Succede di tutto in quel grande bosco reale e visibile che, occasionalmente, ci ospita! Nel bosco reale e sempre visibile si nasce e si muore – perché questo è il destino che madre natura riserva ai suoi figli –, lì il lupo e l’orso spaventano chiunque s’azzardi a invadere il loro territorio, la lepre resiste alla volpe, il cervo il camoscio e lo stambecco onorano i pascoli più alti e impervi, il cinghiale fa razzia di tutto ciò che ritiene confacente alla sua fame, mille e mille uccelli volano liberi e giocondi fin quando il temporale li obbliga a cercare rifugio tra rami e sassi ospitali, funghi more mirtilli fragole erbe frutti radici, foglie e qualunque altra espressione della natura dicono che l’essenziale è invisibile solo agli occhi degli avari e degli ingenerosi mentre è visibile a chiunque cerchi con pazienza e amore, rifuggendo dalla bramosia del possedere e dominare... Succede di tutto anche nell’altrettanto grande bosco, quello delle favole. Però da quelle parti, a differenza dell’altro, lì qualunque cosa accada è rivestita di magia e impreziosita da parole e gesti che nulla hanno da spartire con quelle messe in circolo da feroci personaggi – gentaglia, nulla più – capaci di pesare oro e argento ma incapaci d’accorgersi di essere destinati, come qualunque altro, a restare in eterno sotto manciate di terra fredda e di sicuro neppure ingentilita da un fiore.
Nel bosco delle favole ogni storia incomincia dicendo “c’era una volta…” e si conclude assicurando che a quel punto “tutti vissero felici e contenti”. Un libro scoperto ieri in libreria – un libro piccino piccino ma eloquente e gustoso la sua parte –, mi ha confermato che nel bosco delle favole non mancano coloro che cercano indizi utili a decifrare i misteri e a renderli buoni per tutti. Tra questi vi sono Naso, un tenero cagnolone pigro e goloso ma con un fiuto eccezionale e Becco, il suo aiutante, un uccellino dallo sguardo alto e attento cui non sfugge il benché minimo dettaglio. Insieme formano un’affiatata coppia di investigatori chiamata a indagare e a chiarire i piccoli misteri che agitano la vita del bosco. Ho allora pensato a come Naso e Becco saprebbero rendere dura e impervia la professione di coloro che nel bosco reale visibile e abitato da umani cercano solo quel che poi possono usare per portare danaro (ovviamente estorto con inganno e subdola maestria ai loro simili, più o meno birbanti come loro) nelle loro insaziabili tasche-bocche-borse-borselli e borsellini…Leggendo quel gran libro piccino piccino mi sono anche ritrovato nel bel mezzo della vita del bosco dove si verificano situazioni che chiedono e reclamano spiegazioni. Per esempio, dove è finito Dentino il castorino, assai simile al contadino che semina e spera piuttosto che al raccoglitore di prebende, che dopo una giornata di gioco non è tornato a casa? E chi è mai colui che manda “antipatiche lettere anonime alle rane impegnate a tarda sera con gran gracidare a provare il concerto di primavera?”. Nessuno lo sa, ma con buon fiuto e occhi vigili Naso e Becco scopriranno i malevoli maligni bugiardi pettegoli maldicenti restituendo giusta dignità agli offesi.
