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Il coraggio delle idee…

Quel che si vede è un’uscita “quasi” onorevole dalla crisi. I tanti sì detti al presidente incaricato Mario Draghi, infatti, dicono che un Governo “diverso e stabile” è possibile. Come e quando è solo questione di dettagli. Però, è chiaro a tutti che quello nascente non sarà una “conventicola” in cui i più zelanti avranno i primi banchi. Perché davanti ci saranno i rigorosi interpreti del bene pubblico e solo dietro siederanno politici e i politicanti in cerca di visibilità e di voti. In questo succedersi di eventi che in qualche modo lasciano spazio a fondate speranze di buon futuro, si stanno esaurendo anche le vene polemiche usate per caricare le colpe – della politica e soprattutto della non-politica di cui erano araldi i vari capi, capetti e presunti emergenti in circolazione – sulle spalle di un unico soggetto: quel Matteo Renzi, fiorentino a cui non difettano antipatia e casualmente anche simpatia, che usando “linguaccia e sberleffi” in parti mai uguali, alla  bisogna accompagnati da lezioni di politica “antica e sempre vera”, ha costretto gli “occasionali  compagni di ventura” a far fagotto e a incamminarsi per vie a loro sconosciute. Anche se qualcuno lo sta già pensando, non sto difendendo Renzi (si difende da solo, ne ha facoltà e non gli mancano certo le parole per farlo), semmai ribadisco quel che ho già avuto modo di scrivere. E cioè che prima o poi dovremo ringraziarlo, se non per altro almeno “per aver fatto chiarezza”.

Intanto ieri sera, un “attempato politicante” come Casini (vecchio e inossidabile democristiano che il comodo nido lo difende ancora a denti stretti), sollecitato a giudicare l’operato del fiorentino, ha palesemente ammesso che gli si deve levar tanto di cappello, aggiungendo pure un elogio alla sua “sfrontatezza”, difficile da ingoiare ma salutare sotto ogni punto di vista. Sempre ieri, ma su altro versante, Massimo Recalcati, uno psicoanalista abituato a diffidare da ogni forma di pensiero unico, ha messo in righe la sua difesa del fiorentino fin troppo facilmente e banalmente “contestato e odiato”. Se volete leggere per intero quel che Recalcati ha scritto, recuperate “La Stampa”; se vi accontentate del riassunto, vi regalo la conclusione a cui giunge: “… appena dopo il referendum, D’Alema e soci brindavano (…) felici di aver frenato l’ambizione smodata del figli o ribelle e di aver salvato la Costituzione; ieri esultavano di fronte al suo ennesimo passo falso, quello di aver provocato una  crisi al buio; oggi la demonizzazione del figlio bastardo di Rignano è il paravento dietro il quale nascondere  la propria dipendenza politica dal M5S. Sarebbe invece dovuto essere proprio il PD a sollevare la crisi assumendosi la responsabilità di dare al Paese una nuova speranza. (…) Tanti dei suoi militanti condividevano le tesi critiche di Renzi senza avere il coraggio politico di assumerle pubblicamente. Nel nome dell’emergenza, ovviamente. Ma non è l’emergenza a imporre sempre cambiamenti drastici? A insegnarci che il coraggio delle proprie idee merita la luce? A imporre di voltare pagina?”.

Al psicoanalista il merito di aver propiziato “chiarezza e responsabilità”, ai politicanti che dell’odio han fatto vetrina l’esecrazione, ai passivi bevitori di acqua riscaldata l’invito a correre in fretta a fonti ben più salubri e dissetanti, ai chi s’appresta a governare, infine, la vicinanza e la condivisione, le sole virtù oggi in grado di alimentare la speranza e di stabilire la differenza tra buona e cattiva politica.

Per la cronaca, oggi il presidente incaricato Mario Draghi, senza concedere a qualsivoglia piattaforma (per altro astrusa, inutile, fuorviante e lontana mille chilometri da qualsiasi presupposto di logica politica) chiude il cerchio; domani, con il documento programmatico in una mano e la lista dei prescelti a governare dall’altra, andrà da Mattarella, il Capo dello Stato, e gli prospetterà la sua via d’uscita dalla crisi. Toccherà poi al Parlamento emettere “l’ardua sentenzia”, ultima e inappellabile.

LUCIANO COSTA

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