Il Domenicale

Una “giornata” per ringraziare

(anche se non è più di moda)

Istituita settant’anni fa dalla Chiesa su sollecitazione dell’allora presidente dei Coltivatori Diretti Paolo Bonomi, la Giornata del Ringraziamento, che oggi a Brescia riunisce il mondo agricolo per la celebrazione nazionale, pur avendo perso per strada gran parte del fascino che la rendeva la più convinta e solenne forma di gratitudine dovuta a Dio per i doni concessi e anche il rinnovarsi dell’adesione di quel mondo alla dottrina sociale della Chiesa, resta l’appuntamento al quale gli uomini e le donne che coltivano la terra – si chiamano ancora Coltivatori Diretti e riuniti in Associazione rappresentano la forza lavoro più numerosa e importante – non vogliono rinunciare benché sia evidente che anche dalle loro parti, cielo e terra hanno difficoltà a capirsi e a incontrarsi. Ciò non impedisce alla Chiesa di offrire, a chiunque abbia orecchie per intendere il ringraziamento quale prima ed essenziale regola del vivere la comunità e cuore disposto a prendersi cura del creato, un giorno per riflettere, pregare e, magari, per guardare ai doni ricevuti considerandoli parte del generoso procedere della Provvidenza.

Al centro della Giornata del Ringraziamento c’è oggi l’acqua, che è di tutti e per tutti, che è “benedizione della terra”, un bene collettivo “il cui uso deve compiersi in linea con la sua destinazione universale”. Proprio per questo, dicono i vescovi nel Messaggio che accompagna l’evento, “non può prevalere una concezione puramente mercantilistica, che induce a considerare l’acqua una merce qualsiasi, arrivando a giustificare privatizzazioni improprie”. L’acqua invece “ha una valenza pubblica”, è vita, ed è soprattutto vitale per la pratica dell’agricoltura; e quando l’acqua manca, è la vita di tutti a soffrirne. E’ implicito l’invito alla solidarietà, che in questo contesto è la virtù che consente, se si vuole, di andare oltre la proprietà, dell’acqua come di qualunque altro bene della terra, per vedere l’effetto che produrrebbe un modo di vivere esentato dal possesso e dal profitto. Teorie comuniste, dirà qualcuno. Invece, sono semplici riminiscenze di Vangelo, libro di cui tanti cantano le meraviglie purtroppo evitando, in grandissima misura, di tradurle in pratica quotidiana.  

Ma la Giornata del Ringraziamento sollecita anche altre considerazioni. Per esempio, che non basta celebrare, ma che di fronte al Paese che soffre è urgente ed evidente che “bisogna sporcarsi le mani”, ognuno per la sua parte, in tutti i luoghi dove si è chiamati ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni. I discorsi di odio, i rigurgiti di antisemitismo, l’intolleranza, in generale la deriva culturale di una nazione che ha bisogno di ritrovare le ragioni profonde della convivenza civile, ma anche quella della condivisione e del godimento del bene terra, lo impongono. E non sarà il rifiuto dell’intero impianto civile dell’Europa del dopo guerra, nato appunto sui pilastri dell’antirazzismo, della tolleranza e di una solidarietà diffusa, rifiuto invocato da abili populisti in libera uscita, a favorire nuovo progresso per tutti.

“Sarà invece la solidarietà – disse un giorno lontano Alcide De Gasperi ai Coltivatori diretti appena riuniti in Associazione – a fare la differenza, a eliminare i confini, a trasformare la terra coltivata in terra di tutti”. Per comprendere il senso di quelle parole è però indispensabile ritornare alle origini della Coltivatori Diretti per leggere e riflettere sullo spirito che la animava… Senza la pretesa di possedere la chiave di lettura ideale per quel tempo, si può tornare a raccontare la sua storia incominciando dal classico “c’era una volta”.

