Il Renzi-pensiero su tutto e di più

Matteo Renzi, magari fuori dai grandi giochi ma dentro ogni azione politica, si confida e legge da par suo la realtà che l’Italia sta vivendo. Non dà segni di cedimento e neppure di scoramento, semplicemente è convinto della bontà del suo impegno. E in un botta e risposta con “Avvenire”, il Matteo fiorentino costruisce, critica, propone, apre nuovi scenari. Leggere per credere…

Senatore Matteo Renzi, partiamo dal Covid. Sul decreto che ha fissato l’obbligo vaccinale per gli “over 50” sono piovute varie critiche: eccesso di burocrazia, troppi compromessi, sanzioni ridicole. Qual è il suo giudizio?
Si poteva e doveva fare più semplice. Ma il punto fondamentale è molto chiaro: basta isterie, basta catastrofismi. Se ci vacciniamo, il Covid non fa più paura. Bisogna accelerare sulle terze dosi e fare meno polemiche.
La scuola va tenuta aperta. Lei ha criticato i banchi a rotelle e i soldi sprecati. Tuttavia, non è che in questi mesi si siano viste molte idee. Qual è la sua ricetta?
Io sostengo al 100% la linea di Draghi sulle riaperture delle scuole. Quando c’è qualche problema la prima cosa che in tanti propongono di chiudere è la scuola. Ma è un errore clamoroso. Basta con questa cultura nichilista per cui i nostri figli possono andare in pizzeria o a sciare, giustamente, ma non a scuola. Io dico di più: teniamo aperte le scuole, contro la povertà educativa, ma anche come hub per mandare team medici a vaccinare dentro le scuole. Quando ero ragazzo, a scuola facevamo la visita medica. Sa quanti ragazzi, magari più poveri, non possono permettersi visite accurate? Investiamo in educazione e in sanità: non consideriamo la scuola come luogo per untori, ma al contrario trasformiamola in un presidio di salute e di libertà.
E’ vero che lei lamenta i troppi allarmismi che si fanno sul Covid?
Sì, leggo dichiarazioni roboanti di catastrofi in arrivo. Non le condivido. Mi sembra allarmismo ingiustificato. E direi basta con la lettura quotidiana del bollettino cinico. Guardiamo dentro i numeri, non spariamo a casaccio. A fine marzo 2020 le immagini dei camion con le bare facevano il giro del mondo. Allora avevamo più di 80mila contagiati e 4mila persone in terapia intensiva. Oggi i contagiati sono venti volte di più: oltre 1,6 milioni.
Contano le terapie intensive?
Esatto. È il vero indicatore importante per giudicare la tenuta degli ospedali, e oggi lì ci sono 1.500 persone. Cioè meno della prima ondata, nonostante l’esponenziale crescita dei contagi. Questo fenomeno ha una spiegazione di sette lettere: vaccino. Dunque vacciniamoci e smettiamo di fare show inutili alla ricerca della visibilità.
Forti ritardi sulla terza dose, norme confuse. Il governo Draghi ha già perso parte della sua spinta vitale?
Nell’ultimo mese si è creato il classico impasse in attesa di capire che succede per il Quirinale. Niente di grave. Si è solo perso del tempo sulla terza dose, come ho fatto notare qualche settimana fa a Speranza. Il governo Draghi ha salvato il Paese nel 2021, ora l’Italia del 2022 non deve fermarsi.
Negli ultimi giorni sono riaffiorate critiche della Lega sul governo. È convinto che Salvini non intenda uscire comunque dalla maggioranza?
Salvini non esce più dal governo. Non ci pensa proprio. Diciamo che la vicenda del “Papeete” gli è bastata e avanzata. Figuriamoci se intende ripetere la scelta sciagurata dell’agosto 2019.
Veniamo all’elezione del prossimo presidente della Repubblica: Mario Draghi resta la personalità di maggior prestigio che l’Italia ha?
Draghi è un valore aggiunto straordinario per l’Italia. E un anno dopo spero che tutti abbiano finalmente capito perché Italia Viva aprì la crisi di gennaio 2021. Grazie al nostro coraggio ora il Paese è più forte. Che sia al Colle o a Palazzo Chigi Draghi è una risorsa preziosa per le istituzioni del nostro Paese. Anche oltre i confini nazionali, guai a sottovalutarlo.
