Il Domenicale

Purtroppo i violenti si allenano al parco

Era lì, stampigliata sul tavolo di legno all’interno del pubblico giardino confinante con la scuola materna, era una frase scritta da ignoti, sicuramente adolescenti o appena giovanetti, tanto stupida quanto mostruosa. In strampalato strampalese, senza stile né punteggiatura, né arte né parte, tipico di chi non ha idee o che se le ha le spreca ritenendole troppo impegnative per la sua minuscola testolina vuota, quella scritta, in un linguaggio disumanizzante, scritto senza però capirne la gravità, diceva cose orribili e irripetibili se non fosse che mi riterrei complice se evitassi di metterle in chiaro, perché tanti sappiano che cosa s’annida tra le pieghe della città dell’uomo. Diceva (e vi prego di scusarmi se qui lo trascrivo, mettendo puntini ove è palese bestemmia, così come l’ho vista raffigurata nella fotografia che adulti schifati e inorriditi mi hanno inviato): “Senti la porta quanto sbatte io sbatto tua madre come sbatto la porta io sbatterò tuo figlio nell’asilo qui in parte e lo sotterrerò sotto lo scivolo merda tvb …cane vanella muori merda …io porco”. Un fruitore di quello spazio verde, inorridito per ciò che aveva letto, dopo aver provveduto a fotografare perché non poteva restare impunito l’autore di simile bassura, ha impiegato un’ora del suo tempo per cancellarla, in modo che passando altri non dovessero arrossire per la vergogna dovendo condividere il parco con imbecilli di tal portata. Chiedersi donde vengano tanta stupidità-livore-dileggio-odio e dispregio del senso civico è doveroso, almeno quanto è doveroso cercare una risposta adeguata. “Cattivi esempi generano mostri” ha detto un anziano professore; “se poi questi cattivi esempi trovano ogni ora spazio e amplificazione sui media – ha aggiunto una nonna – come faccio a spiegare ai miei nipoti che non quelli esibiti e urlati in televisione, ma quelli praticati ogni giorno con educazione e rispetto per persone e cose sono gli esempi da seguire?”. Appunto. Come faccio a spiegare ai due ragazzini ai quali facevo notare che la panchina pubblica ha senso se la usi per sederti e non per montarvi i piedi così da accomodare il culo sulla spalliera ricevendo in cambio un vaporoso “vecchio, fatti i cazzi tuoi”? Loro si esibiscono, io non apprezzo, la panchina (ovviamente) non dice niente, ma se potesse parlare urlerebbe il suo diritto a essere usata per quello che è e non per dare sostegno ai piedi di qualche stupidello in libera uscita. La panchina oltraggiata, nella sua misera ma preziosa veste, conferma l’esistenza di adolescenti-ragazzini-giovanetti e che altro dir più piace, ai quali l’educazione va stretta, la buona creanza indispettisce, la libertà di fare e disfare inorgoglisce ma anche rimbambisce. E ciò accade quando si dimentica che “deve piacere non solo la libertà ma anche la serietà”. Se interessa, quelle appena riferite sono le parole usate dal Presidente della Repubblica per rispondere al premier inglese che vantava la libertà dei suoi come giustificazione alla scarsa disponibilità a ubbidire alle regole anti-Covid, ma anche per sottolineare a me e a voi che è semplicemente serio e quindi lodevole non abusare della libertà per sovvertire l’uso della occasionale panchina pubblica o per inondare di insulti il tavolo che nel parco pubblico aspetta pacifici visitatori e interessati fruitori.

Quanto ai piccoli-ignoranti-saputelli-superbi e comunque mezze tacche, per di più stupidi e grafomani, che hanno lasciato dietro di sé segni inconfondibili di inciviltà, resta solo il dovere di annoverarli – degni emuli di guitti senza pudore e onore, di personaggi squallidi, di urlatori di niente, di invitati per inscenare risse e per straparlare convinti di essere indispensabili e regolarmente ospitati da radio e televisioni -, tra coloro che hanno certo bisogno di comprensione essendo loro imberbi e imbevuti di odio sparso a man salva nell’etere, ma anche di qualcuno – i genitori, per esempio e poi la scuola, i maestri e i professori, i programmatori mediatici, i giornali, chi scrive e diffonde messaggi… –  che li rimproveri, li faccia riflettere e, nel caso, li punisca per le azioni incivili e offensive compiute (non serve il riformatorio, bastano ramazza, paletta e spazzole utili a rimediare il mal seminato).

