La crisi di Governo è stata servita nella mattinata di giovedì 21 luglio 2022 (non un giorno qualunque, bensì un pessimo giorno, fatto apposta per mortificare i sogni e relegare l’intelligenza negli antri più oscuri dell’esistenza) nel peggiore dei modi: su un piatto di applausi mischiati con fiele e cicuta. Come a dire: “Muoia Draghi, il miglior Presidente, e con lui periscano sogni e onore: tanto, chissenefrega”. Importante è godere l’attimo di vanagloria che la televisione concede e chicchessia, soprattutto agli sciocchi e ai politicanti instupiditi dall’aria romana, detta Ponentino, che assomiglia a quella fatua droga che sempre accompagna l’illusione del potere. Misera rappresentazione quella offerta agli occhi del mondo: l’Italia coraggiosa messa in vetrina dal popolo desideroso di andare col Mario (Draghi) verso orizzonti se non già felici almeno meno grami e ben orientati alla pace, derisa e offesa da un manipolo di neghittosi, buoni a nulla, politicanti abili ad ubbidire cantando e contando il soldo pattuito. Ovviamente, con qualche eccezione, di cui i giornali più giornali e perciò più accreditati a occupare il tavolo della cronaca vera hanno dato conto: la Maria Stella Gelmini che abbandona l’enclave berlusconiano dicendo ad alta voce di non farcela più a respirare certi miasmi populisti; il Renato Brunetta, alto un soldo di cacio ma almeno grande il sufficiente per mandare a dire ai suoi (fino a ieri) forzisti italici che hanno deviato dai valori fondanti della cultura su cui poggiava la loro esistenza; Pierferdinando Casini che aveva firmato una risoluzione su cui far convergere (senza fortuna) i pensieri e le azioni dei senatori; Matteo Renzi, scapestrato ma sicuramente un politico di razza buona, con ottime ragioni da regalare a chiunque fosse disposto a ragionare piuttosto che a blaterare e certamente dotato di ottimo comprendonio, che per un’Italia Viva e credibile metteva Draghi al Centro e intorno tutta la gratitudine dovuta a un Presidente capace di far cambiare il passo alla politica e di mettere i chiaro che solo il riformismo e non un becero populismo avrebbe fatto la differenza… E altri, conosciuti e sconosciuti, accumunati dall’unica certezza: stare con Mario per ridare dignità al Paese e credibilità al sogno abitare in un’Italia protagonista di pace, testimone di concordia e di progresso per tutti.
Poi la realtà descritta dai quotidiani e dai media: dal “Vergogna” messo a tutta pagina da “La Stampa” (severo monito ai negletti adusi a infischiarsene dei propositi e dei voleri del popolo) a “L’Italia tradita” con cui “la Repubblica” raffigurava gli umori della piazza; dal crudo “Addio al governo Draghi” proclamato dal “Corriere della sera” alla mesta ammissione di aver vissuto “La giornata più nera” fatta propria dal “Giornale di Brescia”; dal singhiozzo (maltrattenuto) del direttore di “La7” fino “all’ultimo atto sottolineato da “Bresciaoggi” quale “colpo di scena che ci fa vacillare”… E poi? E poi tanti altri titoli, alcuni azzeccati, altri nevrotici, altri ancora insulsi e bugiardi, con punte di inciviltà evidenti…
Per fortuna, nel bel mezzo del fogliare e sfogliare, ecco apparire le vignette: quella di Giannelli che raffigura il Mario (Draghi) in uscita dal Palazzo con in braccio la raffigurazione del SuperMario”; quella di Ellekappa che malignamente e provocatoriamente informa che “al Cremlino si sta brindando con la vodka gentilmente offerta da Conte e Salvini”; quella di Staino in cui il bimbo chiede alla bimba “e adesso Draghi dove se ne va?” ricevendo come risposta quel “su Marte da dove è venuto”, emblematico modo per chiudere una parentesi che non doveva essere chiusa; quella scritta da Jena che ferocemente riassume quel pensiero dominante e amaro che dice “andiamo alle elezioni, e poi diremo che si stava meglio quando si stava peggio”.
In aggiunta commenti intelligenti (“non doveva finire così”), parole pensate e pesate (“l’indecisionista Conte si è perso nei suoi zig zag” mentre “tra busti e pere cotte Villa Grande (residenza romana del berlusca, ancora lui/ndr) diventava crocevia della crisi”), quadretti di vita esilaranti (“Salvini aspirante Churchill ritorna Capitan Fracassa”) e altro vario materiale, utile per implementare le varie accademie di stupidità aperte sul territorio. Così, travolti da un insolito destino, spettatori muti di una crisi di Governo senza senso e prospettive, testimoni dell’impazzimento estivo della politica italiana, ansiosamente in attesa di capire se noi, popolo italico, sapremo dare calci in culo a chi ci ha costretto al ridicolo rito di una crisi senza senso e logica, proditoriamente proiettati ad ammettere che il mistero che ci circonda non è che il governo sia caduto, ma come abbia fatto a durare, in compagnia del caffè offerto da Gramellini (mai sufficientemente lodato e ringraziato), restiamo in attesa.
LUCIANO COSTA