Un’occhiata ai giornali e ai media in generale, magari non veloce, conferma che a prevalere è il “sembra” e non piuttosto ciò che “è”. Infatti, sembra proprio che l’orsa debba far parte del paesaggio mentre è palese che per la sua forza, per la sua naturale irritabilità e per la sua incapacità a distinguere una buona intenzione da una cattiva, un buffetto da un pizzicotto o un sorriso da orrendo latrato necessiterebbe di abitare in luogo appartato e protetto, lontano da chi camminando o scollinando velocepotrebbe apparirgli come invasore piuttosto che qual turista giunto fi lì per godere la natura e i profumi che da essa promanano. E sembra un’allegra scampagnata in terra d’Africa quella che il Capo del Governo – Giorgia Meloni, femmina benché mantenga il titolo al maschile – con seguito di fedeli, fedelissimi, acquiescenti, plaudenti e politicamente allineati ha intrapreso e concluso ieri,mentre è palese (almeno dal mio punto di vista, che essendo punto di vista è per lo più discutibile) che dietro i sorrisi e gli evviva–evviva, è arrivato l’ambasciatore con le piume sul cappello e vicino un bell’ombrello, resistono e s’affacciano i bisogni di una porzione di terra che da sola non ce la fa e mai ce la farà a garantire a chi la abita il necessario per vivere… E sembra una sublime forma di rispetto e di civilissima civiltà quella pensata e approvata dall’Olanda (nazione emancipata e forse felice, che manda fiori dove si canta e si ride ma anche dove si prega e si spera) per non obbligare i bimbi nati storti-storpi-malati-accidentati e sciupati ancor prima di scoprire che cosa effettivamente s’intenda per sciupio a vivere e a sperare giorni lieti, mentre invece, quel stabilire che per loro non c’è futuro, è (e tale rimarrà) soltanto una tremendissima idiozia, una viltà indegna, l’essenza del più aberrante “me ne frego”, l’opposto del bello e del buono che chiunque s’affaccia alla vita ha diritto di conoscere, quel prevedere-ammettere e giustificare “la morte assistita per i malati terminali in età pediatrica”, vale a dire: eutanasia legalizzata, che comunque la si guardi e la si invochi, sempre ma di più se riguarda l’infanzia, è un crimine che “distrugge le fondamenta della società”. E sembra una normale operazione fatta per garantire legalità, buon vivere e sicurezza alla città e ai sui abitanti quella inscenata a Torino (nel quartiere popolare di Mirafiori, periferia sud) dalle forze dell’ordine (vigili, polizia, carabinieri, pompieri, tecnici…) con lo scopo di sgomberare alcune abitazioni occupate da famiglie di origine romcon figli costretti a seguire la scena e a vedere i loro giochi finire ammassati nei sacchi neri della spazzatura, mentre è niente altro che una vergognosa esibizione di muscoli e potere contro disperati che se fossero anche malfattori-banditi-irregolari-migranti-abusivi-ladri-mariuoli o altro, sono comunque umani–persone-gente-viandanti-viaggiatori-erranti-cercatori-utopisti e sognatori di mondi e cieli senza barriere. E per la quattrocentoventesima voltasembra passeggera o addirittura normale la guerra scatenata dal un folle zar contro l’Ucraina, mentre essa è niente altro che un’aberrante violenza in cui la ragione è soverchiata e annichilita dalle bombe, un’assurdità concepita e utilizzata per sottomettere al volere di un pupazzo spregevole e sadico popoli e nazioni colpevoli di preferire libertà e democrazia alla sua dittatura…
Ma sì, questo è solo “il domenicale”, niente di cui valga la pena preoccuparsi, semplice ma inutile dimostrazione che “la vita è un teatro di marionette”, del quale “è sufficiente controllarne il meccanismo senza aggrovigliare un solo filo per essere liberi nei movimenti e padroni delle proprie azioni” evitando così “di essere manipolati dagli altri” in modo da poter tranquillamente “abbandonare questa misera scena”, senza avere “nulla da lodare,nulla da maledire, nulla da accusare”, essendo “il più e forse il tutto ridicolo” mentre “si procede lungo la vita, turbati, non turbati”, attraversando la scena in cui “tutto è permutabile”, vendibile, acquistabile… dove “le ore della storia sono frenasteniche, ore in cui gli elementi della stupidità e dell’intransigenza sono divenuti bisogno quotidiano…” dove “quel che pensiamo è già pensato, quel che sentiamo è caotico, quel che siamo non è chiaro”. Infatti, come dice il poeta “mal tracciate sono le vie del mondo, che se desideriamo seguirle tutte i nostri pensieri si smarriranno; accettiamo allora serenamente il nostro destino e vivremo nell’armonia”, magari senza dimenticarecome solo “colui che è in grado di masticare la radice degli ortaggi riesce in ogni sua impresa”, magari convinti che in ogni azione-occasione della vita è necessario “cogliere ciò che è grande nel piccolo e ciò che è piccolo nel grande” se si vuole vedere oltre le apparenze e le malvagità.
