Dicono le cronache che il viaggio verso la soluzione della crisi politica è lungo, non facile, faticoso e tortuoso, ben lungi dall’avvicinarsi alla meta. Per adesso, e chissà per quanto tempo ancora, mancano i numeri, che per essere forieri di buone nuove dovrebbero pendere da una parte piuttosto che dall’altra. In più, il viaggio è popolato non da camminatori esperti e risoluti, bensì da narcisi e narcisetti ai quali innanzitutto preme d’esser considerati e poi di risultare utili al proseguimento spedito del viaggio intrapreso. Se questo è il passo distintivo, è assai probabile che non si vada da nessuna parte. Per narcisi e narcisetti intendo quelli che se la tirano, se la spassano e se la ritirano noncuranti di chiunque si trovi accanto a loro. Oggi in politica i narcisi e i narcisetti sono i tipi alla Dibba, alla Dima, alla Gius, alla Mat, alla Sil, alla Gior o alla Chiun(que), altro o altra che dir si voglia o si voglia aggiungere.
In generale narcisi e narcisetti sono fighetti, sfitinzie, bulli, bulle, belloni e bellone che prima di dire “a” si guardano allo specchio e per aggiungere un “b” contano i “mi piace” nel frattempo giunti in rete (che se per caso mancano o sono pari a uno, magari quello che si son dati essi stessi, apriti cielo…).
Narciso, però, è prima di tutto una pianta che quando è stagione regala un fiore genericamente giallo, capace di spandere un profumo che stordisce, quindi adatto a far perdere la trebisonda ai cercatori di emozioni improvvise e ai carenti di autostima ma ricchi di superficialità. Però, se a narciso viene tolta la “o” finale sostituendola con un estemporaneo “ista”, narciso diventa narcisista ed è lì per significare “tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere”.
In letteratura Narciso è il compagno d’avventura di Boccadoro. Non a caso, infatti, “Narciso e Boccadoro” è il titolo di un fortunato romanzo, scritto da Hermann Hesse nel 1930, dedicato al mito dell’amicizia, incentrato sul viaggio che diventa metafora della vita, portato in giro per salotti piccolo-borghesi come emblema di un intellettualismo che si crogiola nel mito, quale che sia non ha importanza. E’ invece importante la lezione che Narciso rifila a Boccadoro al termine del viaggio, quando riassumendo anni di conoscenza e di peripezie sperimentate e sopportate stando uno lontano dall’altro, nel momento in cui le strade sono tornate a congiungersi spiega all’amico ritrovato che “non è il nostro compito quello d’avvicinarci, così come non s’avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra; noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra; la nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento”.
Qui e adesso narcisi o narcisetti sono i contendenti che nell’arena politica cercano modi e metodi per mettere gli avversari al tappeto così che a lor soltanto siano attribuite la vittoria e la gloria. Per raffigurarli degnamente in quella loro preminente funzione, Mattia Feltri (ieri su “La Stampa”) li ha raffigurati e raggruppati accovacciati ai piedi di un “Conte fumo” tale e quale a Perelà (l’omino di fumo inventato da Aldo Palazzeschi), leggero, etereo, prodotto purissimo del fuoco purificatore, delicato, affabile, gentile e puro. Così puro da meritarsi il compito di scrivere il nuovo codice per il governo dello Stato. Purtroppo, quando al fumoso conte capitò una disgrazia, l’omino di fumo divenne più fumoso di prima… Finì in prigione “da dove, appunto perché omino di fumo, uscì attraverso il camino”, per sparire nel nulla da cui era venuto.
Se credete di aver visto in quanto è stato scritto le sembianze di qualcuno conosciuto e ancora assiso sugli alti scranni del circo, sappiate che ogni riferimento a persone e fatti è puramente casuale, frutto di immaginazione, tutt’al più verosimile essendo improbabile (o no?) che qualchedun dotato di normale comprendonio possa compiacersi d’essere equiparato a un qualsiasi “omino di fumo”.
Leggendo quel che Leonardo Becchetti ha scritto e messo in pagina, ho capito che “il narcisismo nasce dalla legittima e umanissima aspirazione ad avere riconoscimento e attenzione”, ma che “diventa però patologia socialmente distruttiva quando l’io vuole dominare sulla squadra e alimenta invidie e gelosie tali da distruggere relazioni e far naufragare il lavoro d’insieme”. Però, aggiunge Becchetti, “dal narcisista non potete aspettarvi coerenze su temi e comportamenti perché la coerenza sta invece nel fare qualcosa che in un dato momento può riportare su di sé l’attenzione, curando un difetto di attenzione stessa. E se per attirare l’attenzione bisogna dire e fare il contrario di quello che si è detto e fatto in passato, lo si dirà e lo si farà”. Insomma, “dal narcisista più che coerenza nei temi e negli argomenti nel tempo dobbiamo aspettarci coerenza nel combattere chi gli fa ombra e chi concentra altrove e altrimenti l’attenzione”.
Il rimedio a siffatto modo di procedere non esiste sotto forma di pillola. Un valido rimedio sta invece nell’intelligenza dei singoli e nella loro propensione, se si son dati alla politica, di intenderla nella sua forma migliore, che è quella del mettersi continuamente in dialogo e confronto, rifiutando assolutismi, smussando i veti assoluti, evitando le rancorose attribuzioni di colpe, cercando e ricercando ancora, forse mediazioni e condizioni su cui impostare onorevoli soluzioni, più concretamente mettendo in chiaro la disponibilità a cercare anche ciò che avevi dimenticato di cercare, ma che ancora valeva la pena di essere cercato.
Cioè, cercando “avendo l’umiltà di non pensare di essere depositari di verità e abilità superiori alla somma di verità e abilità detenute da tutti gli altri; rafforzando i legami di squadra, quelli fiduciari tra i componenti (e i contendenti politici, dico io) e riducendo lo spazio di protagonismi individuali in ogni contesto in cui si è chiamati ad agire, mettendo in primo piano nell’azione il bene comune, il bene del Paese”.
Non c’è più tempo. Adesso è solo necessario smettere di credere che il problema sia sempre di qualcun altro.
Dunque, cari Gius, Dibba, Dima, Mat, Sil, Gior e chiunque altro con le mani in pasta (identificateli e giudicateli voi, se potete e volete), per favore, smettetela di giocare a rimpiattino, perché “se la Patria svapora, se i capi danno ordini insensati promettendo che tutto andrà bene mentre è chiaro che tutto sta andando malissimo, è in utile fare rivoluzioni, perché finisce anche peggio…”. Non so chi sia l’autore di siffatto eloquente inciso, di sicuro non è uno dei tanti narcisi o narcisetti in libera uscita. Infatti, almeno secondo Scott Spencer, scrivere e magari anche leggere, “richiede parecchio tempo, e più inventiamo strumenti per risparmiare il tempo, meno la gente sembra averne a disposizione”.
Come ha ribadito Amanda Gorman, la ragazzina che ha sconvolto col sorriso e la parola l’America più inquieta e dolente, “se vogliamo essere all’altezza del nostro tempo, allora dobbiamo fare in modo che la vittoria non venga dalla spada, ma dai ponti che costruiamo”.
Meditate, politici contendenti dentro una crisi che di tutto ha bisogno meno che di contese, meditate…
LUCIANO COSTA