Il presidente Mattarella ha parlato ai sindaci di responsabilità, di giorni difficili che nessuno da solo potrà mai superare, di decisioni coraggiose da prendere avendo a cuore solo il bene comune e mai un tornaconto elettorale. I sindaci hanno ascoltato il presidente Mattarella capendo innanzitutto che niente in questa pandemia è secondario, che tutto quel che avviene può essere affrontato soltanto se si è uniti. Tutto facile? Facilissimo, talmente facile che a distanza di poche ore, quello che era stato un invito alla coesione per affrontare l’emergenza, è diventato un sottile distinguo basato su chi e come deve aprirsi alla collaborazione, via obbligata per diventare «protagonisti del cambiamento e non succubi».
Per Matteo Salvini, il governo deve scendere dal piedistallo e andare fino da lui per chiedergli, cortesemente di collaborare perché il paese intero ne ha bisogno. Tutto normale? Normalissimo. Dalle parti in cui pascola il capo dei celoduristi, infatti, non si è abituati a dare (collaborazione) ma solo a ricevere (inviti), senza via di mezzo. Per esempio, visto che i tempi sono duri e che è assolutamente necessario camminare insieme, uno dovrebbe fare un passo e l’altro andargli subito incontro. Invece, ecco una dichiarazione del leghista in cui con la solita rabbia dice: “Il governo non ci chiama, così tradisce il Paese e non mette in atto gli inviti del Capo dello Stato”.
Se infatti all’apparenza il Presidente del Consiglio si dice aperto a un dialogo con l’opposizione – di più, dice che “il tavolo di confronto” è sempre disponibile – a conti fatti, lascia intendere Salvini, il premier fa l’esatto contrario. “Il governo non ci ascolta – proclama arrabbiatissimo -; il mio cellulare è acceso giorno e notte, mi chiamano tutti, ma non il Governo. E perché? Semplice, perché non è rispettoso degli italiani e del presidente della Repubblica”.
Non esplicitamente, ma con lo stesso spirito, si è espressa la Meloni, alleata di Salvini (l’opposizione sono loro), esplicitamente d’accordo con le destre più nostalgiche. Secondo lei non un passo deve essere fatto se questo può essere inteso come disponibilità a fare maggioranza, seppure momentanea, con “quelli” che governano. Insomma, teme il feeling che si sta venendo a creare tra Forza Italia e il governo; feeling alimentato dal favore che la maggioranza ha concesso a Berlusconi e al suo impero televisivo votando la norma che lo mette al riparo da eventuali scalate. E perché nessuno dubiti da che parte sta, mette un chiaro che preferisce l’ungherese e il polacco…
Mattarella ha detto che “dobbiamo far ricorso al nostro senso di responsabilità, per creare convergenze e collaborazione tra le forze di cui disponiamo perché operino nella stessa direzione”. Bravo, Mattarella! Però, chi spiega ai politicamente sordi a ogni richiamo che il nesso tra la fiducia accordata e la responsabilità che deriva dal ricevere fiducia non è un pallino del Presidente ma una necessità evidente se il fine è quello di aiutare il Paese, cioè noi, a superare la grave crisi in cui versa?
L’impressione è che anziché assumersi la responsabilità di scelte che mettono in discussione le personali certezze (politiche e quindi mai assolute), si lascia che tutto proceda per paura (sorella gemella della pigrizia) che un cambiamento offuschi l’immagine precostituita. Così, è assai più facile pensare che tocchi agli altri fare le cose, sia quelle piccole che quelle grandi. In questo modo nessun contributo è dato a nessuno.
Chiusi semplicemente nelle personali paure (sorelle gemelle della pigrizia) i già troppe volte citati “applaudono l’alto richiamo del Presidente, ma restano quel che erano”. Più o meno assenti, di sicuro orgogliosi del “tanto peggio tanto meglio” che incombe.