Ieri, i soliti del mercato sabatino mi hanno informato che a loro parere siamo in piena epidemia accidica, malati di accidia, succubi di una perversa forma di rifiuto dell’essenziale. Stamani alla solita alba ho cercato di capire che cosa fosse l’accidia: male estremo o solo metamorfosi della ragione? Secondo il dizionario l’accidia èe non solo sembra, avversione all’operare che nella noia,nell’indifferenza e nella pigrizia trova i suoi più fedeli alleati. Jacopone da Todi la giudicava “una freddura”, il sommo Dante “un vizio per difetto dell’ira”, Francesco Petrarca “una funesta malattia dell’animo”. Nel lessico contemporaneo il termine accidia–accidioso è usato come sinonimo di noia e vita depressaInfatti, indica lo scoraggiamento, l’abbattimento e la stanchezza guardati dall’angolo visuale di chi pensa che si debba sempre fare, desiderare, meritare, conquistare qualcosa in più di quel che già si possiede; determina un’anomalia della volontà e piuttosto che unpeccato (il catechismo lo colloca tra i sette vizi capitali) viene considerato un sintomo di depressione (forse uno dei più “visibili”) e di conseguenza la vuia ideale per sparire dal mondo.Se interessa, Blaise Pascal dice che “l’accidia è la risultante dell’alterazione degli umori in presenza di deprecabili azioni morali tipiche di chi, avendo abusato del piacere, si trova nell’impossibilità di desiderare”. Se continuate ad avere interesse, dovete sapere che i simboli rappresentative dell’accidia sono normalmente un uomo addormentato (che quindi non pecca, ma neppure pratica la fede) o lavori eseguiti a metà.
Quindi, amici o anche solo occasionali lettori, seguite il consiglio del saggio: guardatevi da questo potente nemico. Infatti “l’accidia è una vera tentazione dello spirito della tenebra, mediante cui egli ci assale sapendo quanto è difficile per un uomo combattere con essa; l’accidia genera la disperazione, che è un omicidio spirituale, la più terribile di tutte le nefandezze, infatti recide tutte le vie di salvezza e quindi più degli altri peccati essa è odiata da Dio; per questo si chiede nelle preghiere ogni giorno che Dio ci dia un cuore che sia sobrio, una mente gioviale, un pensiero luminoso, e che scacci da noi lo spirito dell’accidia”. Pie illusioni, nulla più. Però, che male c’è a immaginare che una preghiera ben fatta e ben elevata a Dio (chiunque esso sia) metta speranza dove c’è e sopravvive soltanto accidia? Allora, “amico e fratello, osa! Infatti, è alla fine della via che ci sono quel Dio e la beatitudine eterna!”.Tuttavia, come degli esseri irragionevoli, incauti e miopi, “noi non guardiamo alla fine della strada”. Invece “noi vediamo solo ostacoli, senza accorgerci che essi sono essenzialmente i nostri gradini per l’ascesa”. Così vediamo tutto diversamente. Ragion per cui “una collina ci appare come una montagna, una piccolezza come una cosa grande, un fantasma come una cosa reale… E tutto diventa esagerato davanti ai nostri occhi e ci spaventa: questo perché volgiamo gli occhi in basso e non vogliamo portarli verso l’alto…”.
Succede così anche quando siamo chiamati a decidere se sia destrao sinistra la mano che si allunga verso l’altro sconosciuto. Ieri ho scoperto un trattato sul come “distinguere il lato destro dal lato sinistro”, un vero e proprio “studio su larga scala dedicato alla confusione tra destra e sinistra fatta da individui sani”. Non ci ho capito molto, però mi son fatto persuaso che distinguere il lato destro dal lato sinistro è un processo molto più complicato di quanto si possa immaginare, addirittura un processo che una persona ogni sei nel mondo, non è in grado di fare. Secondo gli esperti “il problema è la simmetria, ovvero il fatto che destra e sinistra si corrispondono e anche il fatto che, quando uno si gira, le due parti si invertono creando, ovviamente, non pocaconfusione”. Insomma capire quali sono la destra e la sinistra è un processo piuttosto complesso che coinvolge memoria, linguaggio, capacità di processare la dimensione visiva e spaziale e anche di ruotare il nostro volto. Per gli scienziati capire come la nostra mente mette a punto tutte le dimensioni di questo complesso processo e perché per alcune persone sia più facile che per altre, è stata solo una scoperta recente. Come poi sia possibile capire qual è il lato giusto, resta un mistero. Infatti, resta non chiaro e lampante perché, per alcune persone, distinguere lato destro da lato sinistro sia più difficile che per altre.
