Il Domenicale

Se questo è il mondo è meglio rovesciarlo

Lucia, la santa dei bambini e il suo asinello, anche fra tre giorni, cioè nel giorno che li celebra e li rende i più desiderati, passeranno sopra case e palazzi, ville e baracche, ponti e pertugi nascosti, su tutto l’umano che il cielo ricopre, lasciando piccoli e grandi doni, illudendo gli adulti (rendendoli cioè convinti che basta un giocattolo per compensare tutti gli affetti negati) e regalando ai bambini, almeno a quelli accarezzati dalla scia di stelle lasciata dalla santa, sorrisi e felicità. Però, si sa, non sempre la scia di stelle, anche se lasciata da una santa buona e generosa come Lucia, o dai vari Santi, Babbi, Gesù e Befane che verranno, è equanime, cioè di tutti e per tutti. Di sicuro, non la vedranno i bimbi, che gli stupidi potenti che popolano la terra stanno sistematicamente privando della gioia di essere bambini, cioè abitanti di un mondo in cui la bugia, la guerra, la fame, la sete, la violenza e qualunque altra cosa non buona non hanno diritto di cittadinanza. Di sicuro, i bambini del mondo, di un mondo che non sia però all’incontrario, cercano-vogliono-desiderano-sperano-sognano e invocano la Pace per tutti… Di sicuro, i bambini del mondo, di un mondo abitato da persone e non da lupi mannari, non sanno che farsene della guerra, che comunque la guardi è sporca-brutta-cattiva-stupida… Di sicuro i bambini del mondo, di un mondo popolato da amici che incontrandosi si dicono ciao e si scambiano un abbraccio, cercano la vita e non la morte…. Invece, in giro per il mondo, anche ieri e stamattina uno dieci cento mille centomila bambini sono morti a causa della guerra e delle guerre….

Così tanti, troppi, bambini sono morti senza aver assaporato la gioia di vivere. Sono morti, e con loro è morta anche la pietà. Adesso, siamo tutti più poveri. Anche orfani di dieci cento mille centomila bambini innocenti e bellissimi, teneri come solo gli angeli possono esserlo. Questi bambini se ne sono andati quando il mondo si apriva ai loro occhi e alle loro speranze; se ne sono andati perché uomini e donne grandi potenti stupidi ignobili e indegni, così hanno deciso. E’ triste, tristissimo; è incomprensibile, ma purtroppo vero.

Ciao, bambini, che sognavate giorni di gioco e di favole, riposate in pace su quella scia di stelle che vi spetta per diritto. E da lassù, se appena potete, guardate con bontà a chi è restato, coprite con le vostre piccole mani, le mani grandi che vi hanno offeso, abbiate pietà e compassione per quel mondo che vi ha negato esistenza e impedito di correre verso la pienezza della vita. Ieri sera una mamma mi ha regalato una preghiera dedicata ai bimbi morti a causa della guerra pregandomi di accoglierla tra le righe del “domenicale”. Dice la preghiera: “Possa il cielo accogliervi più e meglio di quanto abbiamo fatto noi, la luce illuminare i vostri passi e rischiarare la vostra voce, il vostro sorriso contagiare gli angeli, la vostra innocenza risollevarci dal baratro in cui siamo caduti, la vostra morte impedire che altri come voi abbiano a subire violenza, la vostra beata innocenza inondare i nostri cuori fino a renderli capaci di costruire pace e non guerra, capaci di di rendere possibile qualsiasi speranza e tutti i sogni che passano nella mente dei bimbi. Possa il vostro sacrificio restituirci anche solo le briciole di quella pace offesa e vilipesa da troppi cosiddetti grandi e potenti della terra…”.

