“Pasqua”, giorno importante comunque lo si guardi e comunque lo si voglia intendere. E’ un giorno di quelli che a pensarli e osservarli bene impressionano e stupiscono: forse perché sommano e comprendono fedi-usanze-religiosità-memorie-celebrazioni-ricordi e preghiere diversi e mutevoli a seconda di come si rivolgono a questo o a quel Dio; forse perché il mistero della morte e risurrezione di un Giusto non smette di avvolgerli; forse per l’aria comunque gioiosa che li accompagna; forse per il carico di differenze-contrapposizioni-contrasti-diosuguaglianze-offese-guerre-rivalse-odio e insopportabilità che emergono e offendono pretendendo spazio e imponendo le loro perverse logiche; forse perché mettono in chiaro che siamo uguali e diventiamo disuguali solo perché vogliamo marcare la differenza piuttosto che valorizzare l’uguaglianza. E’ il giorno di “Pasqua” e meriterebbe di essere vissuto in pace, abbracciati gli uni agli altri convinti che solo nell’abbracciarsi risiede e agisce la medicina del buon vivere. Invece, la guerra e le guerre divampano, uccidono, seminano terrore e offuscano le menti dei potenti per i quali è normale, normalissimo, armarsi e imbottirsi di fucili mitraglie cannoni bombe missili bombardieri droni pistole e altre innumerevoli cianfrusaglie costruite apposta per ammazzare e così far tacere chi non è disposto a sedere in compagnia dei predicatori di sventura e morte, quelli che non aderiscono al banchetto ordito dai guerrafondai, coloro che non ci stanno a fare comunella con chi reputa assai più importante imporre il suo calcagno sulla bocca dei dissenzienti invece che mettere fiori di pace in giro per palazzi strade e campi…
Per coincidenza voluta dal più astuto lunario esistente – anche il nostro, come l’universale e universalmente appeso al muro di case palazzi baite capanne cucine e salotti – questo è un giorno che mette insieme Pasqua, Pesach, Ramadan, Nowruz. “Per casualità o mistero – ha scritto ieri Luca Casalini – qualcosa ha voluto mostrarci, facendo coincidere cicli lunari e calendari diversi, quanto il nostro Mediterraneo e il nostro stesso mondo sia una casa comune, un punto di origine e allo stesso tempo un passaggio obbligato di moltitudini che pur provengono anche da luoghi diversi e lontani dalle sponde del mare e degli oceani”. Così, oggi, le principali ricorrenze religiose, segni di culture e tradizioni che affondano le loro radici nel nostro millenario cammino, dicono e confermano la comune appartenenza, che chi vuole vedere, vede. Il Ramadan, il mese sacro dei musulmani, coincide con il Pesach, il “passaggio” celebrato da chi professa la religione ebraica… E Ramadan e Pesach coincidono la Pasqua cristiana, ricordo della morte e risurrezione di Gesù, il Giusto per eccellenza… E Ramadan, Pesach e Pasqua cristiana coincidono con il Nowruz, capodanno persiano, festeggiato in Iran come in Iraq, in Afghanistan come in Turchia, da coloro che professano la religione zoroastriana. E tutto questo si rinnova anno dopo ano da millenni, ricordando a ciascuno che la primavera sconfigge l’inverno, che la vita sconfigge la morte. Basterebbe dedicare un poco di tempo al ripasso della storia delle religioni per rendersene conto”. Però, chi è disposto a smetterla con i “si dice” approssimativi e fuorvianti per impegnarsi a capire quel che serve capire per sconfiggere il pressapochismo? Scrive ancora Casalini: “Il Ramadan, che letteralmente vuol dire “torrido” perché originariamente cadeva in estate, è considerato il mese più sacro dall’Islam. In questo periodo nella “Layat al–Qadr”, la “Notte del Destino”, l’arcangelo Gabriele rivelò al profeta Maometto, il Corano. L’Arcangelo Gabriele: che sia quello che conoscono i cristiani? Certamente si. E proprio i cristiani, i seguaci di Gesù di Nazareth, celebrano anch’essi una rivelazione, e cioè l’inizio della vita pubblica di Gesù fino al compimento della profezia, nella Croce e nella Salvezza. La Quaresima, infatti, come nel Ramadan, prevede il digiuno, per avvicinarsi” a Dio, e ad Allah. Ripensando alle polemiche di casa nostra, dei cristiani da operetta contro il Ramadan, viene da sorridere. Ma è l’incontro, vis a vis, tra Pesach ebraica e Ramadan islamico, che dovrebbe far impallidire e tormentare per l’eternità i fautori della “guerra di civiltà” in Terrasanta…. Pesach, passaggio… di chi è oppresso verso un mondo nuovo, fatto di rispetto per quel Dio che dice non uccidere. Durante questa celebrazione, il pane viene consumato azzimo, senza lieviti, in ricordo della fuga, della fame… Che cosa è, dunque, una Pesach mentre si fa patire la fame e la morte, in Palestina, ad altri figli di Abramo? E quale Ramadan si può celebrare, per chi crede nell’Islam e nel Corano, coltivando solo sentimenti di odio e promuovendo il martirio del proprio popolo come unica soluzione finale? Se il Ramadan è digiunare per avvicinarsi ad Allah, che impone di essere diversi, di purificare sé stessi per scacciare da sé le idee di intolleranza e violenza, quale peggiore bestemmia nel tradirlo? Poi, la Pasqua cristiana, che dal Giusto riceve il mandato di amarsi e rispettarsi come fratelli, gli uni e gli altri, perché è il prossimo colui che si deve amare e soccorrere… E che dire dei falò del Nowruz in Iran, attorno ai quali ancora qualcuno, donne coraggiose, cantano “Donna, Vita, Libertà”, sfidando i grandi sacerdoti al potere che non vogliono la primavera, ma solo l’inverno e l’inferno?”.
