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Ecco le liste: prima conoscere, poi votare

La corsa elettorale può incominciare ufficialmente. Le liste son state depositate, chi c’è si rallegra, chi è fuori pensa già alla prossima volta. Quel che si diceva nei giorni scorsi a proposito di liste bloccate ha trovato ha trovato puntuale conferma: dentro i soliti noti e gente accreditata di consenso a prescindere, cioè con scarsa attinenza alla politica. Da qui al 25 settembre, data del voto, ne vedremo e sentiremo delle belle. Nella notte appena trascorsa, a proposito delle liste, si è udito un coro osannante: vinceremo, sfateremo le previsioni, andremo oltre le percentuali accreditate, noi e non la destra (o la sinistra: dipende da che pulpito viene la predica) governeremo. E gli altri? Staranno a guardare. Non mi avventuro in commenti su questa o quella lista. M limi to a raccomandare un’attenta lettura dei nomi contenuti. Ogni nome una persona, ogni persona una storia. Ecco, è della storia dei singoli candidati che dovremo occuparci e preoccuparci. “Se li conosci li eviti…”, dice il proverbio. Appunto, è la conoscenza che fa la differenza. Quindi, ciascuno cerchi di sapere chi sono coloro che chiedono il suo voto. Non solo, ciascuno chieda ai partiti di evitare promesse e di dare invece risposte precise sui problemi. Poi, sulla base delle risposte ricevute, ciascuno sarà libero di scegliere (e anche di sbagliare la scelta) mettendo in conto che “chi è cagion del suo mal…” deve solo prendersela con sé stesso.

Per favorire la conoscenza, tra i temi dominanti, ho scelto quella dell’immigrazione, che nei programmi elettorali dei singoli partiti ottiene grande spazio. Si tratta, per lo più, di “materiale emotivo ed ideologico per affermare identità politiche ben definite…”, quindi utile a identificare gli umori politici di chi lo presenta e sostiene, un po’ meno per dipanare le ombre che lo circondano. Grazie alla ricerca di Carlo Melegari, ricercatore dell’associazione Cestim di Verona, di cui offro qui un’ampia sintesi (accompagnata dalla speranza che serva a fare chiarezza), ecco dunque come le principali forze politiche hanno trattato l’argomento.

INNANZITUTTO IL CENTRO-DESTRA, lo schieramento che secondo gli esperti parte favorito nella imminente competizione elettorale. Il messaggio di Fratelli d’Italia (in quello che in verità è presentato come “il programma del centro-destra”) è chiarissimo fin dal titolo: ‘Difendiamo l’Italia’: dunque l’idea- guida è quella di una nazione sotto attacco, che deve essere tutelata dalle minacce esterne. L’immigrazione è menzionata al punto 6, in abbinamento non casuale con l’ordine pubblico: ‘Sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale’. Si parla fra l’altro di lotta all’integralismo islamico, di blocco degli sbarchi, di accordi per la detenzione in patria dei detenuti stranieri, di hotspots nei territori extraeuropei, con un accenno imprecisato alla gestione ordinata dei flussi legali di immigrazione.

Compaiono due soli riferimenti positivi, quando il programma accenna all’esigenza di “favorire l’inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari” e di garantire ai Comuni le risorse necessarie per la presa in carico dei minori non accompagnati. In un programma è importante non solo ciò che si afferma, ma anche ciò che si omette: in questo caso, nessun riferimento al tema dell’accesso alla cittadinanza italiana, né al contrasto di razzismo e discriminazioni. Ancora più esplicita e drammatizzante la comunicazione politica di Forza Italia. Il partito di Berlusconi ha proposto delle pillole, una serie di brevi video tematici. Il terzo s’intitola “stop all’immigrazione clandestina”. Compare il leader, che usa toni forti. La definisce “un infame traffico di esseri umani, una grave minaccia per la nostra economia e la nostra sicurezza, un grande pericolo per l’Italia”. Ancora più che nel caso di Fratelli d’Italia, l’immigrazione viene equiparata agli sbarchi, tanto che Berlusconi si vanta di aver ridotto i migranti a 4mila unità nel 2010, quando era al governo. L’anno prima il decreto Maroni ne aveva regolarizzati 300mila. Più elaborato invece il discorso della Lega, che ha elaborato un programma di 200 pagine, in cui dedica ampio spazio al tema, all’insegna di un approccio pseudo-solidale: “Nessuno deve sentirsi costretto a lasciare il proprio Paese e le proprie radici per ragioni economiche. Possiamo davvero aiutare le aree del pianeta più svantaggiate sostenendo progetti in loco, non certo accogliendo tutti. L’Africa in Italia non ci sta!’. Il testo però si concentra sugli sbarchi, parlando di emergenza nazionale e di flussi migratori in costante crescita: anche qui immigrati, richiedenti asilo, sbarcati, sono confusi in un’unica categoria. Il programma prevede di introdurre nuovi decreti sicurezza, di ripristinare divieti e sanzioni contro le Ong, di rafforzare la collaborazione con la Libia, anche mediante pattugliamenti marittimi congiunti, di istituire hotspots sul territorio nordafricano, di limitare la presentazione delle domande di asilo alle sedi diplomatiche italiane o dell’Ue nei paesi di origine o in quelli limitrofi. Esclude ogni modifica alla legge sulla cittadinanza, anche per i giovanissimi, e la possibilità di nuove sanatorie.

