Quando la logica va in vacanza nascono Governi, come quello da oggi presieduto da Mario Draghi, che sfidando le logiche partitiche e le illogiche pretese dei gruppi non ancora diventati partiti, tentano di mettere ordine nel disordine e di regalare certezze anche ai meno abituati a considerarle un bene piuttosto che solite chimere. Se nonostante la vacanza della logica nascono Governi, allora diventa possibile ciò che prima non lo era e serio, tremendamente serio, quel che invece sembrava appartenere all’arcipelago delle “fallacie comiche prodotte a regola d’arte”, quelle che Edoardo Camassa, filologo e professore, ha racchiuso in un saggio che, guarda caso, s’intitola “quando la logica va in vacanza”.
Ai ventitré ministri nominati (quindici “politici” e otto “tecnici”, quindici “maschi” e otto “femmine”) il compito di stupire e, se possibile, di portare il Paese fuori dal pantano in cui due governi pasticciati e pasticcioni l’hanno cacciato, forse per colpa della pandemia, forse per le poche e ingarbugliate idee di cui disponevano, di sicuro per la troppa supponenza esibita senza minimamente accorgersi che il loro troppo storpiava il panorama e rendeva fallace qualsiasi tentativo di dare ordine al disordine da essi stessi provocato.
Ieri sera, mentre leggeva la lista dei ministri Mario Draghi mi è sembrato l’immagine spiaccicata di chi aveva fatto il massimo col minimo disponibile. In effetti, mettere d’accordo diavoli (i politicanti) e acqua santa (la Politica), non doveva essere stata una passeggiata. Però, quello era il risultato e su quello si fondavano le residue speranze di garantire all’Italia e agli italiani un buon futuro.
Quindi, grazie caro Draghi! E che il cielo ti sia propizio. Ovviamente, anche quando, come adesso, cioè pochi minuti dopo l’insediamento, già soffiano venti di tramontana. Se infatti è vero quel che la cronaca pettegola riferisce, capi e capetti del settore politico si sarebbero già lamentati del posizionamento ottenuto e già avrebbero esternato preoccupazioni e risentimenti su certi ritorni dal passato, su qualche conferma del precedente e su alcune figure che il futuro, tutt’al più, potrebbero abbozzarlo senza definirlo. Per il momento son o chiacchiere in libertà. Domani, chissà. In ogni caso, nessuno saprà con quale spessore usciranno dall’officina in cui sono state accatastate in attesa di forgiatura.
In totale, come detto, i ministeri sono ventitré: quindici politici e otto tecnici. Tra quelli politici quattro sono toccati al M5s, tre ciascuno a Pd, Lega e Forza Italia, uno a Iv e Leu. Ad occupare i ministeri saranno otto donne e quindici uomini. E perché a ciascuno sia data la possibilità di giudicare, argomentare, arzigogolare e, nel caso. parlare o sparlare a ragion più o meno veduta, ecco tutti i nomi di coloro che fanno parte del primo Governo Draghi.
Ministri senza portafoglio: Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento), Vittorio Colao (Innovazione Tecnologica e Transizione digitale), Renato Brunetta (Pubblica amministrazione), Mariastella Gelmini (Affari generali e Autonomia), Mara Carfagna (Sud e Coesione territoriale), Fabiana Dadone (Politiche giovanili), Elena Bonetti (Pari opportunità e Famiglia), Erika Stefani (Disabilità), Massimo Garavaglia (Coordinamento nel ministro con portafoglio del Turismo).
Ministri con portafoglio: Luigi Di Maio (Affari esteri), Luciana Lamorgese (Interni), Marta Cartabia (Giustizia), Lorenzo Guerini (Difesa), Roberto Speranza (Salute), Daniele Franco (Economia), Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), Stefano Patuanelli (Agricoltura), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Andrea Orlando (Lavoro), Patrizio Bianchi (Istruzione), Cristina Messa (Università e ricerca), Dario Franceschini (Cultura), Enrico Giovannini (Trasporti e Infrastrutture). Sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Roberto Garofoli.
Se vi mettete all’opera, buon divertimento. Se invece siete disinteressati, sappiate che, comunque la pensate, questo è il Governo che ci governerà. Tanto o poco, bene o male dipenderà dal grado di responsabilità o irresponsabilità che i singoli e i partiti metteranno in evidenza. Per adesso l’aria è respirabile, la prospettiva (del viaggio) lusinghiera e la speranza (di successo) “ultima a morire”.
LUCIANO COSTA