Il domenicale è forse stanco o forse soltanto annoiato di fare la conta del peggio e vorrebbe quindi occuparsi del meglio, perché la domenica è il dì di festa e la festa non esiste se neppure è si è tentati di sorridere, darsi la mano (ahimè sconsigliato di questi tempi, ma idealmente sempre salutare), scambiarsi un dono, condivider il desco familiare, passeggiare alla scoperta di del bello e del buono, che pure esistono ancora. Invece, a parte le lodevoli eccezioni, soprattutto quella di un “uomo vestito di bianco” che a mezzogiorno s’affaccia alla finestra che guarda su piazza San Pietro a Roma per salutare chi è presente e chi è collegato, per recitare la preghiera e augurare “buon pranzo” (ovviamente sperando che nessuno sia escluso dal rito) è tutto un procedere-susseguirsi-accavallarsi-ingarbugliarsi e incupirsi tra paure vere e presunte, disastri improvvisi, malati crescenti, morti inevitabili, terremoti e tsumani (uno anche ieri andato a devastare lontane isole), bimbi strapazzati da incuria (Torino sta meditando sullo strazio lasciatogli in eredità da quello fatto cadere dal padre dal quinto piano di una casa simil-popolare), femminicidi e omicidi, violenze casalinghe su mogli-compagne-amiche-amanti e violenze di gruppo su ragazze ancora spensierate, guerre infinite, terrorismo senza confini, odio razziale insensato, negazionismi idioti (no vax, ma perché se è provato che vaccinarsi è salute? no questo e quello, ma perché se poi ciò che è proposto è magari un bene di pubblica utilità e non la cieca ubbidienza all’io voglio e posso di qualcuno?), sentenze di giudici che sentenziano esattamente il contrario di quel che altri avevano già sentenziato… E ancora: giornali senz’anima (notizie sparate con titoli da incubo, pochi ragionamenti e ancor meno proposte di letture intelligenti oltre che illuminanti), politici incapaci di vedere oltre la punta del dito che usano per schiacciare il tasto di votazione e così ubbidire alla spesso perversa logica dei loro partiti, politici arraffoni-tronfi-urticanti e ammuffiti benché tirati e ritirati a lucido dal soldo e dalle immagini posseduti in grande ed eccessiva quantità che immaginandosi fari accesi e splendenti invece di normali quanto occasionali lucciole pretendono di trovare post sul colle più prestigioso…
Poi, ci siamo io e voi, noi insomma, popolo in attesa. Ma chi se ne importa di quel che pensiamo e che magari vorremmo? Uno, che purtroppo se ne è andato avanti anzitempo, c’era: sognava un mondo di uguali, un’Europa senza confini, abitanti felici, solidarietà diffuse, giustizia vera, dignità per chiunque. Sognava, appunto… Si chiamava David Sassoli (occasionalmente Presidente del Parlamento Europeo ma prima e comunque marito, padre, giornalista, persona…) e l’Europa e il mondo lo hanno salutato come un cittadino che ha onorato la professione giornalistica e l’impegno politico. Roma si è fermata per un attimo, i suoi amici hanno pianto, chi l’ha conosciuto come politico di servizio e di generosità sorridente ha sussurrato un “grazie” doveroso e convinto.
Allora sono andato al tempo in cui, scrivendo di uomini della politica, lo incontrai con Mino Martinazzoli, politico-impolitico e perciò degno di far scuola ai cercatori di sogni (come David e tanti altri) da tradurre in cose concrete e utili) a un convegno dedicato ai giovani e alla politica. Con Mino stavo discutendo del disimpegno non tanto dei giovani quanti di coloro che ai giovani avrebbero dovuto insegnare ad amare la politica. David, che era con noi, disse che serviva una ventata di coraggio per far rinascere la speranza in una “politica asfittica” (disse proprio così). “Altrimenti – aggiunse – i giovani vanno altrove e le stanze della politica saranno sempre più scure”. Mino, con vigore, disse che la strada era quella del ricercare “le ragioni della politica, spogliarle dalle prebende e consegnarle pure e forti ai giovani”. David strinse la mano a Martinazzoli e salutandomi mi diede appuntamento dalle parti della Rai, dove lavorava. Non ci fu occasione per attualizzare l’incontro… Ricordando, ho rimproverato a me stesso di non aver approfondito quella bella conoscenza.
Seguendo poi il funerale e ascoltando le parole pronunciate dal cardinale Zuppi, suo amico e compagno di banco, ho rivisto quel David che invocava una “ventata di coraggio”, la stessa che ha animato il suo impegno e che adesso è lasciata in eredità a chi vorrà continuare a credere nella buona politica. “Di Davide – diceva il cardinale celebrante – credo che tutti portiamo nel cuore il suo sorriso, che è il primo modo per accogliere e rispettare l’altro, senza compiacimento, semplicemente. Era un credente sereno, era un uomo di parte, ma di tutti, perché la sua parte era quella della persona”. E poi “era ‘uno di noi’, quasi istintivamente, per quell’aria priva di supponenza, di alterità, empatica, insomma un po’ per tutti un compagno di classe. Adesso, Davide ci aiuta a guardare il cielo, a volte così grande da spaventare, che mette le vertigini. Però lui, che lo ha cercato sempre, da cristiano in ricerca eppure convinto, quel cielo ce lo regala…”.