A dispetto della premessa sull’aiuto in loco, il programma della Lega liquida in due righe la proposta di partenariati europei con i Paesi di origine e di transito. Un altro capitolo del programma è dedicato invece all’integrazione delle comunità straniere. Il testo pone in evidenza i temi della sicurezza e del contrasto alla radicalizzazione, si scaglia contro l’insegnamento della lingua araba, parla di diritti delle donne con riferimento alle donne musulmane, ma riporta dati di dubbia attendibilità su scolarizzazione e alfabetizzazione. Anche quando vuole introdurre proposte positive, su educazione e diritto allo studio, la Lega lascia trapelare un’immagine deficitaria degli immigrati. Per esempio, parla di garantire il diritto allo studio dei minori, affinché riescano almeno a terminare la scuola dell’obbligo. Secondo il recente rapporto del Miur, al contrario, i tassi di scolarità degli studenti stranieri sono analoghi a quelli degli studenti italiani, sia nella fascia di età 6-13 anni (quasi il 100%), sia in quella 14-16 anni (94,1%).

IL CENTRO-SINISTRA, non sorprendentemente, si distingue con nettezza, adottando un approccio orientato all’accoglienza, anche se modulato in termini diversi. Il Pd, anzitutto, propone di superare la legge Bossi-Fini, d’introdurre lo Ius scholae, di istituire un’agenzia di coordinamento delle politiche migratorie. Sull’asilo, sostiene l’allargamento dei corridoi umanitari, propone piccoli centri diffusi sul territorio, difende i salvataggi in mare. Soprattutto, chiede una nuova politica europea su migrazione e accoglienza, superando la convenzione di Dublino. Non menziona però gli accordi con la Libia e la restrizione degli accessi dal mare, di cui è stato fautore all’epoca del governo Gentiloni- Minniti.

IL TERZO POLO, quello firmato Calenda-Renzi dedica anch’esso un punto specifico del programma all’immigrazione, posizionandosi su una linea di apertura abbastanza simile. Parte dalla crisi demografica e dal deficit di manodopera, proponendo di combattere l’immigrazione irregolare mediante flussi d’ingresso programmati. Chiede però anche la regolarizzazione di chi ha trovato lavoro e la reintroduzione della figura dello sponsor. Sulla cittadinanza, appoggia lo Ius scholae. Sull’asilo, vuole garantire i salvataggi in mare (ma coordinati e finanziati a livello europeo) e propone di estendere i corridoi umanitari. Infine auspica l’unificazione delle competenze sul tema in un nuovo ministero per l’Immigrazione.

GLI ALTRI SCHIERAMENTI – Si sbilancia maggiormente sull’argomento l’alleanza Si Verdi, cominciando con l’affermare che non esiste nessuna emergenza migrazione. L’analisi riprende schematicamente alcuni luoghi comuni di sinistra, come l’idea che le migrazioni internazionali siano sic et simpliciter la conseguenza delle devastazioni climatiche e delle politiche che nel corso degli anni hanno spossessato di risorse e impoverito le popolazioni dei Sud del mondo. Le proposte toccano alcuni nodi sensibili, come la ‘revisione’ degli accordi con la Libia, l’abolizione dei Cpr e della legge Bossi-Fini, la facilitazione delle procedure per il riconoscimento del diritto di asilo, l’abbassamento delle soglie di reddito per i ricongiungimenti, una nuova legge sulla cittadinanza.

Infine, i 5 stelle: in un programma succinto, non parlano mai di immigrati, ma dedicano un punto allo Ius scholae per riconoscere la cittadinanza al minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso, qualora abbia completato regolarmente uno o più cicli di studi. Le oscillazioni del Movimento sulla materia si riflettono nella reticenza a trattarlo, caso praticamente unico nel panorama elettorale, con un’unica apertura sulla nuova legge sulla cittadinanza.

“Nel complesso – conclude il rapporto Cestim – si può notare che le forze politiche hanno affrontato tutte la questione dell’immigrazione. Come prevedibile, hanno posizioni molto distanti e individuano nel tema un tratto distintivo della propria identità politica e del loro messaggio. Sarebbe difficile pretendere in un programma elettorale delle riflessioni circostanziate e delle proposte articolate, tuttavia alcuni limiti delle impostazioni adottate vanno colti. Anzitutto, anche quando non confondono sbarchi e immigrazione, i programmi elettorali appaiono poco consapevoli delle diversità interne delle popolazioni immigrate e dell’importanza di favorire l’ingresso di alcune di esse: operatori sanitari, investitori, ricercatori, studenti, per esempio. In secondo luogo, non sembrano aver tratto insegnamento dalla recente esperienza dell’accoglienza dei profughi ucraini, con quanto ha comportato sul piano dell’innovazione normativa. Invece d’insistere sulla redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa secondo quote rigide, meglio sarebbe proporre per tutti i profughi una facoltà di libera circolazione, come per gli ucraini. Infine, sebbene alcune forze politiche abbiano accennato al problema, esiste una questione di superamento della gestione dell’immigrazione come competenza pressoché esclusiva del Viminale, in cui il nesso con la sicurezza rischia nei fatti di costituire l’architrave del sistema. Più dei programmi, conteranno le realizzazioni…”.

Eppure i programmi non sono ininfluenti per il consenso degli elettori. C’è dunque da augurarsi che “un equilibrio ragionato tra solidarietà e pragmatismo riesca a prevalere sugli slogan e sulle strumentalizzazioni”.

LUCIANO COSTA

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