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L’uomo che camminava sul filo…

La fiaba annunciata ieri con le sembianze di una ruota quadrata sarà rappresentata proprio oggi, mercoledì 9 dicembre 2020 quando a un’ora imprecisata, uomini e donne di diversa estrazione sociale ma di unico censo, sfidando le leggi dell’equilibrio e della stabilità cammineranno su un filo sospeso tra due punti di una grande piazza. Non so come si chiama questa piazza, so per certo che è quella di una città qualsiasi, famosa la sua parte, spesso chiacchierata e vilipesa, sempre desiderata e sognata quale luogo di transito e passeggio per giovani rampanti in cerca di fortuna e per vecchi decrepiti che incapaci di farsi da parte esibiscono il titolo di ex come fosse un lasciapassare buono per tutte le stagioni.

Qui, come in una qualsiasi piccola città di provincia, uno di loro, forse il capo riconosciuto della ciurma, funambolo molto noto da giovane per le sue mirabolanti imprese, e per questo chiamato l’Uomo dell’aria, lieto e orgoglioso di essere dove ha sempre sognato di stare, compirà la decisiva ultima spericolata impresa: camminare, sospeso nel vuoto, su un cavo lungo a dir poco duecento metri, teso saldamente tra la croce di un vecchio campanile e il balcone dell’edificio che ospita la sala della presidenza del consiglio dei ministri. La scena è magistralmente raccontata da Simona Baldelli in Fiaba di Natale, pubblicata da Sellerio, secondo il critico Giulia Alberico “parente stretta del Piccolo Principe per delicatezza di toni, atmosfere incantate, densità di linguaggio poetico”.

Dunque… “È notte, le strade sono deserte, l’Uomo dell’aria fa i primi timidi passi sul cavo e mentre ondeggia, con saldo equilibrio, sull’esile cavo di metallo, pensa, ricorda, sogna, prova sensazioni di fame, di freddo, sempre più deciso a vincere quest’ultima sfida”. Sotto di lui, sicuramente grazie a un passaparola mediatico incessante, si raduna una piccola folla. Alcuni dei presenti cercano di farlo desistere ritenendo quel gesto troppo pericoloso per uno fuori forma come lui. “Ci provano un pompiere, un poliziotto, un medico, un prete. Arrivano anche una presentatrice televisiva con tanto di cameraman, un’astrofisica, la bibliotecaria, un generale. Molti, fra il pubblico, stanno registrando dei filmati e li stanno condividendo. Tra coloro che parlano con l’Uomo dell’aria ci sono la figlia, che lui non vede da decenni, e un suo ex allievo di scuola di nuoto, due giovani che mettono in moto nel funambolo ricordi intensi e struggenti di un tempo passato, quando lui era giovane e pieno di ardimento mentre ora deve misurarsi con un’età fragile, piena di dubbi e rimpianti…”.

La narrazione prosegue e racconta in cronaca in diretta tutto ciò che accade, mettendo tra lo stupore e l’ardire dialoghi, discussioni, sproloqui anche comici tra la gente che sotto è andata via via moltiplicandosi. Lassù il funambolo vede e vedendo pensa, si pone domande e trova risposte. “Perché lo faccio? Semplice: voglio sfidare la paura, imparare il volo dagli uccelli, più di tutto raggiungere l’Uomo a colori che gli era apparso una volta, miraggio di un tempo e luogo incantato e armonioso…”.

Poi, improvviso e inatteso nel cuore della notte, un temporale. La gente fugge, in piazza solo pochi restano, imperterriti. Allora l’uomo sul filo le conta. Sono, riunite attorno a un lampione, esattamente “otto anime vagabonde nella notte, a osservare un vecchio smarrito su un filo, alle quali, forse sconsolato o forse contento che qualcuno sia rimasto a sostenere la sua traversata, chiede: “Perché siete ancora qui?”. Diverse e diversamente articolate sono le risposte che riceve, ognuna specchio fedele di una parte recitata, tutte insieme la risposta al quesito principale: chi siamo e dove vogliamo andare?

Favola o realtà, la storiella è più che mai adatta a questo tempo. Volendo, tra le rughe e le parole è possibile trovare i nostri smarrimenti, le nostre paure. Ma anche e spero soprattutto la voglia e la capacità di sognare una classe politica capace di decidere senza ogni volta ricorrere a equilibrismi o a sfide giocate su filo delle rispettive convenienze.

LUCIANO COSTA

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