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Adesso viene il bello

“Adesso viene il bello”, parola di un illuso, uno dei tanti che ancora affidano alla politica un ruolo non marginale. Intendeva dire che da oggi, con il Governo forte della fiducia ricevuta da entrambi i rami del Parlamento, quindi in carica a tutti gli effetti, si ricomincia da dove il virus ha scombussolato l’esistenza dell’umanità. Facile a dirsi, magari più complicato a farsi. Infatti, se qualcuno già suppone che Mario Draghi sia un Presidente del Consiglio buono per qualsiasi stagione, tanti altri lo sono disposti a camminare al suo fianco con l’unico scopo di fare quelle “quattro, cinque o cinquantacinque” cose necessarie per rimettere in sesto il Paese e regalare alla sua gente quelle “buone novità” improvvisamente subissate da ondate di paura e di sfiducia, progressivamente private della “buona politica” che, invece, doveva continuare a essere l’elemento attorno al quale ritrovarsi per andare oltre le crisi. Sarà un viaggio difficile e tortuoso ma, come insegnano i grandi viaggiatori, e Draghi è un o di questi, destinato a raggiungere il suo scopo.

Qualche tempo fa, dedicandomi alla scoperta e riscoperta di luoghi sufficientemente vicini per essere considerati pane quotidiano per qualsiasi viaggiatore, ho scritto che “ci sono molti modi per passare da una paese-città-borgo all’altro: quello più semplice è infilarsi in una carrozza e lasciarsi trasportare gustando sobbalzi e sbandamenti come se fossero momenti di un ballo sapientemente messo in scena per abbellire ciò che altrimenti resterebbe soltanto un viottolo, una strada polverosa, un sentiero, un canale, tutti elementi su cui transitare se il fine è quello di arrivare, per niente interessanti invece se intesi quali sono, ma arricchenti se aggiunti a curiosità e sete di sapere qualcosa di unico o qualcuno di irripetibile. Perché – aggiungevo – questo e non altro è un viaggio: breve o lungo, d’affari o di piacere, obbligato o raccomandato, necessario o soltanto occasionale, sofisticato o popolare, esso è, forse, una nuova vita o, forse, la riprova che chi non lascia mai il suo paese è pieno di pregiudizi”.

Insomma, volevo anche dire che “ in un carosello di detti e contraddetti fatti apposta per pungere e sollecitare meditazioni intelligenti, viaggiare è vivere due volte e chi è abituato a viaggiare sa che per iniziare è sempre necessario almeno un giorno”. Infatti “viaggiamo non per trovare la nostra destinazione, ma per fuggire da dove si parte, viaggiamo per cambiare, non di luogo, ma di idee. Poi, come tutti i grandi viaggiatori, alla fine ci ritroveremo per confidarci reciprocamente di aver visto più di quanto si ricordi e di ricordare più di quanto potevamo immaginare prima di intraprendere il viaggio. Così, se viaggiamo non per andare da qualche parte ma solo per andare, potremo imparare, ma anche dimenticare”.

Però, soprattutto adesso che incomincia l’avventura del novello Presidente del Consiglio, volendo condividere i suoi sforzi, viaggiare potrebbe diventare un buon modo per imparare a superare le paure e a far tesoro di quella virtù dimenticata che ancora si chiama tolleranza. Ovviamente, per farlo sarà il caso di mettere in saccoccia briciole di sapere e tanta voglia di essere curiosi. Perché sarà la curiosità a consentire di lasciare una strada per intraprenderne un’altra e sarà sempre lei a far scoprire che il bello non sta dove il naso picchia, ma solo dove l’occhio indaga e il cuore si lascia ammagliare e rapire dalle emozioni.

Anche ieri, nella replica e prima del voto della Camera, Mario Draghi, al contrario di tanti deputati intervenuti per riempire lo spazio piuttosto che per dare spazio alle idee innovative, ha onorato il pensiero creativo mettendo in risalto quel che serve per attuare cambiamenti scelti, voluti e dovuti. Di quel “pensiero creativo”, che il professore imprestato alla politica usava per delineare il suo viaggio, avevo colto l’essenza leggendo su “Vita e Pensiero” di novembre-dicembre 2020, quel che Ugo Morelli, psicologo e studioso delle scienze cognitive, aveva scritto per spiegare “quel che ci rende creativi…”. Dopo aver chiesto, a me e anche a voi e forse anche a Draghi, se in tempo di crisi esiste ancora spazio per il pensiero creativo, Morelli chiede, sempre a me e a voi, se “possiamo semplicemente curarci le nostre precarietà con emozioni di seconda mano” o se invece non sia il caso di “lasciare più spazio per creare cambiamenti scelti e dovuti”. Se ho capito l’antifona, è questione di “margine creativo”, tanto o poco dipende dal come ciascuno intende accomodarlo. Magari mettendo iun cinto che “l’accesso al margine nasce sempre dalla messa in discussione o dalla negazione di un ordine. Dire di no a quell’ordine o a un aspetto di esso – ed è la conclusione a cui giunge Morelli – apre a un vuoto, a una dimensione concava, che è sia vulnerabile sia generativa, anzi: che è generativa perché vulnerabile”. Però e per fortuna, “quando del concavo, che può esaurirsi in ansia e vertigine da vuoto, si dà elaborazione feconda, può sgorgarne un atto creativo”.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, ne sono convinto, lo sa. Io non ancora. E voi?

LUCIANO COSTA   

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