Credo non sia questo il tempo per cancellare santa Lucia e tutti gli altri santi e sante che l’immaginario collettivo ha fin qui coltivato e messo in circolo per rendere gioiosa la strada riservata ai bambini, dal calendario. Invece aggiungerei altri santi, conosciuti e sconosciuti, chiedendo a ciascuno di mettersi al servizio dei sogni che abitano nel cuore e nella mente dei bambini. Che innanzitutto chiedono al mondo che li ospita di non essere un mondo alla rovescia, ma solo capace di ospitare giochi e passatempi, corse in avanti e mai all’indietro, pane per tutti e non per pochi, baci e abbracci dati e ricevuti senza bisogno d’essere prima disinfettati e verificati… Invece, il mondo alla rovescia non smette di essere parte del paesaggio ed è talmente ingombrante pesante e invadente, opaco meschino e insignificante, che in tanti – giornalisti, commentatori, scrittori, affabulatori, venditori di fumo al soldo di televisioni, radio, media e giornali -, chi sul serio e chi sul faceto, s’ostinano a raccontarlo e pubblicizzarlo… soprattutto perché nel mondo alla rovescia può accadere di tutto e quell’accadere, chissà, può confermare la loro supponenza…

Magari loro, giornalisti commentatori scrittori affabulatori venditori di fumo…, non lo sanno, ma il loro è quel paese dei bugiardi che Gianni Nodari, tanti anni fa, raccontò meritandosi il titolo di “visionario”. Diceva la favola poetica e urticante:

“C’era una volta, là
dalle parti di Chissà,
il paese dei bugiardi.
In quel paese nessuno
diceva la verità,
non chiamavano col suo nome
nemmeno la cicoria:
la bugia era obbligatoria.

Quando spuntava il sole
c’era subito una pronto
a dire: “Che bel tramonto!”.
Di sera, se la luna
faceva più chiaro
di un faro,
si lagnava la gente:
“Ohibò, che notte bruna,
non ci si vede niente”.

Se ridevi ti compativano:
“Poveraccio, peccato,
che gli sarà mai capitato
di male?”
Se piangevi: “Che tipo originale,
sempre allegro, sempre in festa.
Deve avere i milioni nella testa”.
Chiamavano acqua il vino,
seggiola il tavolino
e tutte le parole
le rovesciavano per benino.
Fare diverso non era permesso,
ma c’erano tanto abituati
che si capivano lo stesso.

Un giorno in quel paese
capitò un povero ometto
che il codice dei bugiardi
non l’aveva mai letto,
e senza tanti riguardi
se ne andava intorno
chiamando giorno il giorno
e pera la pera,
e non diceva una parola
che non fosse vera.
Dall’oggi al domani
lo fecero pigliare
dall’acchiappacani
e chiudere al manicomio.
“È matto da legare:
dice sempre la verità”.
“Ma no, ma via, ma  va’…”.
“Parola d’onore:
è un caso interessante,
verranno da distante
cinquecento e un professore
per studiargli il cervello…”
La strana malattia
fu descritta in trentatré puntate
sulla “Gazzetta della bugia”.

Infine per contentare
la curiosità
popolare
l’Uomo-che-diceva-la-verità
fu esposto a pagamento
nel “giardino zoo-illogico”
(anche quel nome avevano rovesciato…)
in una gabbia di cemento armato.

Figurarsi la ressa.
Ma questo non interessa.
Cosa più sbalorditiva,
la malattia si rivelò infettiva,
e un po’ alla volta in tutta la città
si diffuse il bacillo
della verità.
Dottori, poliziotti, autorità
tentarono il possibile
per frenare l’epidemia.
Macché, niente da fare.
Dal più vecchio al più piccolino
la gente ormai diceva
pane al pane, vino al vino,
bianco al bianco, nero al nero:
liberò il prigioniero,
lo elesse presidente,
e chi non mi crede
non ha capito niente”.

Da qualche parte ho letto che “quando c’è qualcosa di bello in noi, ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri; quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli con qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell’esistenza”. Secondo i miei soliti cinque amici sabatini, in questa legge essenziale c’è tutto ciò che serva per rendere il mondo meno tragico di quello che è. Ovviamente, se e come qualcuno fosse disposto a farla propria e ad applicarla… Essendo questa legge complessa e di non facile assimilazione, almeno secondo il pensiero di Giorgio e Marina, servirebbe mettergli intorno un bel dibattito….

