Non mi interessano le polemiche attorno a frasi pronunciate oltre confine e prese a pretesto per alzare la voce, distogliere da altro e, forse, finire in prima pagina. Che in Francia pensino male di chi governa in Italia fa parte della commedia, che ritualmente impegna chi credendosi primo della classe (e i francesi hanno questa pretesa) si crede anche autorizzato a dare consigli. Basta non farci caso, basta lasciare che i francesi s’ammantino di lustrini, che tanto al primo giro di vento li perdono tutti. Però, se alle critiche francesi s’aggiungono quelle spagnole, allora c’è qualcosa di cui preoccuparsi. Francia e Spagna ce l’hanno con la gestione dei migranti (disastrosa secondo i francesi, irrilevante secondo gli spagnoli) e con chi, da noi, considera i disperati che vengono dalle coste africane merce spostabile a piacimento. Credo che mezza Italia la pensi come francesi e spagnoli… Servirebbe allora correggere quei provvedimenti che certo non brillano per umanesimo applicato ai bisogni dei disperati in fuga. Invece, ecco la lamentazione gridata. “Guai a chi s’intromette negli affari nostri…” avrebbe detto il capo della Lega. Uguale enfasi non l’ho notata nell’affrontare il carovita, quel mostro che pesa su milioni di italiani. Invece, notevole enfasi l’ho notata nel commento fatto da un devoto al governo sul convegno svoltosi a Padova e dedicato alla “liturgia manomessa”, quella che per taluni preti (pochi) sarebbe il nuovo necessario per richiamare la gente alla partecipazione, della Messa e di qualsiasi altra sacra liturgia. Non vedo alcun nesso tra i due temi, ma proprio perché non sono collegabili tra loro, li propongo come odierna lettura di ciò che ci circonda.
INCOMINCIO DAI PRETI… – Il prete che celebra la Messa vestito da ciclista, quello che consacra indossando un casco da motociclista, quello che fa il suo ingresso all’altare in monopattino elettrico… sono scene deplorevoli che di tanto in tanto diventano virali sui social network e di tanto in tanto subiscono una censura formale. Gli episodi di “creatività liturgica” che possono sfociare in abusi sono però un flusso quotidiano che non riceve sempre un’attenzione adeguata. L’Istituto di liturgia pastorale “Santa Giustina” di Padova ha proposto tre giorni di dibattito e riflessione avendo come presupposto la necessità di confermare dignità, o compostezza se preferite, alle sacre celebrazioni. “La liturgia manomessa: i disturbi comunicativi del rito” era il il titolo dell’iniziativa. “Al di là dell’aspetto disciplinare – ha spiegato don Loris Della Pietra, direttore dell’Istituto di liturgia patavino – a noi premeva capire che cosa accade quando il rito viene falsato nelle sue premesse, nelle sue dinamiche proprie. Il titolo dice appunto “liturgia manomessa”: quali sono le disfunzioni che rendono di fatto la liturgia inefficace perché la rendono un’altra cosa. E solitamente la rendono uno spettacolo. Lo spettacolo ha bisogno di spettatori che siano davanti, che guardino l’azione, la liturgia ha bisogno di partecipanti che siano dentro l’azione”. E se la liturgia diventa uno spettacolo, ovviamente la tentazione di fare il gesto spettacolare è forte. Infatti, “se non si rispettano le logiche proprie del rito si rischia molto facilmente di cadere nelle logiche dello spettacolo e quindi della seduzione”. Di fronte a certi comportamenti il sospetto è che manchi in chi li compie la fede, vale a dire la consapevolezza di cosa sia la Messa.
