Attualità

Se il Papa va a Mosca, seguiamolo!

Tanti lo credevano possibile, altrettanti lo consideravano un azzardo, gli equidistanti a priori lo ritenevano solo la solita provocazione dell’illuso che crede sia ancora possibile sostituire la consuetudine della guerra con la beatitudine della pace. Invece, l’idea di Francesco di vestire il saio e di incamminarsi verso Mosca per incontrare il capo della guerra all’Ucraina, non era per niente un azzardo. Lui, il papa, infatti, di fronte al procedere della guerra aveva già detto ai suoi “io vado a Mosca a chiedere la pace”. Gli dissero di avere pazienza, che la diplomazia esigeva pazienza, che la pazienza avrebbe prodotto squarci di sereno… Invece, ecco che i giorni di guerra sono già settanta. E allora, ecco di nuovo che Francesco si dice pronto a partire per Mosca per incontrare Putin e chiedergli di mettere fine alla guerra, di far posto alla pace, perché è nella pace che il mondo costruisce il suo futuro. “E’ pazzo questo papa!”.

Col giornale in mano (il “Corriere della Sera”, che ieri in prima metteva il colloquio avuto con papa Francesco durante il quale era emersa la sua volontà a farsi pellegrino di pace e arrivare fino a Mosca per rivendicare e spiegare le ragioni della pace. Lui, iul papa, quella sua idea lp’ha spiegata così: “Ho chiesto al cardinale Parolin di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca…  Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina… Invece, non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e non voglia fare questo incontro in questo momento”.

Colloquiando con il direttore del Corriere il Papa ha ripercorso tutti i tentativi della Santa Sede per fermare la guerra in corso in Ucraina. “Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono, Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno, ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto per favore fermatevi… Poi, ho mandato a dire al Capo del Cremlino, tramite il Segretario di Stato Pietro Parolin, di essere disponibile ad andare a Mosca…”.

Di tanto altro ha parlato il papa, ma quel suo “vado a Mosca” ha sovrastato ogni altro argomento. Per questo in tanti hanno posto la solita domanda: “E’ pazzo questo papa?”. No, non è pazzo questo papa.! Semplicemente ubbidisce alla beatitudine evangelica che indica nei pacifici i degni possessori della terra. “Però – commentava ieri un arrabbiato e deluso – che senso ha sperare che un Papa possa fare quel che cento Capi di Stato non sono stati capaci di fare?”. E poi, diceva un altro “che mondo è quello in cui tutti a parole cercano la pace e poi, a fatti, alimentano la guerra fornendole armi e munizioni in gran quantità?”.

Ognuno risponda come crede, ma non faccia finta di non sapere o di essere tanto lontano dalla guerra da poter fare a meno di considerarla parte del suo quotidiano. Con qualche affanno e tanta voglia di gridare ai miei simili di smetterla di far finta che niente stia accadendo, ho letto e riletto l’editoriale di “Avvenire”. Dice cose sagge, evita le ovvietà, rompe lo schema del possibile e invoca con coraggio l’impossibile. L’ho letto e riletto. Poi ho pensato ai lettori che vedendolo sarebbero passati ad altro. Perché è così che vanno le cose: si propongono riflessioni e ragionamenti, si scrivono parole piene di buon senso e si innalzano invocazioni plausibili…. Ma tutto scorre, tutto resta non letto, tutto o quasi tutto rimane inascoltato. Così, la parola di Francesco, benché veritiera, nobile e coraggiosa, lascia indifferenti; così l’editoriale di un giornale cattolico piccolo ma coraggioso riceve eleogi dai soliti quattro illusi ma non trova schiere di lettori disposti a condividerlo e a proclamarlo ai quattro angoli della città. Forse perché usa un linguaggio incomprensibile? Eppure dice, scrive e sostiene concetti che da sempre albergano nella comunità degli umani… “Dicono – scrive l’editorialista – che per far finire la guerra bisogna fare più guerra. E a noi che diciamo che non è vero, che guerra più guerra in Ucraina e ovunque significa solo un più grande massacro di vite umane e di verità, ribattono: e allora come lo fermate, voi, Putin? Lo fermate con le preghiere e le marce per la pace? Con le carovane di pacifisti, le missioni della Caritas che portano cibo e medicine in Ucraina e riportano in salvo i disabili e ancora altri profughi? Lo fermate con la diplomazia degli smidollati disposti a parlare con il criminale del Cremlino? Lo fermate con le buone intenzioni e con le buone azioni che le nonne, le madri e le maestre insegnano ai bambini dicendo ricordati, quando due si picchiano, ha ragione solo il primo che smette?”.

Poi, con l’impeto dell’illuso che crede il cielo abitato da uomini e donne disposti a vivere in pace, nell’ultimo capoverso il direttore-autore dell’editoriale mette lì l’amara sentenza con cui Leo Longanesi segnava il suo tempo, quella che dicendo “quando potremo scrivere tutta la verità, non ce la ricorderemo più”, chiedeva a chiunque di avere il coraggio di stare nella verità, di ricordare e di vedere con gli occhi della verità. “Il tempo di dire la verità è sempre adesso”. Però, nessuno ha la verità in tasca, ma tutti la possono cercare.

LUCIANO COSTA

Altri articoli
Attualità

Potrebbero interessarti anche