Il Domenicale

Tra nera e rosa non c’è politica che tenga

Su giornali, riviste, radio e televisioni domina la cronaca nera (e della nera fa parte il Covid con il suo carico di morti, offese, bugie, trame, minacce e responsabilità), col faccione del presunto killer e i lugubri luoghi in cui la povera badante è stata sepolta in bella vista, con la donna che ha accoltellato il compagno, con le auto in fiamme e il susseguirsi di rapine. A ruota corrono cucine impraticabili, piatti asfittici, asfittiche sfitinzie e chiassosi figo in cerca di visibilità, amori consumati o solo annunciati, amplessi detti e contraddetti, appartenenze in bilico tra essere e apparire, rivelazioni che rivelano il nulla. Terzo incomodo è Trump, proprio lui, il biondo o grigio che fa impazzire il mondo, con la sua ostinata pretesa di eternità presidenziale.  Non c’è traccia invece della politica, magari seria e non solo parolaia, della quale “che ci sia ognun lo dice, ma dove sia niun lo sa”. Forse, ma è solo un’ipotesi, è conservata in uno scompartimento segreto della scrivania che sta nell’angolo opposto a quello solitamente frequentato dagli onorevoli umani. Però, di un settore della politica, quello di sinistra, si parla, eccome. E parlando circolano queste domande: che cosa era, che cosa è, che cosa sarà? sopravviverà ai suoi cantori e ai suoi detrattori? sarà rifondata? e se non lo fosse, chi si prenderà la briga di annunciare il suo ritorno o la sua definitiva dipartita?

Uno che di sinistra dice di intendersi – vi è nato dentro e dentro ha pasteggiato e ancora pasteggia – tale Walter Veltroni, modello compassato-logico di un certo far niente, intellettuale di molte sfaccettature, politico e scrittore sull’onda e giù dall’onda, affabulatore cortese, cioè buono per ogni evenienza, in un’intervista ha ribadito che la vittoria di Joe Biden nelle elezioni americane “deve essere un modello per la sinistra italiana”. Pur interessato alle vicende quotidiane, lo confesso, non ho capito l’antifona, soprattutto perché, quelle stesse parole, il nostro le aveva usate anni fa, al momento della elezione di Barack Obama. A sua scusante, dopo aver letto il “buongiorno” di Mattia Feltri (“La Stampa” di mercoledì 11 novembre), preciso che a dir certe cose non è stato il solo Walteruccio. L’elenco di coloro che si sono riempiti la bocca per lodare l’accaduto altrove e proporlo a modello di un qui a noi vicino, è un vero elenco telefonico.

Riferisco quel che ho letto nel citato “buongiorno”: “Quando in Brasile fu eletto Lula, un autorevole esponente dei DS, Cesare Salvi, lo definì un fatto di straordinaria portata per la sinistra italiana. Quando in Spagna fu eletto José Zapatero, un altro autorevole esponente dei DS, Fabio Mussi, lo ritenne un punto di svolta per la sinistra italiana. Quando in Francia venne eletto Francoise Hollande, il sempre simpatico Pierluigi Bersani individuò l’apertura di una fase nuova per la sinistra italiana. Quando negli Stati Uniti fu eletto Bill Clinton, molto sobriamente il sommo Massimo D’Alema si limitò a dichiararlo un ponte per la sinistra italiana. Quando in Gran Bretagna fu eletto Tony Blair, il bravo Piero Fassino vi scorse un esempio per la sinistra italiana. Quando in Grecia fu eletto Alexis Tsipras, l’eternamente e deliziosamente laterale Gianni Cuperlo invitò a cogliere l’opportunità per riaprire il cantiere della sinistra italiana. Perfino quando in Venezuela fu eletto Hugo Chavez, ci fu chi riuscì a vedere a portata di mano la grande occasione per la sinistra italiana, e fu l’impareggiabile Fausto Bertinotti…”.

Vi risparmio il seguito. Ma se pensate che esista qualcosa che possa far risorgere la sinistra italiana, vi consiglierei una seduta immediata dallo strizza cervelli. Quanto all’intervista da cui ho preso spunto, dico che è di quelle piacevolmente belle e politicamente corrette, ma anche inutili. Infatti, come ha scritto Claudio Bragaglio (uno che l’utopia della sinistra intelligente e propositiva l’ha vissuta e la vive coerentemente), essa, veltronianamente, “pone un tema, rileva un metodo, senza però pronunciarsi nel merito”. In tal modo D’Alema, ancora lui, “adesso ci dice che bisogna fare un nuovo partito socialista e cattolico”, che secondo me è più immaginifico di qualunque fiaba ancora proponibile.

In verità, questa ricerca di nuova sinistra, di una sinistra da rifondare, di una sinistra da adattare al nostro tempo, io non la vedo. Invece, vedo in giro tanta ipocrisia, che secondo il dizionario è la quintessenza del fingere, “tipico atteggiamento-comportamento-vizio di una persona che volontariamente pretende di possedere credenze-opinioni-virtù-ideali-sentimenti-emozioni, che in pratica non possiede, ma che essa interpreta quando tenta di ingannare altre persone con tali affermazioni”. Se vi sembra un accostamento esagerato, guardate gli attori sulla scena e giudicate.

Tradotto a uso e consumo per noi comuni mortali e forsanche illetterati, l’ipocrisia altro non è se non una sorta di bugia, non grande e neppure piccola: solo bugia, falsità, imbroglio, tentativo di addomesticare la realtà fino a renderla artefice del proprio tornaconto. Però, tutto ciò non impedisce a chi di ipocrisia si nutre di suggerire ad altri la via giusta da percorrere. Così, pur essendo nota la sua propensione a spendere e spandere lucciole per lanterne, resta difficile ostacolarla. Ovviamente, non mancano le giustificazioni: per alcuni psicologi l’ipocrisia è generata da cosiddette “cause ambientali ed estranee”; per altri è la somma di errori di valutazione che producono auto-inganno; per altri ancora, ad esempio per i teorici, è un “meccanismo di difesa inconscio” e mai “un inganno volontario”.

Antidoto all’ipocrisia che mistifica e muove gli uni contro gli altri, è la tolleranza: una grande virtù civile e sociale, i cui benefici sono talmente evidenti da far dire che essa resta uno dei valori indispensabili nella società di oggi. Questa è la virtù civile che insegna a trattare le diversità con equilibrio, con giustezza di approccio, con buonsenso. Aristotele mette la “filosofia della tolleranza” nella sua Politica, un’opera in otto libri, buona allora per ammonire i prepotenti e adesso per rimandare gli ipocriti a casa loro.

Se simile pensiero vi turba, tornate alla nera, alla pandemia, alle cucine asfittiche, ai belloni e alle bellone a cui l’etere è sempre benigno, fatevi uno sciampo e leggete l’intervista che acquieta. Di sicuro vivrete felici e contenti.

LUCIANO COSTA

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