Infatti, c’erano una volta uomini e donne che lavorando la terra speravano di ottenere dalla terra i frutti necessari per vivere e far vivere. Ogni mattino, appena la luce scacciava le tenebre, prima piegavano le ginocchia e pregavano il Dio di tutte le consolazioni chiedendogli di benedirli e di benedire la loro fatica, poi prendevano la zappa e s’avviavano tra i campi. Uno di loro – si chiamava Rocco e doveva dar da magiare alla moglie, a sei figli e a due zie rimaste sole – un giorno lontano, disse ai quattro che con lui camminavano sulla strada verso i campi che era tempo di andare a dire ai potenti di turno che non ne potevano più di sottostare al volere dei padroni e che volevano leggi capaci di garantire parità, lavoro dignitoso, affitti equi, proprietà sulla terra che loro lavoravano e facevano produrre.

Quei quattro, che avevano un’idea cristiana del lavoro e della società, prima di prendere qualsiasi decisione mettevano tra loro il “Padre Nostro…”, la preghiera delle preghiere, e ragionavano sul come fare per tradurlo in fatti e comportamenti degni di essere proposti e vissuti. Uno di loro propose di dar vita a un’associazione di “cristiani, liberi e forti” – era un popolare sturziano di vecchio stampo e non poteva certo agire o pensare diversamente -: cristiani per scelta e fede, liberi perché liberi di stare insieme in nome della terra che li ospitava, forti perché forti nel difendere il loro diritto a lavorare quella terra senza dover sottostare a balzelli e vessazioni imposti dalla ricerca di assoluto profitto e di minimo rischio. Quei quattro divennero un’associazione, che subito raggruppò intorno al suo cristianesimo, da vivere nella società lasciandosi orientare dalla Dottrina Sociale della Chiesa, migliaia e migliaia (addirittura più di un milione nei suoi anni ruggenti) di contadini, mezzadri, agricoltori precari, braccianti, bifolchi, mandriani e rispettive famiglie.

Vale a dire: una massa omogenea di devoti e fedeli convinta che solo un soffio d’anima e un tanto di solidarietà in più avrebbero aiutato l’Italia a scrivere pagine di buon futuro per loro e per tanti altri che come loro sognavano pari opportunità e pari dignità. Con un patto di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa e un altro di condivisione totale con la Democrazia Cristiana (soprattutto quella di Alcide De Gasperi), la nuova Associazione (dei “Coltivatori Diretti”) conquistò diritti e dignità per la categoria e incanalò verso il partito dei cattolici una considerevole massa di voti: felice il partito, ovviamente; ma felice anche l’organizzazione che elezione dopo elezione portava in Parlamento, sempre più tonante e imperiosa, la sua voce.

Poi, cambiarono i tempi e il vento prese altre direzioni. Ma questa è storia che non tocca a me raccontare. Semmai, a chi come me per anni ha raccontato le vicende di quel fantastico mondo agricolo fatto di “coltivoni”, di pacche generose e forti sulle spalle, di dosi massicce e sincere di “buona cera”, piace augurare agli uomini e alle donne che ancora onorano con il loro lavoro la “Madre Terra”, buona Giornata del Ringraziamento.

LUCIANO COSTA

P. S. – Come è noto da ieri sera, Trump ha perso, Biden ha vinto. America liberata? Chissà. Però il 26 novembre, il quarto giovedì del mese,  l’invito fatto nel 1623 da William Bradford, Governatore della Colonia fondata dai Padri Pellegrini a Plymouth, nel Massachusetts, tornerà di attualità. Allora “tutti voi Pellegrini, con le vostre mogli e i vostri piccoli, radunatevi alla Casa delle Assemblee, sulla collina… per ascoltare lì il pastore e rendere Grazie a Dio Onnipotente per tutte le sue benedizioni…”. Così disse, ma se lo ripetesse adesso aggiungerebbe, ne sono sicuro “e liberazioni”.

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