Lo stesso accade se e come si cerca di capire chi sia o chi non sia “dittatore”, qui o altrove poco importa. Il “dittatore”, non “il grande dittatore”, film interpretato da Chaplin, ma quello posto da Thomas Bernhard tra i suoi “Eventi” (i simboli più autentici dell’universo poetico del magnifico scrittore morto nel 1989, austriaco suo malgrado dato che si riteneva, a ragione, cittadino del mondo), oggi è la perfetta metafora-storia-rappresentazione-commedia-farsa-dramma-finzione-pretesa-realtà-elziviro-fondo-inchiesta-nota-notarella-colore-dramma-cronaca-spalla-taglio-apertura-documentario-finzione-report-condanna-annullamento-esaltazione-follia, irragionevole e malevola follia di un tale che èsenza però sapere chi è, che vive e respira senza però conoscere il bene della vita e del soffio d’aria che la alimenta, che abita la casa degli spiriti cattivi, suoi amici e sodali nell’opera di distruzione intrapresa… “Il dittatore – racconta Thomas Bernhard – ha scelto tra più di cento candidati un lustrascarpe. Non lo incarica d’altro che di pulirgli le scarpe. Questo giova al semplice uomo di campagna, che rapidamente acquista importanza, e con l’andare degli anni assomiglia al suo superiore – e solo al dittatore egli è soggetto – come una goccia d’acqua. Forse ciò si deve, almeno in parte, alla circostanza che il lustrascarpe mangia gli stessi cibi del dittatore. Ben presto ha il suo stesso naso ingrossato e, dopo aver perso i capelli, il suo stesso cranio. Una bocca tumida sporge in avanti e quando ghigna mostra i denti. Tutti lo temono, persino i ministri e i confidenti più stretti del dittatore. La sera incrocia gli stivali e suona. Scrive lunghe lettere alla famiglia, che diffonde la sua fama in tutto il paese. “Quando si è lustrascrpwe del dittatore – affermano – si è la persona a lui più vicina”. Effettivamente il lustrascarpe è la persona più vicina al dittatore, dovendo sempre rimanere e addirittura dormire davanti alla sua porta. In nessun caso si può allontanare dal suo posto. Una notte comunque, sentendosi forte abbastanza, entra senza esitare nella camera del dittatore, lo sveglia e lo colpisce con il pugno uccidendolo. Rapidamente il lustrascarpe si libera dei propri abiti, vi in fila ilcorpo del dittatore e ne indossa a sua volta i panni. Davanti allo specchio del dittatore constata che effettivamente gli somiglia. Presa una rapida decisione, si precipita fuori dalla stanza e urla che il suo lustrascarpe lo ha aggredito. Lo ha colpito e ucciso per legittima difesa. Si deve rimuovere il corpo e informare la famiglia”.
Meditiamo, gente! Meditiamo. E subito dopo beviamo, che tanto, come è detto nei “Carmina Burana” in pregevolissimo latino maccheronico “tam pro papa quam pro rege bibunt omnes sine lege. Bibit hera, bibit herus, bibit miles, bibit clerus, bibit ille, bibit illa, bibit servus cum ancilla, bibit velox, bibit piger, bibit albus, bibit niger, bibit constans, bibit vagus, bibit rudis, bibit magus. Bibit pauper et egrotus, bibit exul et ignotus, bibit puer, bibit canus, bibit presul et decanus, bibit soror, bibit frater, bibit anus, bibit mater, bibit iste, bibit ille, bibunt centum, bibunt mille. Parum durant sex nummate, ubi ipsi immoderate bibunt omnes sine meta, quamvis bibant mente leta, sic nos rodunt omnes gentes et sic erimus egentes. Qui nos rodunt confundantur et cum iustis non scribantur”. (Per i due o tre che il latino non lo sanno o l’hanno dimenticato, traduco: “Bevon dama e cavaliere, beve il chierico e il messere, beve questo e beve quella, beve il servo con l’ancella, beve il lesto e beve il pigro, beve il bianco e beve il negro, beve il pronto e l’esitante, beve il dotto e l’ignorante, beve il povero e il malato, beve l’esule e l’ingrato, beve il giovane e l’anziano, bevon vescovo e decano, bevon suora con il frate, beve nonna e beve matre, beve questa e beve questo, bevon cento, mille e il resto. Duran poco sei danari, quando bevi senza pari, bevon tutti senza meta, beve sol l’anima lieta. Così poi sei maledetto e non t’offrono un goccetto. Chi non ci ama sia dannato e non venga ricordato”).
Amen, così sia. E’ domenica e questo, v’avverto, è solo un domenicale.
LUCIANO COSTA