Però, è anche vero, quindi forse accettabile e giustificabile, che nella maggioranza dei casi chi esce clamorosamente dagli schemi è mosso da un fine pastorale, con l’intenzione di rendere il rito più fruibile, accattivante, o magari farsi così capire dai bambini. “Ma – ha spiegato il direttore padovano – se posso parzialmente salvare la motivazione, non salvo di certo gli esiti. Poi mi domando anche: quando celebro voglio incontrare ciò che non conosco appieno, cioè Dio, ciò che non mi appartiene già, o quando celebro voglio riprodurre ciò che sono, ciò che già so, la mia comunità, la mia idea, voglio proporre la mia istanza?”. Un altro dubbio che si affaccia spesso alla mente di chi assiste a certi “spettacoli” con sacerdoti protagonisti è: cosa avranno studiato, che formazione avranno ricevuto in Seminario? Don Della Pietra, forte della sua esperienza di formatore, risponde così: “Si possono fare tutte le scuole per imparare a celebrare, ma si impara veramente stando dentro le strutture liturgiche della Chiesa. Nei Seminari si dovrebbe toccare molto di più questo aspetto: va bene tutta la teologia sulla liturgia, però occorre uno sguardo alla pratica celebrativa che parta da un’idea di fondo, la docilità, cioè non mettere il mio io davanti al rito. Di fronte a certe scene che sono finite anche sui giornali viene da chiedersi: si voleva incontrare il Signore o si voleva avere la fotografia che facesse il giro dei social?”.
PROSEGUO CON CHI I CONTI LI FA CON CAROVITA E POVERTA’ – Aumentano le famiglie e gli anziani costretti a vivere in povertà perché gli stipendi e le pensioni non bastano più a sostenere le spese per pagare le bollette, che sono salite alle stelle, gli affitti e i prodotti di prima necessità che sugli scaffali dei supermercati hanno raggiunto prezzi divenuti per loro impossibili. Segnali preoccupanti arrivano da enti e associazioni impegnati nell’opera di assistenza, soprattutto in campo alimentare. In tre anni le richieste di aiuto alle mense (francescane, caritative, religiose, laiche o altro non importa) sono cresciute del 135%. I dati si riferiscono all’anno scorso ma nei primi quattro mesi del 2023 la situazione vista dai francescani non è migliorata: 18% in più rispetto al 2022, con 4.400 “ceste” francescane distribuite ogni mese (una media di 143 al giorno) a circa 1.400 famiglie con 1.500 bambini, aiutati da “Operazione Pane” che comprende 18 strutture operanti da Torino a Catanzaro, da Verona a Castellammare di Stabia. Alle famiglie che non arrivano alla fine del mese si sono aggiunte quelle che il mese non riescono nemmeno a cominciarlo. “Segno che le ripercussioni economiche della pandemia e degli avvenimenti internazionali, come le guerre, continuano a farsi sentire, soprattutto su chi parte da una situazione già fragile, e che oggi colpiscono in modo allarmante le famiglie” ha commentato frate Giampaolo Cavalli, direttore dell’Antoniano di Bologna.
I numeri dell’emergenza sono avvalorati anche dall’Istat che ha rilevato nell’anno passato un impoverimento del 34,1% rispetto al 2021, il livello più alto mai riscontrato e in continuo incremento dal 2019. E la spesa dei Comuni per l’area povertà nello stesso periodo è aumentata del 72,9%, con i contributi a sostegno del reddito familiare balzati al 43%. Un peggioramento della situazione economica rilevato anche dall’Istat: nel 2022, infatti, le persone che dichiarano un impoverimento rispetto all’anno precedente raggiungono il livello più alto mai riscontrato (35,1%), in continua crescita dal 2019. Tutto questo mentre il cosiddetto “carovita” segnala aumenti spropositati dei prodotti base, mette in vista le difficoltà delle grandi metropoli nell’affrontare la situazione povertà, obbliga le associazioni caritative e di volontariato sociale a lanciare grida di aiuto sempre più forti… Però, sembra più facile sgridare Francia e Spagna piuttosto che inventare soluzioni credibili e utili per fronteggiare povertà e smorzare il dominio del carovita…
LUCIANO COSTA