A questo o quel punto Naso e Becco potrebbero dedicarsi ad altro, uno a correre per prati e boschi e l’altro a sorvolare piante e vette. Potrebbero… se e come gli abitanti del bosco la smettessero di pretendere, sempre e comunque, di avere ragione. Invece, avete presente quelle discussioni senza fine nelle quali tutti credono di avere ragione e dunque essere depositari di ragioni da usare per distruggere quelle possedute da altri? Sebbene siano fuori luogo stonate inattuali pretestuose e addirittura inique, esse continuano e non smettono di creare frizioni odio incomprensioni… Questa sete inesausta di ragione gli esperti la definiscono “illusione dell’adeguatezza dell’informazione“, che tradotto significa “pensare di avere tutte le informazioni necessarie per farci un’opinione quando invece ci manca una buona fetta della storia”, magari quella che contiene ciò che “non sappiamo di non sapere perché ne ignoriamo l’esistenza”. Tutto questo sapere e saputo l’ho trovato descritto in uno studio che al saputo aggiunge un altropregiudizio cognitivo, chiamato realismo ingenuo, che inevitabilmente induce a pensare che “la nostra visione sia oggettiva anche quando è palesemente soggettiva, con ciò rendendo difficile accettare come valide le opinioni altrui”. Mi sono chiesto, e adesso lo chiedo a voi: come si esce da questa situazione? Gli autori dello studio da cui ho attinto materia per confermare Naso e Becco nel loro ruolo di investigatori dell’essere e del divenire, dicono che “possiamo combattere la distorsione della realtà, dell’illusione dell’adeguatezza dell’informazione rendendoci conto che ci mancano informazioni cruciali, colmando queste lacune con l’umiltà di riconoscere la propria visione parziale, accettando il fatto che solo conoscendo il resto della storia saremo aiutati a comprendere meglio l’opinione altrui prima di giudicarla”. Purtroppo la realtà o, meglio, il vissuto quotidiano, spinge altrove, spinge verso un deserto in cui la ragione è vilipesa mentre le personali ragioni pretendono d’essere uniche inoppugnabili incontrastate assolute…
E la verità, dove abita la verità? Che ci sia ognun lo dice, ove sia nessun lo sa. “Io sono ignorante, ma questo non significa che la verità non esista”, ha scritto quel grande cercatore di verità che fu Franz Kafka, a cui mi aggrego, almeno ammettendo di essere sicuramente ignorante. Nel suo “breviario” Gianfranco Ravasidice che questa “è l’affermazione della oggettività della verità che esiste in sé precede ed eccede la stessa ricerca umana”. In aggiunta, ecco Socrate che dice: “Una vita senza ricerca (della verità?) non merita di essere vissuta”, con ciò stabilendo che a opporsi alla verità è l’ignoranza supponente, “non tanto – spiega Ravasi – la non-conoscenza che può essere colmata e divenire sapienza, quanto l’arroganza dell’ignorante convinto di avere a sufficienza conoscenza e sapere”, quindi ragioni da spendere e spandere sena ragione e limite. Da questa non-conoscenzaartatamente camuffata da sapere essenziale, prende forma la post-verità, nemica acerrima del vero e del giusto. “Di essa spudoratamente si ornano e vantano uomini e donne che si nutrono di politica, soprattutto quando sono potenti e credono di poter plasmare liberamente la realtà e creare alternative a loro piacere rispetto al vero”. Ma, lor signori, quelli che fanno la guerra, che cercano potere, che rimandano indietro i loro simili a mani vuote e lacerate, che predicano bene e razzolano male, che se ne infischiano della verità perché loro si credono “la verità”, sanno di essere caduchi incerti e malmessi come e forse peggio le foglie d’autunno? Sanno che per realizzare pienamente se stessi, magari come sono stati pensati dal buon Dio, devono sognare in grande? Sono coscienti che per realizzare cose importanti, buone per tutti, non possono puntare solo sul loro ego, ma invece liberarsi dalla presunzione, condividere con gli altri le proprie qualità e difetti, farsi umili, semplici, ultimi…
Mi riconfermo ignorante. Però, quella preghiera di Antoine de Saint-Exupéry (l’autore del “Piccolo Principe”, quello che scrivendo “l’essenziale è invisibile agli occhi” ha obbligato lettori di ogni età e provenienza a fare mille diverse riflessioni),invitandomi a guardare la realtà con il cuore, libero da ogni arroganza, mi solleva l’animo e mi concede la presunzione, passeggera, di sentirmi meno ignorante. Dice la preghiera:
Non ti chiedo né miracoli né visioni
ma solo la forza necessaria per questo giorno!
Rendimi attento e inventivo per scegliere
al momento giusto
le conoscenze ed esperienze
che mi toccano particolarmente.
Rendi più consapevoli le mie scelte
nell’uso del mio tempo.
Donami di capire ciò che è essenziale
e ciò che è soltanto secondario.
Io ti chiedo la forza, l’autocontrollo e la misura:
che non mi lasci, semplicemente,
portare dalla vita
ma organizzi con sapienza
lo svolgimento della giornata.
Aiutami a far fronte,
il meglio possibile,
all’immediato
e a riconoscere l’ora presente
come la più importante.
Dammi di riconoscere
con lucidità
che le difficoltà e i fallimenti
che accompagnano la vita
sono occasione di crescita e maturazione.
Fa’ di me un uomo capace di raggiungere
coloro che hanno perso la speranza.
E dammi non quello che io desidero
ma solo ciò di cui ho davvero bisogno.
Signore, insegnami l’arte dei piccoli passi.
Quella che rende possibile scalare anche le montagne più alte… Un poco per volta, un passo dopo l’altro.
LUCIANO COSTA