Il dibattito! Ecco un teorema inesplicato e difficilmente sostenibile, almeno di questi tempi. Tempi in cui la politica, intesa come servizio ed elaborazione di speranze per il buon futuro dei cittadini, è stata posta in soffitta per far posto ad un movimentismo tanto povero di idee quanto ricco di slogan e di promesse quasi sempre foderate di un buonismo più virtuale che condivisibile. In siffatta situazione qualsivoglia dibattito, rischia di essere irrilevante, solo buono per rendere tremulo il terreno reale e addirittura ottimo per sottrarre “anche il tappeto volante dell’utopia a quanti lo hanno scelto come dimora”.

Dicendo le cose racchiuse dalle virgolette, Hans Magnus Enzesberger procede a “Zig zag”, alla maniera del bravo slalomista, cercando di mettere noi, abitanti di un mondo alla rovescia, nella condizione di non nuocere e gli intellettuali rimasti a reggere la scena in cui si esibisce il pensiero unico dominante, probabilmente il proprio, a misurarsi con il bene comune piuttosto che con le rendite solitarie.

 

Nel frattempo il mondo alla rovescia, proprio quello che non intende raddrizzarsi neppure per evitare di disperdere l’acqua ricevuta in dono, continua la sua opera di annientamento consapevole e stupido… Così la luna di Kiev, di Gerusalemme, di Gaza, di Mosca, di Roma e di qualunque altra città conosciuta, continua a sollecitare la medesima domanda:

“Chissà se la luna
di Kiev (o di Mosca, di Gerusalemme, di Gaza e Betlemme)
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!

Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.

 

Seguendo nei giorni scorsi quel caravanserraglio musicale e bambinesco chiamato “Zecchino d’oro”, mi sono ricordato di una canzone onorata chissà quanto tempo fa dal “piccolo coro dell’Antoniano”, intitolata, guarda caso, “il mondo alla rovescia”. Diceva e ancora dice:

 

“Non l’aspettavo, di colpo si è aperta,
un vento marziano ha sbattuto la porta.
Un tipo alieno sta entrando nella cameretta,

parla un po’ strano, ha tre bocche, quattr’occhi
sei nasi, un orecchio, due antenne per mano.
Mi dice prendi le cose migliori che andiamo.

Poi mi spiega qualche cosa,
accende luci azzurre in testa. E dice:
“Io portare te in altra casa,

c’è tutto un mondo alla rovescia lassù!”

Che sarà… guarda là, dal mare l’acqua va
al contrario e sale sopra il monte e sa
che tornerà alla fonte… ma controcorrente.
Là come mai la pioggia tu vedrai
risalire verso il cielo blu, lassù
dove il sole aspetta,
dove non c’è l’ombra di una nuvoletta.

Che strano mondo quadrato e non tondo,
con un calendario che inizia dal fondo.
D’inverno si scoppia dal caldo, d’estate si gela,

quand’è sera spunta il sole
la luna smette di brillare…

Che sarà… Là come sulla Terra
Fanno i capricci ma ridendo
Non litigano mai
Non c’è nessuno che fa il bullo, niente supereroi.

Giocano quando fan la guerra
con le pistole ad acqua e poi
sparano baci e abbracci ma
senza ferirsi mai.

Da lassù capirai che il mondo di quaggiù
non sarà perfetto, ma se tu vorrai
mandarlo alla rovescia,
puoi cambiarlo in fretta, dai che lui ti aspetta!

 

Fra tre giorni è santa Lucia, poi verrà Natale e ancora più in là i Magi porteranno doni facendosi come sempre accompagnare dalla Befana. Ma, è questo il mondo o questo è solo il mondo all’incontrario?

 

LUCIANO COSTA

PS – Forse ho scherzato, però non troppo!

Altri articoli
Il Domenicale

Potrebbero interessarti anche