Marco Tarquinio, ricordando il Presidente del Parlamento Europeo andato così in fretta al “paradiso dei giusti”, lo ha disegnato “uomo gentile e appassionato, capace e lungimirante, sorridente e pensoso; pensoso non per vezzo, o peggio per una qualche paura, ma perché capace di prendere sul serio persone e cose (incontri e occasioni, cariche e incarichi, sconfitte e successi) senza farsi prendere da esse, cioè restando libero, in coscienza e responsabilità, pur aderendo a un ideale, pur appartenendo a una storia”. È il ritratto del politico di valore, che tantissimi hanno conosciuto. In più, David è stato “un cattolico senza complessi e democratico senza esitazioni, un giornalista e stimato, un parlamentare coraggioso che alle Istituzioni europee ha dato i suoi anni migliori”.
Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, il quotidiano cattolico, alle parole di ricordo per l’uomo pubblico impegnato nella politica, ha aggiunto quelle legate al mestiere di giornalista svolto da David con umiltà e pazienza. “Egli ha scritto – è stato, e resta, uno di quei cronisti con le idee chiare sul nostro mestiere, affidabile e popolare nel senso più genuino di questi concetti inflazionati eppure preziosi. E per di più convinto – come molti di noi – che non possano e non debbano esistere ‘porte girevoli’ nelle redazioni, che non si possano confondere lettori ed elettori, spettatori e supporter: una volta che si decide di entrare nell’agone politico da protagonisti, schierandosi, e dunque non più da testimoni e interpreti, non è giusto tornare indietro o addirittura mettere in scena andirivieni. Una scelta di chiarezza, per rispetto di sé stessi e dei concittadini”.
“Ed è questo – ha aggiunto il direttore – il rispetto che egli ha nutrito anche per i propri avversari, pure quanto alcuni tra questi lo hanno rispettato assai poco e, nell’attaccarlo, sono addirittura arrivati a definirlo «nemico degli italiani» per le limpide posizioni assunte sempre, e soprattutto da presidente del Parlamento europeo, sulle migrazioni umane, sulla civiltà e la solidarietà mai negoziabili e sul giusto governo dei movimenti di persone sulla faccia della Terra”. Ma il suo, come scoprii in quel giorno romano in cui lui parlò della necessità di una “ventata di coraggio per ridare dignità alla politica” è stato un rispetto guadagnato anche argomentando e tenendo posizioni coerenti e forti, a volte così anticipatrici da risultare solitarie (nei palazzi, non nella società), per indicare e rafforzare i perni della costruzione dell’Europa unita, per reclamare una politica libera sul piano economico-sociale non da un assennato rigore ma dal rigorismo mortificante, per individuare priorità umane e necessariamente globali, tenacemente accanto ai più deboli, nella prova pandemica e nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo.
Poi, per finire e riconciliarmi col dire e scrivere domenicale, ho letto quel che Umberto Folena ha racchiuso in righe dedicate a quel che di David è stato seriamente e responsabilmente detto e scritto: Chiara Giannini (“Giornale”, 14/1): «È riuscito a riunire anche gli avversari politici nel giorno in cui tutta Italia gli ha reso omaggio». Mario Ajello (“Messaggero”, 14/1): «È riuscito nel miracolo di riunire anche gli opposti». Così gli “opposti” si riuniscono attorno a Sassoli e parlano delle elezioni del Presidente, com’è inevitabile. «Perché ora serve lo spirito Sassoli» (“Stampa”, 14/1) è il titolo del commento di Francesca Schianchi (non è un refuso: “spirito Sassoli”, non “di” Sassoli; spirito nel senso di metodo e stile). Schianchi cita Gianni Letta, sullo sfondo Silvio Berlusconi. Eccolo, dunque lo “spirito Sassoli” da applicare al Quirinale: «Rinunciare alle convenienze di partito o addirittura di corrente, superare polemiche e attriti, mettere da parte le divisioni del quotidiano per individuare il nome che davvero possa diventare il rappresentante di un intero Paese». «Al Quirinale uno come lui» (“Repubblica”, 14/1) è il titolo al servizio di Francesco Bei dalla camera ardente. Dice: «La politica e i politici, spesso distanti, cinici, sovente mediocri, talvolta impresentabili, per un giorno sembrano diversi». Ecco, bisognerebbe transitare rapidamente dal “sembrare” all’“essere”. Sarebbe il vero “miracolo”… Ribadisce Luca Natiffi, suo consigliere politico (“Corriere”, 14/1): «L’addio che ha ricevuto è senza precedenti, per un politico». Uno dei suoi segreti? «Non ti camminava mai avanti, ma sempre a fianco». E aggiunge Pio Cerocchi (“Messaggero”, 14/1): «Era una persona orizzontale. Mai un atteggiamento di superiorità, mai una deroga alla sua umiltà».
Il che porta a concludere che ci vorrebbe un Sassoli per il Quirinale, che uno così lo cerchiamo disperatamente. David Sassoli lascia in eredità a noi e soprattutto al mondo politico oggi disorientato e incapace di vedere oltre i luccichii imposti e regalati da chi vuole scalare il Colle, la gentilezza del “fare e del servire”, che non è mai rinuncia alla chiarezza e all’incisività, ma che è parte essenziale dei contenuti di una politica davvero buona, degna del suo compito, di nuovo rispettabile e rispettata.
Ciao, David! Ti sia lieve la terra e felice il viaggio che ti porta dove riposano i Giusti.
LUCIANO COSTA