Eleggere Draghi solo al quarto voto non sarebbe un vulnus al suo prestigio? E pensa che lui si possa “ritirare”, se invece venisse eletto un altro o un’altra?
Non faccio fanta-scenari. L’unica cosa che segnalo è che l’elezione al primo o al quarto tentativo interessa solo le statistiche. Il presidente deve stare al Quirinale per sette anni: tre giorni di differenza nel giorno dell’elezione cambiano ben poco, mi creda. E non è un caso se l’insistenza sulla prima votazione ha portato Bersani a bruciare Marini nel 2013, mentre noi nel 2015 abbiamo tatticamente aspettato la quarta votazione per portare Sergio Mattarella. Bersani fallì, noi no.
Dopo i senatori 5 stelle, anche l’area Orfini nel Pd ha dato indicazione per un bis di Mattarella. E Macron ha detto che la Francia e l’Ue hanno «molta fortuna» a poter contare su Mattarella e Draghi. È realmente ancora percorribile l’ipotesi di un bis?
No, non esiste. Sergio Mattarella ha spiegato bene la sua posizione. Per come lo conosco, non la cambierà. Come direbbe San Paolo: ha combattuto la buona battaglia, ha conservato la fede. Ma darà ancora molto al Paese come senatore a vita e Palazzo Giustiniani è pronto ad accoglierlo.
Lei ha detto che serve una regia politica per costruire una maggioranza per il Colle e anche per un nuovo governo. Tutti però stanno fermi. È troppo presto o c’è un deficit di “regia”, anche del Pd?
Il Pd in questa partita mi sembra al momento ininfluente anche perché Letta ha rotto con noi per rancori personali ma non ha costruito un campo alternativo viste anche le divisioni grilline. Nel 2015 io ero alla guida del Pd e riuscimmo a fare un discreto lavoro di regia, anche se la scelta di Mattarella mi costò la brusca rottura con Silvio Berlusconi. Pensi che proprio per questo non vedo il Cavaliere da sette anni. Ma rifarei le scelte che ho fatto allora. Oggi non vedo registi. Ma tutti noi daremo una mano.
Con Draghi al Quirinale, il premier dovrebbe essere un tecnico o un politico?
Non creda agli slogan: chi va a Palazzo Chigi è sempre politico. O magari lo diventa. Draghi lo è diventato in fretta. O forse, più semplicemente, lo è sempre stato. Tra quelle mura si è politici per forza, altrimenti non si è.
Di Quirinale ha parlato di recente con Draghi o Salvini?
No. È ancora prematuro. D’altronde i giochi si fanno nelle ultime ore, come fu nel 2006, nel 2013 e nel 2015.
Ha detto più volte che i 5 stelle sarebbero finiti in crisi sulla scelta per il Colle. Le ultime vicende lo confermano?
Conte e Di Maio si stanno facendo una guerra all’ultimo respiro. Vedrà che uno dei due mollerà prima del previsto. Ma la verità è che l’esperienza grillina, fortunatamente, è finita. E non a caso Grillo si sta riciclando come leader no-vax, come dimostrano le sue ultime farneticanti dichiarazioni.
E magari conferma anche che sta cercando, attraverso il voto alle suppletive di Roma, di rafforzare l’asse Iv-Azione-Coraggio Italia?
Domenica 16 gennaio i cittadini del collegio di Roma1, il centro storico della capitale, hanno l’occasione per votare un candidato serio, riformista, cresciuto nel mondo cattolico e nell’associazionismo. Si chiama Valerio Casini e correrà contro la candidata sovranista di Salvini e Meloni da un lato e la candidata della sinistra radicale che considera il “Family Act” una legge retrograda. Spero che il mondo cattolico – e non solo quello – si mobiliti perché questo seggio sia ben rappresentato. Quanto all’area del centro riformista, vedremo che cosa accadrà. Intanto il passaggio di domenica è fondamentale per dare un segnale di speranza: questo mondo è decisivo e certo non vale il 2%. Noi ci crediamo.

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