle norme esistenti, proprio per il carattere generale e duttile della loro formulazione; e anche in base ai valori e ai principi che ne rappresentano il fondamento.
Occorre evitare il rischio di una rincorsa – che sarebbe sempre più frequente, inevitabilmente, per continui inserimenti di temi particolari. Questo richiederebbe quasi di fare della Costituzione una sorta di albo di argomenti, in realtà riducendone il significato e il ruolo.
I Costituenti hanno redatto la nostra Carta per i giovani, per le generazioni allora future. Perché ogni generazione la consegnasse a quella successiva. Anche per questo si basa su un impianto di valori e di principi, tradotti in norme, capaci di applicarsi a quanto interverrà nel corso del tempo.
Trovo di grande significato l’interesse e la curiosità che manifestano i giovani rispetto alla Costituzione. Anche oggi dalle riflessioni dei tre giovani che hanno parlato – che ringrazio molto – sono emerse considerazioni di fondamentale rilievo: il diritto all’inclusione, alla rappresentanza, all’aggregazione giovanile.
In questi diritti e negli altri – tutti contenuti nella Costituzione – c’è il senso della nostra vita comune, del nostro – vorrei ripetere – futuro comune; di quel “siamo noi” che viene indicato nel titolo di questo incontro. Per questo nessuno può affermare che la Costituzione non lo riguardi.
La Carta costituzionale ha generato la nostra Repubblica democratica, ha fatto crescere l’Italia e il suo prestigio nel mondo.
È una conquista, va conosciuta, amata, difesa, vissuta, ogni giorno per accogliere nuovi bisogni, per tutelare chi si trova ai margini, per avere cura dei più fragili, per affrontare le nuove sfide di convivenza e di pace.
In una parola: per vivere insieme; condizione cui siamo chiamati.