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Enrico Letta pronto a rientrare in gioco

Le dimissioni di Zingaretti da segretario del PD e subito dopo la ricerca di un sostituto. Ed era quasi obbligatorio che tra i nomi possibili per la successione vi fosse quello di Enrico Letta, figura nobile di una politica non sempre nobile, uscito dalla scena dopo essere stato ai vertici del Governo, volontariamente andato a dirigere altro. “Ma – come dicono adesso i suoi amici –, è rimasto sempre attento alle dinamiche politiche e, quindi, nulla gli impedisce di tornare al centro della scena”. Che l’idea di tornare a fare il segretario del PD a tempo pieno non gli dispiaccia, Letta lo lascia trasparire dalle parole che usa per ringraziare chi lo sta incoraggiando. “Ho il Pd nel cuore – ha scritto – e queste sollecitazioni toccano le corde più profonde. Ma questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista; avrò bisogno di riflettere per poi decidere”.

 L’ex presidente del Consiglio era uscito di scena dalla politica in maniera drastica il 9 giugno 2015 rinunciando anche al seggio in Parlamento per dedicarsi all’insegnamento universitario e alla formazione di eccellenza in ambito europeo. Dal 1º settembre 2015 dirige la Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi. Durante il governo Ciampi, tra il 1993 e il 1994, aveva lavorato come capo di gabinetto alla Farnesina sotto il ministro Beniamino Andreatta, suo vero nume tutelare, con il quale aveva già collaborato nella associazione non-profit Agenzia di Ricerche e Legislazione (Arel). Nel 1999 Letta diventa ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato nel secondo governo D’Alema, e nel 2000 viene confermato nel secondo governo Amato, diventando anche ministro del Commercio con l’estero. Dopo la rielezione di Giorgio Napolitano il suo diventa il profilo giusto per dar vita al governo di larghe intese che aveva posto alla base della sua disponibilità alla riconferma sul Colle. Il 24 aprile 2013 riceve l’incarico di presidente del Consiglio, governo composto da esponenti di Partito democratico, Popolo della libertà, Unione di centro e Scelta civica.

Incalzato poi dal neo segretario del Pd Matteo Renzi che lo accusa di incertezze e lentezze eccessive, dopo il celebre “Stai sereno” che gli invia (salvo poi chiedersi di farsi da parte), Letta rassegna le dimissioni. Sarà uno dei più freddi passaggi di campanella quello fra lui e Renzi. Nel 2015 si dimette anche da deputato alla Camera dopo aver votato contro la nuova legge elettorale proposta dal PD, l’Italicum, e nel contempo non rinnova la tessera del Pd. Il suo quindi sarebbe un ritorno clamoroso, e – al momento – tutt’altro che scontato.

Chi lo conosce, non ha dubbi: Letta accetterà ponendo come condizione l’unanimità del mandato e la celebrazione a scadenza naturale del Congresso. In più, Letta aggiungerà quel tocco di rivalsa che non ha mai smesso di considerare un suo diritto. Salvo imprevisti, l’ex delfino di Beniamino Andreatta, prenderà sulle spalle la difficile transizione cercando in ogni modo di ridare credibilità al partito e certezze agli elettori. Poi, come tutti gli ottimisti, Letta farà la sua parte anche rispolverando le lezioni che il professore Andreatta amava elargire all’ombra dei portici bolognesi. Di una di queste lezioni fui testimone insieme ad alcuni amici ai quali l’idea di verificare i tempi nuovi della politica era preminente. Quel giorno Andreatta spiegò che “obbligare la politica a sottomettersi alle alchimie del potere avrebbe significato la fine stessa della politica”. Era invece necessario, spiegò, “cercare le ragioni della politica e metterle in circolo”. Letta, che era al fianco di Beniamino, mi sembrò il più convinto. Se vale ancora quella convinzione, potrebbe essere un buon avvio di partita.

L. C.

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