Come Caterina Soffici, che scrivendo dell’epiteto con cui un montanaro maleducato tentava di zittire quella che lui definiva “gallina” mentre era solo una conduttrice televisiva si rammarica di sciupare “centimetri quadrati di preziosa carta di giornale” per sottolineare la screanzata pretesa di un furbo raccoglitore di facili consensi, anch’io mi dolgo di usare i medesimi centimetri di preziosa carta per raccontare come il selvaggio del parco nostrano ha offeso i pacifici abitanti di un civile quartiere della periferia est della città. Però, vorrei anche andare oltre e non sprecare il prezioso spazio che mi rimane per fare con Caterina e chiunque voglia accodarsi un appello: “Chiudete il rubinetto di queste incandescenze, perché c’è già abbastanza rabbia in giro per non alimentarne di nuova…”, soprattutto perché “non è tanto la frase di oggi, ma cosa diventerà domani, è l’esempio, è lo sdoganare un frasario e dei comportamenti che rotolano come palle di neve e diventano sempre più grossi, fino a diventare irrefrenabili palle d’odio”, perché “da un insulto si passa velocemente a un o schiaffo, da uno schiaffo a prendere a calci una persona, a tirare fuori il coltello”, perché “la violenza, come insegna la cronaca, non rimane mai solo verbale”.

Se vi resta tempo, dedicate un minuto alla Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra oggi ovunque vi sia chi crede possibile un tempo migliore, per scoprire che non sono ingombri ma persone che cercano briciole di speranza e un posto dove restare per vivere. Un altro minuto dedicatelo a scoprire come i poveri cristi – ce ne sono ancora tanti in giro per città e paesi di questo mondo – potranno concorrere all’assegnazione del premio previsto dalle ipotesi con cui il Governo intende combattere l’evasione, per coloro che evitando l’uso di danaro contante più useranno il pagamento elettronico. Un terzo minuto, invece, me lo prendo io per dire all’anonimo che qualche giorno fa ha scritto sollecitando il giornale a parlare del parroco di Carpenedolo ancora lì mentre secondo lui dovrebbe andarsene, che se vuole essere credibile pur nella sua ignoranza dovrebbe firmarsi e poi mettere in conto che un parroco resta dov’è non perché lui è arbitro del suo destino, ma perché la regola dice che deve restare fin quando il suo vescovo non ne avrà nominato un altro, al quale lui stesso dovrà preparare una successione ordinata e possibilmente fatta nel segno della continuità. Quanto ai rumori attorno alla vita ecclesiale che si snoda in Vaticano, niente di nuovo. Infatti, c’è sempre chi ascolta “voci dal ciel fuggite” e le fa diventare rombi di tuono.

Ma di tutto ciò non potrò darne conto, almeno in questo spazio. Infatti, la pagina cambia stile e anche le rubriche sospendono il loro corso. Dopo tanti anni di “domenicale” sono allora doverosi da parte mia un grazie a chi lo ha ospitato e a chi ha avuto la pazienza di leggerlo-commentarlo-insultarlo-lodarlo-diffonderlo o sconsigliarlo alla lettura; un saluto ai lettori che ogni domenica mi hanno fatto notare errori e omissioni, ma anche le occasioni per sorridere che le righe messe lì per rincorrere fatti e misfatti hanno saputo offrire; un arrivederci tra pagine, libri  e web che sicuramente non smetterò di rincorrere e di riempire con pensieri, magari pensati e men che banali, per coloro che vorranno semplicemente leggere o complicatamente meditare.

LUCIANO COSTA

P.S. – In attesa di nuove ipotesi e nuove idee, tanto per non perdere l’abitudine, proseguirò le chiacchiere domenicali su un vecchio sito web (vecchio perché nato prima dell’attuale boom mediatico) rimasto a lungo silente, ma deciso a risorgere (se interessa si chiama www.bresciadesso.com) per ragionare e commentare i giorni insieme ai quattro o quarantaquattro – forse di più o forse di meno – che vorranno impegnare un’ora del loro tempo nella lettura del “solito” domenicale e di quant’altro appartiene all’umana avventura.

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