Oggi come sempre, nel nostro Mediterraneo si sono date appuntamento le origini comuni. “Il Mediterraneo come “passaggio, sofferenza e speranza, per tanti che tentano la traversata verso una condizione migliore di vita, verso una speranza… Magari li incontriamo in mare, ascoltiamo le loro storie di torture e violenze subite in Libia, nei lager, in Tunisia, deportati nel deserto, ovunque siano… La loro Pasqua, e anche la nostra, è questa…”. E dice, questa Pasqua nostra e loro, che “vi è morte e resurrezione nel Mediterraneo, vi è rivelazione, c’è l’inverno e la primavera… E ci siamo noi, che abbiamo paura delle nostre origini comuni, abbiamo paura di guardarci allo specchio. E allora è più facile che irrompa sulla scena di questo appuntamento tra religioni e culture, una nuova religione. Che non può vantare la storia millenaria delle altre, ma sfodera l’arroganza del capo. Una religione senza dogmi, di puro culto. Adorazione del denaro e del potere, individualismo proprietario, il mercimonio di ogni cosa, in primis la vita umana. Una religione illuminata dallo scientismo, dal tutto è spiegabile e ciò che non lo è non esiste. E’ questa la religione della guerra e delle armi, della devastazione di Madre Terra in nome del profitto, è la religione del Dio sono io. Abbiamo paura delle religioni millenarie, ma non di questa. Perché se ci confrontassimo con le altre, che crediamo o no, troveremo sempre una storia di ribellione, di conflitto contro lo status quo e contro quella parte di noi affascinata dal male, dalla sopraffazione, dall’onnipotenza di poter infliggere all’altro ogni cosa. Troveremo ciò che ci mette in discussione, per come viviamo questa vita, per come la facciamo vivere ad altri. Amaramente, è questa, dunque, la religione dei nostri tempi ed è una religione che ha sconvolto fermato e addirittura annullata ogni altra presente nella storia dell’umanità… E si accinge, questa religione nuova e devastante, a costruire un suo regno...”. E per raggiungere il suo scopo opera tutti i giorni…
Poi, altre “Pasqua”. Il cardinale Zuppi, con umiltà e coraggio, dice che c’è, sempre e comunque, basta aver voglia di vederla, “la Pasqua di cui il mondo intero ha bisogno: uomini e donne credenti o comunque di buona volontà che scendono con il Risorto nel buio degli inferni di questo mondo per stendere con Gesù le loro mani e trarre in salvo tutti. Basta poco. Gli inferni, dobbiamo svuotarli. Possiamo svuotarli. Cristo ha vinto il male e accende la fede per combatterlo. Ecco la Buona Pasqua! (dei cristiani e di tutti coloro che cercano il Bene Comune)… Pensate se tutti, ma proprio tutti, i cristiani del mondo, siano pure divisi su tutto il resto, e con loro gli uomini di buona volontà, il giorno di Pasqua potessero dire ad una sola voce e simultaneamente almeno questo: basta, la guerra non salva nulla e nessuno. La guerra distrugge tutto e tutti e non rinforza nessuna identità, nessuna convivenza, nessuna religione. Perché la guerra avvelena tutti i pozzi, in tutte le latitudini. In questa corale confessione del contagio che la guerra diffonde su tutto e tutti, prende luce e dona forza l’annuncio coraggioso della fede, contagio di amore. Ecco la “Buona Pasqua!”.
Comunque, è Pasqua e a volte il sogno diventa realtà, la speranza profezia. È successo, e continua a succedere. A Neve Shalom Wahat al-Salam, c’è e si vede una sana follia capace di tenere insieme, abitanti della stessa terra, israeliani e palestinesi. A dispetto delle continue provocazioni politico-militari, malgrado l’ultima devastante crisi nata dall’attacco terroristico di Hamas cui è seguita la terribile risposta dello Stato ebraico. Non che l’orrore, la preoccupazione e la paura manchino, tutt’altro. Semplicemente gli abitanti del villaggio, posto tra Gerusalemme e Tel Aviv, credono che non esista alternativa al dialogo, che sia pace la parola finale da scrivere sui libri di storia che raccontano la regione. Attualmente in questa realtà nata nel 1972 dal coraggio e dalla passione di padre Bruno Hussar, vivono circa 300 persone distribuite in 80 famiglie, metà palestinesi e metà israeliane, che condividono ogni decisione e scelta del vivere comune…
Pasqua è qui. E l’augurio di don Giacomo Canobbio, che raccolgo e faccio mio, dice: “Nostalgia di speranze ormai morte / per occhi incapaci a vedere 7 la croce già vuota / la tomba di spoglie privata / enigma irrisolto da voci / di donne da paura travolte / neppure da corsa affannosa / un senso a cercare. / Stoltezza svelata di cuori induriti / ardenti ora resi / da parola spiegata / a occhi stupiti / su volto di luce raggiante / speranza rinasce / di vita risorta / per tutti per sempre”. Poi, anche quelle parole di Primo Levi, pronunciate “a ora incerta” per tanti, ma certa per lui e per chi con lui la viveva sapendo di essere “nessuno” o solo figlio di un dio minore. Parole che mi sembrano adesso capaci di riassumere tutte le “Pasque”, che silenziosamente ma coraggiosamente propongono cieli e terre nuovi. Forse “quest’anno in paura e vergogna, l’anno venturo in virtù e giustizia”. Chissà! Io lo credo possibile. E voi?
LUCIANO COSTA